Nuova emergenza umanitaria in Sudan: migliaia in fuga dalla guerra
Dal 14 maggio, i combattimenti tra le Forze armate sudanesi e il Sudan People’s Liberation
Army stanno devastando la città di Abyei, che è stata praticamente distrutta, nella
regione ricca di petrolio contesa tra Nord e Sud del Paese. L’allarme è stato lanciato
da Medici senza Frontiere, che parla di una situazione umanitaria estremamente drammatica,
a causa della fuga della maggior parte degli abitanti. Salvatore Sabatino ha
raccolto la testimonianza di Sergio Cecchini, di Medici senza Frontiere Italia:
R. –
Più di 60 mila persone, che sono fuggite dagli scontri delle settimane scorse dalla
zona di Abyei, si trovano in una situazione disperata; si tratta di persone che hanno
abbandonato ogni tipo di bene e si trovano a dover sopravvivere senza alcun tipo di
riparo, senza nessun tipo di rifugio. Siamo di fronte ad una situazione che può peggiorare
di ora in ora, soprattutto visto che le condizioni di sicurezza e gli scontri, anche
se avvengono in maniera più sporadica in queste ore, stanno gettando queste persone
in un clima di forte insicurezza.
D. – A peggiorare
ulteriormente la situazione è la stagione delle piogge. “Le condizioni di vita – voi
denunciate – per gli sfollati sono deplorabili”. Di che cosa hanno bisogno?
R.
– Innanzitutto di ripari. Nella stagione delle piogge, ovviamente, è più facile il
propagarsi di malattie legate alla presenza di acqua, e quindi diarrea e infezioni
respiratorie. Bisogna anche sottolineare che quella caratterizzata dagli scontri è
una zona in cui le condizioni dei bambini erano già prima particolarmente critiche
da un punto di vista nutrizionale; questo ulteriore peggioramento della situazione
lancia un campanello d’allarme per quanto riguarda la situazione nutrizionale per
i bambini sotto i cinque anni di età.
D. – Voi siete
anche preoccupati per alcuni vostri colleghi sudanesi che non sono riusciti a fuggire
in tempo e con i quali avete perso i contatti. Avete avuto loro notizie nel frattempo?
R.
– Ancora non siamo riusciti ad avere loro notizie, perché purtroppo le persone sono
fuggite in varie direzioni. Abbiamo mandato altri team, non solo per soccorrere la
popolazione ma anche per capire dove siano fuggiti questi nostri collaboratori locali
che, ovviamente, sono stati vittime di questo clima di insicurezza e di incertezza
nei loro confronti ma soprattutto nei confronti delle loro famiglie.
D.
– I combattimenti proseguono nonostante i media internazionali non diano rilievo a
questo Paese. Che cosa sta succedendo, in realtà?
R.
– Nella zona di Abyei la situazione non si è mai risolta nonostante i vari accordi
di pace tra Nord e Sud Sudan. Abyei sorge in una zona estremamente strategica perché
la metà dei giacimenti petroliferi del Sudan si trovano in questa regione, e non è
mai stato raggiunto un accordo tra le parti circa i confini da dare alla zona. Per
cui, sicuramente, è esplosa in queste ultime settimane, in questi ultimi mesi, la
violenza legata a questo mancato accordo e soprattutto ai grossi interessi che gravano
su questa zona, che fa estendere il clima di insicurezza non più solo al Darfur, ma
in quelle zone che venivano ritenute pacificate con l’accordo di pace Nord-Sud di
qualche anno fa.