Cina e Russia dicono no allo scudo spaziale americano
“A qualcuno non piace la cooperazione strategica tra i nostri Paesi, ma questa sarà
rafforzata nell’interesse nostri popoli”. Il presidente russo, Medvedev, all’indomani
dell’importante incontro con suo omologo cinese, Hu Jintao, ha ribadito il consolidamento
dell’asse Mosca-Pechino, parlando nell’università della capitale cinese. Durante
i colloqui di ieri, i due leader hanno espresso tutta la loro preoccupazione nei
confronti del progetto di scudo anti-missile americano e hanno firmato accordi in
campo energetico del valore di oltre un miliardo di dollari. Il punto nel servizio
di Giuseppe D’Amato:
No allo
scudo spaziale USA e Europa centro-orientale. Cina e Russia lo hanno ripetuto al vertice
di Pechino, ribadendo al loro volontà di confermare, anche nei prossimi anni, un’asse
per un mondo multipolare. Il presidente Medvedev non a caso ha scelto l’Oriente, e
non l’Occidente, per la sua prima visita ufficiale all’estero, da capo del Cremlino.
Il progetto USA - si legge in un comunicato congiunto pubblicato dopo l’incontro tra
il leader russo ed il collega cinese, Hu Jintao - non aiuta a sostenere l’equilibrio
strategico, crea problemi agli sforzi internazionali per il controllo delle armi ai
processi di non proliferazione, ostacola il rafforzamento della fiducia fra le nazioni.
Washington ha reagito affermando che a Pechino non si sono espresse posizioni nuove,
ma concetti già noti. Critiche sino-russe anche alla politicizzazione della questione
dei diritti umani, con la denuncia dei doppi standard applicati ed il loro uso come
strumento di ingerenza negli affari interni degli altri Stati. Pechino e Mosca stanno
intensificando il lavoro per dare maggiore forza al gruppo di Shangai, come contrappeso
in Asia alla NATO. Nel corso della visita di Medvedev, sono stati firmati anche dei
contratti in campo energetico. Pakistan Torna alta
la tensione in Pakistan. Un ufficiale di polizia e due civili sono rimasti uccisi
questa mattina in due diverse esplosioni nel nordovest del Paese. Ieri sera, uno dei
principali dirigenti del partito dell'ex primo ministro, Nawaz Sharif, il vicepresidente
della Lega Musulama del Pakistan, Tariq Khan, è stato ucciso a Karachi, nel sud. Due
uomini in moto hanno sparato contro la sua auto. All'annuncio della sua morte, centinaia
di militanti del partito hanno manifestato accusando genericamente “chi cospira contro
la democrazia”. I ministri del partito di Nawaz Sharif si sono dimessi il 13 maggio
dal governo pakistano, appena tre mesi dopo la vittoria alle elezioni legislative,
per un contrasto con il principale partito della coalizione, il Partito del popolo
pakistano (PPP), della scomparsa Benazir Bhutto.
Zimbabwe In vista
del ballottaggio presidenziale fissato per il 27 giugno, il leader dell’opposizione,
Morgan Tsvangirai, è tornato ad Harare per lanciare la sua campagna. Un ritorno che
era stato più volte annunciato e poi smentito per il timore di attentati nei suoi
confronti. Tsvangirai, secondo i dati della Commissione elettorale, aveva ottenuto
al primo turno il 47 per cento delle preferenze, un dato contestato però dalla stessa
opposizione. Sud Africa In Sudafrica, malgrado il dispiego dell’esercito
nelle zone dove imperversano le violenze, non accenna a diminuire l'ondata di attacchi
xenofobi contro gli immigrati, che fino ad oggi ha causato circa 42 morti. Nelle ultime
24 ore, gli assalti contro gli immigrati e le loro proprietà, cominciati a Johannnesburg,
sono dilagati anche a Città del Capo, nel sud del Paese. Dall’inizio delle violenze,
sono 17 mila gli immigrati, per lo più provenienti dai Paesi africani limitrofi,
ad aver lasciato il Sudafrica. Il Mozambico ha decretato, infatti, lo stato d'emergenza
per poter gestire il flusso degli emigrati che rientrano in patria. Italia-immigrazione Il
presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha emanato ieri i due decreti sull’emergenza
rifiuti a Napoli e sulla sicurezza. Il giro di vite sull’immigrazione non ferma però
gli sbarchi di clandestini a Lampedusa. Dopo gli arrivi di questa notte, altri due
gommoni con 150 persone a bordo sono stati soccorsi al largo dell’isola. Intanto,
nel Paese sono ancora accese le discussioni riguardo alla decisione di inserire il
reato di immigrazione clandestina nel disegno di legge che compone il pacchetto sicurezza.
