2008-05-24 15:07:17

Cina e Russia dicono no allo scudo spaziale americano


“A qualcuno non piace la cooperazione strategica tra i nostri Paesi, ma questa sarà rafforzata nell’interesse nostri popoli”. Il presidente russo, Medvedev, all’indomani dell’importante incontro con suo omologo cinese, Hu Jintao, ha ribadito il consolidamento dell’asse Mosca-Pechino, parlando nell’università della capitale cinese. Durante i colloqui di ieri, i due leader hanno espresso tutta la loro preoccupazione nei confronti del progetto di scudo anti-missile americano e hanno firmato accordi in campo energetico del valore di oltre un miliardo di dollari. Il punto nel servizio di Giuseppe D’Amato:RealAudioMP3


No allo scudo spaziale USA e Europa centro-orientale. Cina e Russia lo hanno ripetuto al vertice di Pechino, ribadendo al loro volontà di confermare, anche nei prossimi anni, un’asse per un mondo multipolare. Il presidente Medvedev non a caso ha scelto l’Oriente, e non l’Occidente, per la sua prima visita ufficiale all’estero, da capo del Cremlino. Il progetto USA - si legge in un comunicato congiunto pubblicato dopo l’incontro tra il leader russo ed il collega cinese, Hu Jintao - non aiuta a sostenere l’equilibrio strategico, crea problemi agli sforzi internazionali per il controllo delle armi ai processi di non proliferazione, ostacola il rafforzamento della fiducia fra le nazioni. Washington ha reagito affermando che a Pechino non si sono espresse posizioni nuove, ma concetti già noti. Critiche sino-russe anche alla politicizzazione della questione dei diritti umani, con la denuncia dei doppi standard applicati ed il loro uso come strumento di ingerenza negli affari interni degli altri Stati. Pechino e Mosca stanno intensificando il lavoro per dare maggiore forza al gruppo di Shangai, come contrappeso in Asia alla NATO. Nel corso della visita di Medvedev, sono stati firmati anche dei contratti in campo energetico.
 Pakistan
Torna alta la tensione in Pakistan. Un ufficiale di polizia e due civili sono rimasti uccisi questa mattina in due diverse esplosioni nel nordovest del Paese. Ieri sera, uno dei principali dirigenti del partito dell'ex primo ministro, Nawaz Sharif, il vicepresidente della Lega Musulama del Pakistan, Tariq Khan, è stato ucciso a Karachi, nel sud. Due uomini in moto hanno sparato contro la sua auto. All'annuncio della sua morte, centinaia di militanti del partito hanno manifestato accusando genericamente “chi cospira contro la democrazia”. I ministri del partito di Nawaz Sharif si sono dimessi il 13 maggio dal governo pakistano, appena tre mesi dopo la vittoria alle elezioni legislative, per un contrasto con il principale partito della coalizione, il Partito del popolo pakistano (PPP), della scomparsa Benazir Bhutto.

Zimbabwe
In vista del ballottaggio presidenziale fissato per il 27 giugno, il leader dell’opposizione, Morgan Tsvangirai, è tornato ad Harare per lanciare la sua campagna. Un ritorno che era stato più volte annunciato e poi smentito per il timore di attentati nei suoi confronti. Tsvangirai, secondo i dati della Commissione elettorale, aveva ottenuto al primo turno il 47 per cento delle preferenze, un dato contestato però dalla stessa opposizione.
 Sud Africa
In Sudafrica, malgrado il dispiego dell’esercito nelle zone dove imperversano le violenze, non accenna a diminuire l'ondata di attacchi xenofobi contro gli immigrati, che fino ad oggi ha causato circa 42 morti. Nelle ultime 24 ore, gli assalti contro gli immigrati e le loro proprietà, cominciati a Johannnesburg, sono dilagati anche a Città del Capo, nel sud del Paese. Dall’inizio delle violenze, sono 17 mila gli immigrati, per lo più provenienti dai Paesi africani limitrofi, ad aver lasciato il Sudafrica. Il Mozambico ha decretato, infatti, lo stato d'emergenza per poter gestire il flusso degli emigrati che rientrano in patria.
 Italia-immigrazione
Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha emanato ieri i due decreti sull’emergenza rifiuti a Napoli e sulla sicurezza. Il giro di vite sull’immigrazione non ferma però gli sbarchi di clandestini a Lampedusa. Dopo gli arrivi di questa notte, altri due gommoni con 150 persone a bordo sono stati soccorsi al largo dell’isola. Intanto, nel Paese sono ancora accese le discussioni riguardo alla decisione di inserire il reato di immigrazione clandestina nel disegno di legge che compone il pacchetto sicurezza. Qualora il disegno di legge venisse approvato dal parlamento, per questo reato sarebbe previsto anche il carcere da 6 mesi a 4 anni. Su questo punto, Debora Donnini ha chiesto un commento a padre Giovanni La Manna, direttore del centro Astalli:RealAudioMP3


R. - Sembra di essere arrivati ad un estremo che va a penalizzare le persone, non certo ad aiutarle. Credo che creerà problemi anche al tentativo di governare il fenomeno “immigrazione”. Quando si parla di clandestini, intendiamo persone senza documenti. Il rifugiato quando scappa è senza documenti, arriva qui come clandestino e come prima risposta si ritroverà in un centro di detenzione. Proprio in questo momento, sentiamo il bisogno forte di portare avanti la distinzione tra immigrati richiedenti asilo e rifugiati.

