Al primo Congresso internazionale delle Facoltà cattoliche di comunicazione presi
in esame ruolo e compiti nella formazione
Quale ruolo e compiti spettano ad una Facoltà di Comunicazione nell’ambito di una
Università cattolica, in diversi contesti geografici ed ecclesiali? Questo l’interrogativo
di fondo che ha animato i lavori del primo Congresso internazionale dedicato a queste
istituzioni di alta formazione, promosso dal Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
sociali ed ospitato a Roma dall’Università Urbaniana. Se oggi c’è consapevolezza dell’importanza
di queste Facoltà nell’ambito universitario cattolico, manca ancora una riflessione
organica a livello di comunità sulla loro originalità formativa. Ne è convinto il
prof. Franco Lever, decano della Facoltà di Scienze della Comunicazione nella
Pontificia Università Salesiana, a Roma. L’intervista è di Roberta Gisotti:
R. – Io vorrei
avere in partenza persone che sentono la presenza nei media come una vocazione. Credo
che nelle facoltà la difficoltà sia proprio quella di riuscire a formare le persone,
non soltanto dei professionisti.
D. – Le facoltà
di Scienze della comunicazione delle Università cattoliche sono aperte non solo a
studenti e cattolici. Quindi, questa è una sfida in più...
R.
– A me piacerebbe che la comunità si rendesse conto che deve formare i suoi leader
nel campo della comunicazione, delle figure per dei ruoli che sono determinanti.
D.
– Anche perché il settore della comunicazione è quello più esposto a contaminarsi
con una modernità tecnologica che può spaventare...
R.
– Io, in genere, sono una persona che è meno preoccupata dello spaventarsi e più delle
enormi possibilità che abbiamo. Io sono più spaventato dalla nostra pigrizia. Sono
più spaventato da tutte queste nostre televisioni che ampliano lo spazio delle nostre
chiese. Facevamo prediche prima, adesso le facciamo in televisione. Facevamo messe
prima, ora le facciamo in televisione. Invece di capire, in questo nuovo spazio, quale
è la dimensione di creatività che dobbiamo metterci e qual è il nostro compito, finiamo
per parlare solo per la gente di casa. Scherzando con i miei studenti, parlo di 'pescatori
specialisti', di 'pesca nell’acquario di casa'. Non vale proprio la pena! Se la sfida
è di essere creativi, di essere capaci di ascoltare una presenza che è garantita -
Dio non ha smesso di parlare, Dio è in mezzo a noi - allora, bisogna saper dire: “Guardate!
Là brucia. Gesù è tra noi, eccolo là!” mentre troppo volte, secondo me, si dice “al
lupo al lupo”, ma non basta, non serve.