Qualora il disegno di legge venisse approvato dal parlamento, per questo reato sarebbe
previsto anche il carcere da 6 mesi a 4 anni. Su questo punto, Debora Donnini
ha chiesto un commento a padre Giovanni La Manna, direttore del centro Astalli:
R. -
Sembra di essere arrivati ad un estremo che va a penalizzare le persone, non certo
ad aiutarle. Credo che creerà problemi anche al tentativo di governare il fenomeno
“immigrazione”. Quando si parla di clandestini, intendiamo persone senza documenti.
Il rifugiato quando scappa è senza documenti, arriva qui come clandestino e come prima
risposta si ritroverà in un centro di detenzione. Proprio in questo momento, sentiamo
il bisogno forte di portare avanti la distinzione tra immigrati richiedenti asilo
e rifugiati.
D. - Sono previste pene fino a tre anni
per l’utilizzo di minore ai fini di accattonaggio. Cosa pensa?
R. -
Che i minori vadano tutelati non si discute. Quando ci si trova con un bambino ad
un semaforo, bisogna intervenire. Se dietro c’è un giro di sfruttamento, va individuato
e vanno prese delle decisioni con fermezza perché il bambino deve andare a scuola,
ha diritto di avere un’infanzia tranquilla. Quindi, su questo punto ci troviamo pienamente
d’accordo.
D. - Per quanto riguarda il nuovo decreto
flussi per le badanti?
R. - E’ l’unico sistema al
momento che possa consentire a chi è già in Italia e che sta lavorando di integrarsi
con dei documenti. Integrarsi significa che se oggi io sono in Italia, già lavoro
e c’è la disponibilità del datore di lavoro di farmi un contratto, magari purtroppo
non sono rientrato nelle quote. Ora, se io prevedo di fornire la persona di un documento,
pongo le condizioni reali per integrarla nel migliore dei modi. Italia-rifiuti Sale
la tensione nel napoletano, dopo l’individuazione da parte del governo dei 10 siti
dove verranno realizzate le nuove discariche per fronteggiare l’emergenza rifiuti.
Da ieri, a Chiaiano, una delle zone interessate dal provvedimento, è divampata la
protesta. Stamani, nella località alle porte del capoluogo campano i manifestanti
hanno bloccato la strada che conduce alla discarica e si sono registrati diversi scontri
con le forze dell’ordine, contro le quali è avvenuto un fitto lancio di petardi e
pietre. Un ragazzo è rimasto ferito alla testa e condotto in ospedale e tre esponenti
dei centri sociali sono stati arrestati e processati per direttissima. Al momento,
è tornata la calma e Polizia e Carabinieri hanno rimosso i mezzi che ostacolavano
la strada. Libano Tutti i riflettori della comunità internazionale sono
puntati sul Libano, dove sale l’attesa per elezione del nuovo presidente. Domani,
il parlamento si riunirà in una sessione speciale per eleggere il generale Michel
Suleiman quale nuovo capo di Stato. Assisteranno all’elezione del futuro presidente
libanese l'Alto Rappresentante dell'UE per la politica estera, Javier Solana, e il
ministro degli Esteri siriano, Walid al-Muallem. La nomina del militare è frutto di
un accordo raggiunto dopo mesi di tensione politica e diversi scontri sul terreno
tra l’opposizione guidata dal movimento sciita Hezbollah, che ha il sostengo di Siria
e Iran, e la maggioranza parlamentare sostenuta da Paesi occidentali e Arabia Saudita. Iraq Ancora
violenze in Iraq. È di un morto e due feriti il bilancio di due distinti attacchi
compiuti oggi nella città settentrionale di Baquba contro esponenti del Consiglio
del risveglio, le milizie sunnite alleate degli Stati Uniti nella lotta contro i militanti
di Al Qaeda in Iraq. Ieri, invece, il comando delle forze USA ha reso nota l’ennesima
vittima tra le truppe statunitensi. Si tratta di un soldato rimasto ucciso dall'esplosione
di un ordigno artigianale mentre era di pattuglia in una località a sud di Baghdad. Sudamerica È
stata presenta ieri, a Brasilia, l’UNASUR (l'Unione Sudamericana delle Nazioni), l’organizzazione
destinata a dirimere i conflitti e allentare le tensioni tra i 12 Stati del Sudamerica.
Ne fanno parte Bolivia, Argentina, Cile, Perù, Uruguay, Paraguay, Brasile, Ecuador,
Colombia, Venezuela, Guyana e Suriname. In occasione del lancio della nuova organizzazione,
si sono incontrati e stretti la mano i presidenti di Venezuela e Colombia, Hugo Chavez
e Alvaro Uribe. Negli ultimi mesi, fra i due capi di Stato la tensione era stata molto
alta, in particolare da quando Uribe ha tolto a Chavez la sua funzione di mediazione
con le FARC, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. (Panoramica internazionale
a cura di Marco Guerra) Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 145 E'
possibile ricevere gratuitamente, via posta elettronica, l'edizione quotidiana del
Bollettino del Radiogiornale. La richiesta può essere effettuata sulla home page del
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