Il vescovo di Piazza Armerina sulla tragedia di Niscemi: dimostra che la prima emergenza
in Italia è quella educativa
Italia ancora sotto choc per i tragici fatti avvenuti nella cittadina siciliana di
Niscemi, in provincia di Caltanissetta. Si è svolto oggi l’interrogatorio per la convalida
del fermo dei tre ragazzi di 15, 16 e 17 anni, accusati di aver ucciso la quattordicenne
Lorena Cultraro. Nel pomeriggio l’autopsia della giovane. Su questa drammatica vicenda
Sergio Centofanti ha sentito mons. Michele Pennisi, vescovo di Piazza
Armerina, diocesi in cui si trova Niscemi:
R.
– Questo fatto ha turbato profondamente la comunità ecclesiale e la comunità civile
sia di Niscemi come della nostra diocesi. E’ un fatto grave, da cui emerge il fatto
che ci sono dei giovani che vivono in quello che si potrebbe chiamare un analfabetismo
non solo di natura culturale ma anche di natura morale, religiosa e affettiva. E’
importante in questo momento da una parte dare la consolazione della fede alla famiglia,
dall’altra parte esprimere un giudizio su questo avvenimento che mette in luce l’emergenza
educativa, che è la prima emergenza del nostro Paese. Un’emergenza educativa che fa
risaltare la mancanza di valori morali, spesso, nei giovani; questa mancanza spesso
poi viene amplificata anche da alcuni mass media: pare che questa ragazza avesse visto
un film e forse anche i suoi coetanei, in cui si parlava di riti satanici e di persone,
di ragazze fatte morire in un pozzo. Ma al di là di questo, io ritengo importante
anche che la Chiesa dia dei segni di speranza. Noi a Niscemi abbiamo proprio un progetto
intitolato “Cieli e terra nuova” che vuole aiutare i ragazzi a rischio. Proprio questi
ragazzi a rischio, che io ho sentito per telefono e ho sentito anche le animatrici,
mi dicono che ringraziano la Chiesa perché se non fossero stati aiutati e non fossero
ancora aiutati dalla Chiesa, probabilmente avrebbero fatto quello che hanno compiuto
i loro coetanei.
D. – Mons. Pennisi, che cosa si
può fare di fronte a questa emergenza educativa?
R.
– E’ un impegno che richiede la collaborazione di tutti, della famiglia, della scuola,
della Chiesa, dei mezzi di comunicazione sociale, delle istituzioni; creare dei centri
di aggregazione dei giovani in cui questi giovani vengono educati ai valori della
fede e ai valori umani: la tutela della vita, l’uso della sessualità secondo principi
morali, il rispetto degli altri. Quindi, si tratta di far sì che questi giovani non
vengano abbandonati a loro stessi, che questi giovani che spesso sperimentano una
profonda solitudine anche se si circondano di frastuono, possano sentirsi ascoltati,
possano sentirsi aiutati e incoraggiati.
D. – Qual
è allora la sua speranza di fronte ad un fatto così tragico?
R.
– La speranza che da questo evento possa emergere un maggiore impegno a favore dell’educazione
dei giovani.