 
D. - Sono previste pene fino a tre anni per l’utilizzo di minore ai fini di accattonaggio. Cosa pensa?

R. - Che i minori vadano tutelati non si discute. Quando ci si trova con un bambino ad un semaforo, bisogna intervenire. Se dietro c’è un giro di sfruttamento, va individuato e vanno prese delle decisioni con fermezza perché il bambino deve andare a scuola, ha diritto di avere un’infanzia tranquilla. Quindi, su questo punto ci troviamo pienamente d’accordo.

 
D. - Per quanto riguarda il nuovo decreto flussi per le badanti?

 
R. - E’ l’unico sistema al momento che possa consentire a chi è già in Italia e che sta lavorando di integrarsi con dei documenti. Integrarsi significa che se oggi io sono in Italia, già lavoro e c’è la disponibilità del datore di lavoro di farmi un contratto, magari purtroppo non sono rientrato nelle quote. Ora, se io prevedo di fornire la persona di un documento, pongo le condizioni reali per integrarla nel migliore dei modi.
 Italia-rifiuti
Sale la tensione nel napoletano, dopo l’individuazione da parte del governo dei 10 siti dove verranno realizzate le nuove discariche per fronteggiare l’emergenza rifiuti. Da ieri, a Chiaiano, una delle zone interessate dal provvedimento, è divampata la protesta. Stamani, nella località alle porte del capoluogo campano i manifestanti hanno bloccato la strada che conduce alla discarica e si sono registrati diversi scontri con le forze dell’ordine, contro le quali è avvenuto un fitto lancio di petardi e pietre. Un ragazzo è rimasto ferito alla testa e condotto in ospedale e tre esponenti dei centri sociali sono stati arrestati e processati per direttissima. Al momento, è tornata la calma e Polizia e Carabinieri hanno rimosso i mezzi che ostacolavano la strada.
 Libano
Tutti i riflettori della comunità internazionale sono puntati sul Libano, dove sale l’attesa per elezione del nuovo presidente. Domani, il parlamento si riunirà in una sessione speciale per eleggere il generale Michel Suleiman quale nuovo capo di Stato. Assisteranno all’elezione del futuro presidente libanese l'Alto Rappresentante dell'UE per la politica estera, Javier Solana, e il ministro degli Esteri siriano, Walid al-Muallem. La nomina del militare è frutto di un accordo raggiunto dopo mesi di tensione politica e diversi scontri sul terreno tra l’opposizione guidata dal movimento sciita Hezbollah, che ha il sostengo di Siria e Iran, e la maggioranza parlamentare sostenuta da Paesi occidentali e Arabia Saudita.
 Iraq
Ancora violenze in Iraq. È di un morto e due feriti il bilancio di due distinti attacchi compiuti oggi nella città settentrionale di Baquba contro esponenti del Consiglio del risveglio, le milizie sunnite alleate degli Stati Uniti nella lotta contro i militanti di Al Qaeda in Iraq. Ieri, invece, il comando delle forze USA ha reso nota l’ennesima vittima tra le truppe statunitensi. Si tratta di un soldato rimasto ucciso dall'esplosione di un ordigno artigianale mentre era di pattuglia in una località a sud di Baghdad.
 Sudamerica
È stata presenta ieri, a Brasilia, l’UNASUR (l'Unione Sudamericana delle Nazioni), l’organizzazione destinata a dirimere i conflitti e allentare le tensioni tra i 12 Stati del Sudamerica. Ne fanno parte Bolivia, Argentina, Cile, Perù, Uruguay, Paraguay, Brasile, Ecuador, Colombia, Venezuela, Guyana e Suriname. In occasione del lancio della nuova organizzazione, si sono incontrati e stretti la mano i presidenti di Venezuela e Colombia, Hugo Chavez e Alvaro Uribe. Negli ultimi mesi, fra i due capi di Stato la tensione era stata molto alta, in particolare da quando Uribe ha tolto a Chavez la sua funzione di mediazione con le FARC, le Forze armate rivoluzionarie della Colombia. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
 Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 145

 
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