Profezia dell’Humanae vitae: l'editoriale di padre Lombardi
Sono passati 40 anni dalla pubblicazione dell’enciclica più discussa dei nostri tempi:
l’Humanae vitae. Benedetto XVI le ha dedicato recentemente una profonda e intensa
riflessione in occasione di un convegno dell’Università del Laterano. La definisce
frutto di “una decisione sofferta”, “gesto di coraggio nel ribadire la continuità
della dottrina e della tradizione della Chiesa”. Si tratta di un insegnamento “non
facile” ma “di immutata verità”, di cui a distanza di tempo appare “la lungimiranza
con la quale il problema venne affrontato”.
Senza lasciarsi dominare dal fascino
della tecnica, la Chiesa continua a guardare all’amore coniugale fra l’uomo e la donna
come partecipazione all’azione creativa di Dio stesso. Uno sguardo pieno di rispetto,
attento a quel qualcosa di misterioso e di sorprendente che avviene nella trasmissione
della vita. Certo, la logica di reciprocità di accoglienza, di dominio di sé, di rispetto
del coniuge, di spiritualità e di responsabilità, che caratterizza questa visione
può sembrare lontana anni luce da quella ostentata separazione della sessualità dalla
responsabilità, da quella “trasformazione della sessualità in droga”, che oggi grida
verso di noi da ogni angolo delle nostre strade e delle nostre città, da ogni monitor
delle nostre TV e dei nostri computer.
Ma proprio per questo l’Humanae vitae
è lungimirante. Con il coraggio di parole difficili ci ricorda una verità e una dignità
della persona, della vita e dell’amore, che troppo spesso viene dimenticata. E la
conseguenza non è una maggiore felicità, ma quel “cerchio di egoismo asfissiante che
– come dice il Papa – rimane sempre in agguato”. Invece “l’amore e la ragione insieme
– dice ancora Papa Benedetto – possono fare qualcosa di grande”. Sì: salvare l’amore,
per oggi e per domani. Per tutti.