Il cardinale Bertone proclama Beata, in Ucraina, suor Wiecka, testimone dell'amore
cristiano verso i deboli e i nemici
Stamani il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone ha presieduto a Leopoli,
in Ucraina, il rito di beatificazione di suor Marta Maria Wiecka, religiosa polacca
della Società delle Figlie della Carità di San Vincenzo de’ Paoli. Il porporato, che
durante la celebrazione ha portato il saluto e la benedizione del Papa ai presenti,
è giunto ieri in Ucraina, dove proseguirà il suo viaggio in questo Paese fino al 26
maggio incontrando la comunità cattolica, quella ortodossa e le massime autorità dello
Stato. Il servizio di Sergio Centofanti.
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Migliaia
di persone hanno partecipato in un’atmosfera di grande gioia e commozione al rito
celebrato nell’ampio Parco comunale di Leopoli. Il cardinale Bertone nella sua omelia
ha ricordato che questa terra “è rimasta fedele a Cristo e alla Sede Apostolica anche
durante il lungo periodo della persecuzione atea comunista”. Ha quindi sottolineato
come la nuova Beata sia proprio una testimone dell’amore cristiano verso i nemici
espresso in “una vita semplice e nascosta”.
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Suor
Marta Maria Wiecka è nata nel 1874 a Nowy Wiec, in territorio polacco, nella zona
occupata allora dalla Prussia: terza di 13 figli, impara presto a prendersi cura dei
fratelli più piccoli. Una propensione per i più deboli che le resterà per tutta la
vita. A 11 anni inizia con entusiasmo la preparazione alla Prima Comunione: per frequentare
il catechismo in parrocchia, le lezioni si svolgevano prima della scuola, si alza
alle 5 del mattino e percorre 12 chilometri a piedi. E’ in questo periodo che sboccia
la sua vocazione. A 19 anni veste l’abito delle Figlie della Carità di San Vincenzo
de’ Paoli: la sua prima destinazione è l’ospedale di Leopoli. Assiste i malati con
grande amorevolezza e pazienza: svolge i lavori più pesanti, senza mormorare, senza
rinfacciare. Nel malato che grida e che chiede vede Cristo sulla Croce. Trasferita
nell’ospedale di Bochnia, vicino Cracovia, dove la cura dei malati sembra meno faticosa,
accade l’impensabile: viene accusata di avere una relazione con un giovane paziente.
Una calunnia improvvisa, una pura cattiveria di un malato dai precedenti poco rassicuranti,
ma che viene superficialmente accettata subito come vera da un sacerdote. Suor Wiecka,
messa sotto accusa nell’ambiente che amava, è profondamente turbata ma affronta tutto
con mitezza, senza difendersi. Il suo rifugio è il Signore. In visione gli appare
una Croce e una voce le dice: “Figlia, sopporta tutto pazientemente. Fra poco ti prenderò
con me”. Una volta provata la falsità dell’accusa il sacerdote esprime tutta la sua
vergogna per aver dato credito così facilmente alla calunnia. Suor Marta Maria è trasferita
nell’ospedale di Sniatyn, in terra ucraina: le viene affidato il raparto infettivi.
Un giorno ordinano ad un assistente medico di disinfettare la camera di una donna
malata di tifo petecchiale. Un’operazione rischiosissima. L’uomo è disperato: pensa
alla moglie e al bambino di pochi anni. Suor Wiecka si offre al suo posto. Pochi giorni
dopo viene contagiata dalla malattia. Muore il 30 maggio 1904: ha 30 anni. Viene sepolta
accanto a san Giovanni Nepomuceno, il sacerdote morto martire per non aver voluto
infrangere il sigillo sacramentale. Durante il regime comunista si cerca di cancellare
la memoria dei testimoni cristiani. Ma la tomba di suor Marta Maria è sempre sommersa
di fiori: diventa un simbolo di unità per cattolici e ortodossi. Ma anche chi non
la conosce bene sa una cosa: è la Madre che aiutava tutti.
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Ma
sulla missione che svolgeva suor Marta Maria Wiecka ascoltiamo padre Giuseppe Guerra,
postulatore della Causa di beatificazione, al microfono di Giovanni Peduto:
R. -
Al suo tempo gli ospedali non avevano la struttura ed i mezzi di cui dispongono oggi.
Ancora più di oggi era determinante il servizio diretto agli ammalati, e quindi spesso
questo servizio richiedeva una generosità eroica: suor Wiecka ha saputo rispondere
generosamente all’appello della carità. Il contesto in cui ha operato e vissuto era
anche un contesto di varie confessioni religiose (ebrei, ortodossi ecc). Il fatto
che ancora oggi persiste una fama di santità e di devozione non solo tra i cattolici,
ma anche tra i fratelli delle altre confessioni religiose, dimostra che ha saputo
svolgere il suo servizio anche con una testimonianza ecumenica.
D.
–Qual è stato l’episodio significativo della sua vita?
R.
- L’episodio più famoso della sua vita è anche quello ultimo che l’ha portata alla
morte eroica: si offrì a svolgere il servizio di disinfestazione di una camera dell’ospedale
in cui prestava servizio; il servizio, particolarmente pericoloso, era stato chiesto
ad un giovane padre di famiglia, infermiere; ma lei accettò di sostituirlo … potremmo
dire morendo come martire della carità.
D. – Quale
messaggio lascia al mondo d’oggi?
R. - Oggi Sniatyn,
dov’è la sua tomba meta di tanti pellegrinaggi, è in territorio ucraino. La devozione
da cui è circondata la prossima Beata ha un chiaro significato ecumenico. Mentre suor
Marta Wiecka ci lascia un messaggio di carità, di solidarietà che sappia andare fino
all’eroismo, di fatto la sua figura è anche un appello all’impegno ecumenico, che
si costruisce non tanto con le parole, quanto con la testimonianza dei fatti.