Riparte a Roma la Maratona di Primavera nella Festa della scuola cattolica
Con un ricco programma di attività ricreative torna a Roma, domani e domenica (18
maggio), il duplice appuntamento con la Maratona di Primavera – giunta alla 28.ma
edizione - e con la Festa nazionale della scuola. Nata come Festa della scuola cattolica
in collaborazione con la diocesi di Roma, quest’anno le manifestazioni saranno estese
alla partecipazione – libera e gratuita - delle scuole statali: due giorni di sport,
divertimento, educazione, cultura e sussidiarietà, con un’attenzione particolare all’universo
della disabilità. Sabato mattina si parte con l’iniziativa “Pianta un albero in città”,
all’insegna dell’ecologia e del rispetto della natura; poi musica e tornei presso
il Villaggio dello Sport attrezzato in Villa Medici; nella stessa area, educazione
stradale con un convegno-dibattito rivolto ai giovani delle primarie e secondarie.
E’ previsto per le 9.00 di domenica l’evento clou con il raduno di centinaia di ragazzi
in Piazza San Pietro per una corsa di 5 chilometri su strada. Alle 12.30 la Santa
Messa celebrata a Villa Borghese da mons. Carmine Brienza, responsabile dell’Ufficio
Scuola del vicariato di Roma. Francesco Gemelli, presidente del Comitato organizzatore
spiega, al microfono di Antonella Palermo, l'estensione dell'invito ai giovani
di tutte le scuole:
R. –
Vorremmo veramente che diventi la festa della scuola, una festa nazionale, e quindi
li chiamiamo per venire, ovviamente per partecipare a tutte le attività, e per conoscere
questa grande iniziativa che – lo dico da genitore – è anche un modo per dire: ci
sono anche i genitori della scuole, i genitori delle scuole cattoliche. Cioè, non
scendiamo in piazza solo quando c’è da protestare: noi scendiamo in piazza per farci
riconoscere, per dire “ci siamo”. Ma ci siamo non come scuola cattolica: ci siamo
noi come genitori, come famiglie, come scuola.
D.
– Come si sente di commentare alcune critiche, anche recenti, che prendono la scuola
cattolica come bersaglio?
R. – Bè, questa è una diatriba
che va avanti da molto tempo e intanto, io torno a dire – e da sempre lo dico – che
c’è una discriminazione: i nostri figli sono come i figli che vanno nelle scuole statali.
E allora, perché noi dobbiamo pagare alcuni servizi ed altri no? Con la legge paritaria
del 2000, che è una legge insufficiente che di per sé dà un piccolo riconoscimento
alla scuola cattolica o agli istituti cattolici, un riconoscimento del ruolo pubblico
che questi svolgono, ma in realtà manca ancora la parità economica. Pagano tutto e
pagano tutti i servizi, cosa che non avviene nelle scuole comunali e statali. Ma le
dirò di più: le scuole statali non vengono risistemate o messe a norma da anni; le
nostre scuole, che sono considerate private anche se private poi non sono, perché
sono aperte a tutti, non hanno l’autorizzazione ad aprire di anno in anno! Ed ecco
perché continuano – purtroppo! – ad esistere le rette, che noi dobbiamo pagare. Quindi,
è anche l’ambiente diverso che noi scegliamo!
D.
– Gli atti di bullismo, soprattutto nell’ambito scolastico ormai aumentano sempre
di più. Secondo lei, una via di soluzione quale potrebbe essere?
R.
– Maggiore attenzione da parte degli educatori e maggiore integrazione tra tutte le
istituzioni, compresa la famiglia. I nostri ragazzi, oggi, sono confusi nel senso
che a scuola, con i docenti parlano di un problema e parlano una lingua. In famiglia
parlano dello stesso problema ma in altri termini, con un’altra lingua. Le istituzioni
parlano una lingua ancora diversa, i politici ancora una lingua diversa ... quindi
non riesci più a capire. Sono confusi. Non sanno più qual è il bene e qual è il male
... Quindi: una maggiore formazione, una maggiore attenzione al problema educativo.
Così come dice Benedetto XVI: c’è un’emergenza educativa!