I religiosi impegnati contro il racket della prostituzione bocciano l’emendamento
del governo italiano sulle espulsioni
L’emendamento governativo sui rimpatri, che inserisce le prostitute nell’elenco dei
soggetti “pericolosi per la sicurezza e la pubblica moralità”, allarma diverse organizzazioni
della Chiesa italiana che da anni combatto contro il racket della prostituzione schiavizzata.
“Le ragazze coinvolte in questa tratta sono vittime”, ed è “illogico e ingiusto” inserirle
in un elenco “al fianco dei loro stessi sfruttatori”, spiega al SIR l’associazione
Comunità Papa Giovanni XXIII, ricordando che grazie alla norma che prevede per i soggetti
vittime di tratta “specifici percorsi di protezione ed integrazione sociale, “ha potuto
liberare più di 5 mila schiave e dar loro una vita degna”. Secondo la Comunità fondata
da don Benzi, alle ragazze-vittime è dunque “necessario dare un’alternativa: chi intende
uscire dal giro della prostituzione e denunciare i propri sfruttatori attraverso un
percorso di protezione va tutelato”. L’Associazione chiede, inoltre, al governo di
“adottare misure in grado di combattere efficacemente questa terribile schiavitù del
terzo millennio, gestita da organizzazioni criminali senza scrupoli, delle quali i
clienti sono complici”. Una bocciatura dell’emendamento viene espressa anche da un
gruppo di religiose “antitratta”. Suor Maria Pia Iammarino, di Padova, della Rete
cittadina contro il traffico di esseri umani, a margine di un convegno internazionale
di religiose in corso a Roma, che sta lavorando proprio alla creazione di un network
internazionale contro la tratta, ha sostenuto che il provvedimento è il frutto di
una politica “miope” , un “colpo di spugna” che contrasta con le normative già esistenti
e metterebbe “in gravissimo pericolo di vita” le donne sfruttate. La religiosa ha
evidenziato che “non si può paragonare uno sfruttatore ad una ragazzina che è stata
fatta prostituire”. In questo modo “si creano ancora più spazi per il ricorso all’immigrazione
clandestina e la prostituzione si sposterà ancora di più nelle case”. Anche perché
– ha precisato in conclusione la religiosa - contrasterebbe “con l’art.18 che prevede
la possibilità, per le vittime di sfruttamento, di avere delle tutele se denunciano
o se entrano nei programmi di protezione sociale. Va anche contro la legge sulla tratta
di esseri umani, che nell’art.13 garantisce alle persone sfruttate di godere di un
programma di assistenza”. (M.G.)