Il commento di don Massimo Serretti al Vangelo della Domenica
In questa Decima Domenica del Tempo Ordinario la liturgia ci propone il Vangelo della
vocazione di Matteo il pubblicano, che, chiamato dal Maestro, sùbito lascia il banco
delle imposte per seguirlo. Gesù siede a mensa con i pubblicani e i peccatori, tra
le critiche dei farisei. Allora il Signore dice:
«Non sono i sani che hanno
bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia
io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori».
Su
questo brano evangelico ascoltiamo il commento del teologo, don Massimo Serretti,
docente di Cristologia alla Pontificia Università Lateranense:
(musica)
Matteo
stava seduto al banco facendo il suo lavoro quotidiano. È dentro questa ordinarietà
feriale che Gesù passa ... È un istante. È in quell’istante
che tutto si giocò per Matteo. È nell’istante che tutto si gioca, che si gioca l'atto
di riconoscimento e il moto repentino di adesione.
È
vero che la vita nostra scorre nel tempo e il tempo è composto di molti istanti. Ma
ogni istante è unico e ciò non tanto perché sia distinto fisicamente dagli altri,
quanto perché, in esso, Cristo passa. È Cristo che viene a chiamare i peccatori, cioè
noi, a rendere unico l'istante, a renderlo carico di urgenza e a riempirlo di promessa
e di futuro.
Tutta la vita di Matteo fu segnata
indelebilmente da quell’istante. Non nel senso che ci fu solo quello, ma nel senso
che tutti quelli che seguirono furono riempiti oltre misura e resi carichi di decisione
amorosa per Colui che poco dopo a tavola disse: “Amore, fedeltà all’Alleanza, io voglio”
(cf Os 6, 6).
Se l'istante “è il rapporto dell'attimo
con l’Infinito”, l’Infinità più infinita è quella dell’amore.