2008-06-06 14:52:31

Delusione per i risultati del Vertice FAO


Otto miliardi di dollari, ma poche e fumose strategie per combattere la fame nel mondo. Si è concluso, ieri a Roma, in tarda serata, il vertice straordinario della FAO dedicato all’emergenza alimentare. Dopo tre giorni di lavori i delegati dei 183 Paesi presenti hanno approvato tra le polemiche il testo della Dichiarazione finale. Delusione dalle Organizzazioni non governative che considerano gli impegni assunti contro la fame insufficienti. Il servizio è di Stefano Leszczynski:RealAudioMP3


Non è stato un fallimento, ma nessuno ha lasciato il vertice della FAO sull’emergenza alimentare con la sensazione che sia stato un successo. La Dichiarazione finale che contiene le linee guida da seguire nei prossimi due anni per combattere la piaga della fame nel mondo è stata approvata, dopo negoziati estenuanti, solo in tarda serata. Jacques Diouf, direttore generale della FAO ha commentato che si tratta di un primo passo, indicando con soddisfazione gli 8 miliardi di dollari di aiuti promessi dagli enti finanziari internazionali – ONU, Banca Mondiale, Ifad, PAM, Banca di sviluppo africano e Banca islamica di sviluppo - e dai governi, anche se resta ignoto il modo in cui questi soldi verranno impiegati. A rallentare, oltre ogni limite, la chiusura della Conferenza è stata poi l’opposizione di molti Paesi sudamericani come Argentina, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Nicaragua e Cuba. Nello specifico, è stata soprattutto la delegazione di Buenos Aires ad opporsi al paragrafo sulla liberalizzazione dei mercati agricoli al fine di abbassare i prezzi delle derrate alimentari a livello internazionale. L’Argentina chiedeva, in particolare, che fossero criticati anche i sussidi all’agricoltura nei Paesi industrializzati. Nonostante fossero considerati temi centrali della Conferenza, né in materia di biocarburanti, per la cui produzione non è prevista alcuna limitazione dei sussidi, né nella lotta ai cambiamenti climatici, l’accordo alla fine è risultato incisivo. Un documento finale, insomma, che il ministro degli esteri italiano Franco Frattini ha giudicato deludente, rispetto alle aspettative dei primi giorni. Se tuttavia un merito c’è stato, è stato quello di riportare l’attenzione sull’Africa, puntando sullo sviluppo dei piccoli agricoltori. Il continente, infatti, è al centro di quella che è stata battezzata la ‘rivoluzione verde’, un memorandum siglato da dal polo agroalimentare delle Nazioni Unite (FAO, Ifad, PAM) e dall’Agra, l’associazione fondata dall’ex segretario generale dell’ONU, Kofi Annan. Ma anche in questo ambito le perplessità delle Ong sono forti, come ci spiega Mario Giro della Comunità di Sant’Egidio:

R. – Innanzitutto, bisogna prendere la questione come una questione strutturale: ridistribuire in maniera equa la produzione agraria mondiale, rilanciare la produttività e qui entrano in gioco i piccoli contadini, ecc., che però sono un anello molto debole; non bisogna fare su questo della retorica perché essere un piccolo contadino povero individuale in Africa è una situazione molto grave. Quindi bisognerà vedere al G8, a luglio e all’assemblea dell’ONU a settembre, quale sarà la strategia unitaria perché finché si rimane con una pluralità di idee contraddittorie, ancorché concrete, non si riesce ad affrontare il problema in maniera strutturale, in maniera strategica, come si dice.

 
D. – Qual è la vostra impressione su quello che è stato fatto e detto a questa conferenza a Roma?

 
R. – Innanzitutto, la conferenza di Roma si è trasformata in questi due mesi, a causa della crisi agroalimentare a cui abbiamo assistito. Inizialmente, si è visto anche dal programma, non erano previsti così tanti capi di Stato: invece l’interesse è stato grande. Si è trasformato in un vero vertice mondiale sulla crisi agroalimentare: molte sono state le idee ma non c’è consenso sulla questione dei biocarburanti, non c’è il consenso sulla questione degli aiuti, in particolare non c’è consenso sulla questione della produzione agroalimentare e sulla produzione africana.

 
D. – Si è parlato, tuttavia, molto degli aiuti ai singoli contadini, alle famiglie rurali…

 
R. – E’ molto difficile trovare un programma che metta d’accordo tutti, anche perché sappiamo che la produzione agroalimentare è controllata da alcuni Paesi e si fonda, in particolare, su alcune aree geografiche, come ad esempio il discorso sugli aiuti alimentari lo dimostra, perché molti Paesi hanno detto che per risolvere la questione bisogna che i Paesi che soffrono la fame comprino il surplus. Invece, il problema è quello di rilanciare l’agricoltura là dove è stata sconsideratamente diminuita o scoraggiata come per esempio in Africa.







All the contents on this site are copyrighted ©.