Myanmar: primi bilanci sulle conseguenze del ciclone Nargis
Primi bilanci sulle tragiche conseguenze del ciclone Nargis che poco più di un mese
fa ha devastato il Myanmar. Le Nazioni Unite stimano che ne abbiano risentito pesantemente
2,4 milioni di persone, di cui 1,4 milioni nelle zone del delta dell’ Ayeyarwardy.
Il governo calcola che abbiano perso la vita 77 000 persone, mentre l’Ufficio delle
Nazioni Unite per il coordinamento degli aiuti umanitari (Ocha) parla di oltre 100mila
vittime. I dispersi sarebbero oltre 55mila, mentre il numero ufficiale di feriti è
vicino ai 19 400. Secondo le informazioni diffuse dall’Ufficio Internazionale del
Servizio dei Gesuiti per i Rifugiati (JRS), l’Ocha ha reso noto una stima preliminare,
aggiornata al 22 maggio, di 110 000 persone che vivono in insediamenti temporanei
in 14 diverse località. Il 70% circa degli sfollati hanno trovato ricovero presso
monasteri, il 28% in edifici pubblici e il 2% in tendopoli. Da parte sua, l’agenzia
delle Nazioni Unite per i rifugiati calcola che ci siano un milione di senzatetto.
L’agenzia delle Nazioni Unite per l’infanzia stima invece in un milione i bambini
che necessitano di urgente assistenza e protezione. Mentre le organizzazioni umanitarie
internazionali hanno avuto accesso limitato alle zone colpite dal ciclone - riferisce
l'Agenzia Fides - lo staff in loco ha condotto operazioni di soccorso sul campo. Attraverso
la rete della Caritas, la Chiesa ha sostenuto con donazioni la popolazione del Myanmar,
consentendo loro di distribuire generi alimentari e assistenza medica nelle zone colpite.
Viene anche monitorata la situazione lungo il confine, senza che siano però riportati
movimenti inusuali di attraversamento della frontiera. È cosa nota infatti che nella
regione colpita dal ciclone si trovino numerosi gruppi etnici di minoranza. La Chiesa
locale ha esortato il Governo birmano a rispondere senza pregiudiziali alle necessità
di tutte le persone colpite e ad aiutarle a ricostruire le proprie esistenze il più
velocemente possibile, se necessario con l’aiuto internazionale. (R.P.)