Concluso all'Urbaniana il Congresso internazionale delle Facoltà cattoliche di Comunicazione
Sono arrivati a Roma da oltre 40 Paesi per parlare dell’identità e della missione
delle Facoltà di Comunicazione negli Atenei cattolici, sparse nei cinque Continenti.
Convocati dal Pontificio Consiglio per le Comunicazioni sociale, si sono riuniti da
giovedì scorso fino ad oggi nell’Università Urbaniana. Tra le tematiche al centro
del Congresso anche le sfide poste dalla formazione umana e tecnologica degli operatori
di comunicazione, nel quadro dei cambiamenti apportati dall’era digitale. A questo
proposito Roberta Gisotti ha intervistato il prof. Cesare Rivoltella,
ordinario di “Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento” nella Facoltà di Scienze
della Formazione, dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
R. -
Le sfide sono tante, sono facoltà che stanno operando in una società in cui la demediazione
e la deprofessionalizzazione riguardo alle professioni mediali sono in agguato. La
demediazione perchè c’è sempre meno bisogno degli apparati per produrre comunicazione
nella logica del social network; la deprofessionalizzazione proprio perchè, venendo
meno gli apparati, ciascuno si improvvisa professionista della comunicazione. Credo
che, in questo tipo di contesto, dove i contenuti possono essere collocati nella sfera
pubblica da chiunque, ci sia una grossissima riflessione da fare su quale siano le
competenze dei nuovi professionisti della comunicazione, e su come si debbano collocare
rispetto a questo tipo di situazione, che è spiazzante, perchè è assolutamente nuova
e differente dal passato, anche recente.
D. – Un
aspetto che sta emergendo è l’importanza, appunto, anche di insegnare l’economia dei
media…
R. – Assolutamente, anche perchè l’economia
stessa si sta trasformando; oggi il marketing diventa sociale, oggi l’impresa sta
diventando etica, ed è difficile capire fino a che punto questo abbia dietro coscienze
trasparenti o sia soltanto l’ultimo ritrovato di un mercato che vuole essere sempre
più aggressivo e portarsi via fette sempre più importanti del mercato stesso.
D.
– In questo contesto, le università cattoliche sono forse più libere di produrre pensiero...
R.
– Assolutamente sì. Credo che siano nelle condizioni di poter fare qualità, potendosi
preoccupare meno del business; anche se, purtroppo, senza le risorse economiche non
si può fare comunicazione. Ma credo che, quelle stesse possibilità che consentono
al cittadino comune di pubblicare in rete il proprio palinsesto, forse da questo punto
di vista vengano incontro anche a chi fa comunicazione con dei budget non importantissimi.