Mons. Tomasi: la crisi alimentare mondiale minaccia la pace
“Il diritto al cibo riguarda il futuro della famiglia umana e la pace della comunità
globale”: è il punto saliente del discorso dell’arcivescovo Silvano Tomasi, osservatore
permanente della Santa Sede presso l’ONU di Ginevra. Il presule è intervenuto ieri
al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, nel corso della Sessione speciale
dedicata all'attuale crisi alimentare. Il servizio di Isabella Piro:
Inquadrare
la crisi alimentare mondiale nel contesto dei diritti umani: questo il primo passo
che la comunità internazionale deve compiere, ha sottolineato mons. Tomasi. “Siamo
di fronte a sfide travolgenti per nutrire adeguatamente la popolazione mondiale –
ha detto - nel momento in cui l’aumento dei prezzi del cibo, in tutto il mondo, minaccia
la stabilità di molti Paesi in via di sviluppo”. Per questo, ha ribadito il presule,
è necessaria “un’azione internazionale combinata”, che faccia attenzione “alle disfunzioni
del sistema commerciale mondiale, dal momento che ogni anno 4 milioni di persone vanno
ad ingrossare le fila degli 854 milioni di coloro che soffrono di fame cronica”. Una
fame che, ha continuato mons. Tomasi, spesso produce carenze educative e sanitarie,
conflitti, migrazioni incontrollate, degrado ambientale ed anche fenomeni terroristici.
Ma alla base della crisi alimentare, ha aggiunto il presule, non c’è solo la mancanza
di cibo, quanto piuttosto l’impossibilità “di accedere, sia fisicamente che finanziariamente,
alle risorse agricole”.
Certo, ha detto mons. Tomasi,
il primo obiettivo per lo Sviluppo del Millennio è quello di dimezzare entro il 2015
il numero delle persone che vivono in estrema povertà, ma spesso “gli obiettivi dichiarati
non sono accompagnati da politiche concrete”. Il risultato è che, a causa del rincaro
dei prezzi del cibo, un miliardo di persone dei Paesi poveri è costretto a spendere
ogni giorno il proprio reddito quotidiano di un dollaro per nutrirsi. Di qui, l’appello
dell’osservatore permanente della Santa Sede a guardare al problema della malnutrizione
non solo come “ad un’emergenza temporanea”, ma “nel contesto di una crescita economica
giusta e sostenibile”, puntando quindi a misure riguardanti “non solo lo sviluppo
agricolo e rurale, ma anche la salute, l’educazione, il ruolo delle leggi ed il rispetto
dei diritti umani”.
Poi, il richiamo ad “un rinnovato
impegno” soprattutto in Africa; l’appello affinché “il dovere alla solidarietà verso
i membri più vulnerabili della società sia riconosciuto” e l’esortazione a guardare
la crisi alimentare “in una prospettiva etica”, così che “l’accaparramento e le speculazioni
siano inaccettabili ed il diritto del singolo individuo alla proprietà, incluso quello
delle donne, sia riconosciuto”. Mons. Tomasi ha poi suggerito l’organizzazione di
cooperative per ovviare ai limiti delle piccole aziende agricole, danneggiate dalle
imprese multinazionali: “Lo sfruttamento della terra per la produzione di cibo e di
altre risorse – ha detto – deve essere bilanciato non dal mercato, ma da meccanismi
che rispondano al bene comune”. Infine, il presule ha ribadito la necessità di “una
nuova mentalità” che ponga “l’uomo al centro e non si focalizzi semplicemente sul
profitto economico”: “Troppe persone muoiono ogni giorno di fame – ha concluso mons.
Tomasi – mentre risorse immense vengono stanziate per le armi”. Una situazione insostenibile,
poiché “il diritto al cibo riguarda il futuro della famiglia umana e la pace globale.