Per la prima volta dal 1949 i capi dei due partiti al potere in Cina e a Taiwan, il
segretario del Partito comunista Hu Jintao ed il presidente del Kuomintang, Wu Poh-hsiung,
si sono incontrati oggi a Pechino. La Cina e l'ex isola di Formosa si sono separate
nel 1949 al termine della guerra civile tra comunisti e nazionalisti, nonostante Pechino
abbia da sempre ritenuto Taiwan parte integrante del suo territorio. L’incontro giunge
a due mesi dalla sconfitta dell’indipendentista Chen Shui Bian, che in 8 anni di governo
aveva portato ai minimi storici le relazioni tra Pechino e Taipei. Come interpretare,
dunque, l’incontro di oggi? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Fernando
Mezzetti, esperto di politica cinese:
R. –
La prima cosa che mi viene in mente è quando nel 1972 Nixon fece lo storico viaggio
in Cina ed ebbe un incontro con Mao. Per sgelare l’atmosfera, disse Nixon al “Timoniere”:
“Chissà cosa pensa Chiang Kai-shek di questo nostro incontro?”. E Mao, sornione, rispose:
“Guardi che ci sono molte più cose in comune tra noi e Chiang Kai-shek che tra voi
e Chiang Kai-shek!”. Questo per dire che, la storia del Partito comunista cinese e
del Partito nazionalista si è intrecciata spesso. Ci sono state lotte tra di loro
e ci sono state anche momenti di collaborazione. In questo momento, la Cina tende
la mano a questo Partito nazionalista che per lungo tempo è stato suo nemico, perché
si calmino le aspirazioni indipendentiste di Taiwan.
D.
– Bisogna dire che, appena eletto, il neo-presidente di Taiwan ha immediatamente teso
la mano a Pechino per riaprire il dialogo. Persistono però dei punti di non incontro
tra le due parti. Quali sono, in particolare?
R.
– Il punto di non incontro è che Taiwan non accetta l’unificazione con la Cina continentale,
ha offerto varie soluzioni, tra cui fondamentalmente rimane quella offerta a Hong
Kong: un Paese, due sistemi. Di questa offerta, i nazionalisti di Taiwan non si fidano:
né gli indipendentisti, né quelli del Partito nazionalista. Però, è ben vero che il
neo-presidente ha subito teso la mano offrendo di incrementare scambi di visitatori,
collegamenti aerei regolari e non dimentichiamo che Taiwan, in termini economici,
ha già fortissimi legami con la Cina che si sono sviluppati pur nel quadro di tensione
politica quando c’era il precedente presidente che puntava all’indipendentismo.
D.
– Ecco: infatti, alcuni osservatori internazionali sostengono che a spingere verso
il dialogo Pechino e Taipei siano stati anche gli ottimi rapporti commerciali che
intercorrono tra le due parti. Si tratta di un quadro realista o sono solo delle critiche?
R.
– No: certamente ci sono state pressioni economiche! Diciamo che il mondo economico
di Taiwan ha investito nella Cina continentale circa 100 miliardi di dollari, che
sono una cifra molto consistente, e l’economia di Taiwan si integra con quella della
Cina e la Cina apre le braccia perché quelli di Taiwan portano tecnologia, industrie
avanzate ... Quindi, i prodotti che dovrebbero essere di Taiwan vengono invece fatti
nella Cina continentale e questi 100 miliardi di dollari pesano nel rapporti tra i
due Paesi!