2008-05-26 15:02:00

Sui bambini rapiti nella guerra civile in Salvador un incontro organizzato dal mensile "Popoli"


Il dramma dei bambini desaparecidos al centro di un recente incontro organizzato dal mensile internazionale dei gesuiti “Popoli”, consultabile anche sul sito Internet www.popoli.info Il fenomeno, molto noto per quanto riguarda l’Argentina, durante gli anni della guerra civile ha colpito anche il Salvador, come spiega al microfono di Virginia Volpe, il direttore di “Popoli” Stefano Femminis:RealAudioMP3


R. – Il Salvador, che è un Paese molto piccolo, negli anni Settanta, durante la Guerra Fredda, era un po’ una frontiera tra due blocchi. In quel piccolo Paese si combatté una guerra civile molto sanguinosa, dove ci furono tantissime sparizioni: circa 5 mila ufficialmente, ma alcune associazioni ritengono 9 mila. Tra questi, molti bambini, sottratti alle loro famiglie. L’obiettivo dell’associazione “Pro Busqueda” è proprio quello di ritrovare, di ripercorrere, di ricostruire gli itinerari di questi bambini perché il più delle volte si tratta di giovani, quasi adulti, che non sanno quali siano le loro origini.

 
D. – Quando è nata l'associazione e quanti casi finora ha risolto?

 
R. – L’associazione è nata nel 1994, quindi a guerra civile conclusa; l’iniziativa è di un padre gesuita, Jon Cortina. Venne fondata l’associazione che, appunto, con grande fatica, dovendo sfidare anche un po’ l’omertà e il silenzio che era calato su questi fatti, iniziò il suo lavoro e ad oggi sono stati registrati 780 casi di scomparsa di bambini e di questi ne sono stati risolti 317. Risolti, cosa vuol dire? Significa che a questi bambini è stato consentito di trovare, in qualche modo, le proprie origini, è stato – in molti casi – anche possibile organizzare un incontro tra ragazzi, giovani che il più delle volte vivono in famiglie adottive e le loro famiglie di origine.

 
D. – Per quale motivo i bambini venivano dati in adozione?

 
R. – La guerra civile è stata sanguinosa e ha violato qualunque diritto umano. Quantomeno però ci si fermava di fronte ai bambini, nel senso che in questi attacchi che i militari o i paramilitari compivano venivano salvati in qualche modo questi bambini. Venivano di solito portati in orfanotrofi e poi da lì dati in adozione, alcune volte in modo del tutto illegale, venivano adottati dagli stessi militari, in altri casi – più frequentemente – i bambini venivano poi inseriti nei circuiti dell’adozione. Sicuramente c’era poi un discorso anche di sfruttamento economico di questo problema. Va detto però che le famiglie che hanno adottato questi bambini non sapevano nulla.







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