Convegno all'Urbaniana su comunicazione, dialogo interculturale e missione: ai nostri
microfoni mons. Claudio Maria Celli
Nel contesto multiculturale che caratterizza il mondo di oggi, anche nel settore della
comunicazione la Chiesa è chiamata a svolgere la sua diaconia; la sua azione sociale,
cioè, secondo i principi dell’etica cristiana. E’ quanto ha affermato mons. Claudio
Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, che
questa mattina ha preso parte, alla Pontificia Università Urbaniana, al convegno internazionale
“Comunicazione. Intercultura. Missione”. L’incontro, che prosegue nel pomeriggio,
prevede la presentazione di un Master di I Livello in Comunicazione sociale nel contesto
interculturale e missionario e vuole mettizere a confronto le diverse realtà della
comunicazione nei vari continenti. Il servizio di Tiziana Campisi:
I mezzi
di comunicazione in Africa sono un fattore indispensabile per far fronte alla povertà
e incrementare lo sviluppo. Informano sui diritti del cittadino, forniscono notizie
su come curare malattie o beneficiare di campagne di vaccinazione. In Asia la tecnologia
si scontra invece con le disuguaglianze sociali e occorre mediare una cultura consumistica
e senza valori con la necessità di giungere – come in America Latina - a tutti gli
strati sociali. Sono queste in sintesi le sfide della comunicazione oggi, sempre più
plurale e talvolta manipolata. Ma quale quella che deve affrontare la Chiesa? Lo abbiamo
chiesto a mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontififo
Consiglio per le comunicazioni sociali:
D. – Quale
sfida deve affrontare oggi la Chiesa nel campo della comunicazione?
R.
– Quando la Chiesa con i suoi mezzi di comunicazione è presente e opera nel mondo,
si trova in questa pluralità umana, sociale, economica, politica, religiosa e culturale.
Quindi, è innegabile che ovunque essa si trovi ci siano delle sfide particolari. Una
funzione dei mezzi di informazione, ad esempio, è differente in Europa; altra realtà,
invece, è operante in Africa, in America Latina o in Asia. Allora, in positivo, potremmo
dire che la Chiesa è chiamata a percepire sempre di più questa emergenza di una nuova
cultura, che oggi definiamo digitale. Dobbiamo incominciare, pian piano, a pensare
che i mezzi non sono solamente strumenti; i vari mezzi di comunicazione sociale stanno
creando, stanno dando luogo ad una nuova cultura, ad una nuova dimensione. Questo
esige dalla Chiesa di essere presente con il suo messaggio, con la sua parola ma con
la sua visione dell’uomo. I mezzi sono a servizio dell’uomo ...
Ma
cosa vuol dire comunicare in un contesto multiculturale come quello di oggi? Ascoltiamo
il prof. Luca Pandolfi, antropologo dell’Urbaniana:
R.
– Io credo che la prima cosa sia prendere consapevolezza che siamo in un contesto
multiculturale. Le nostre culture sono ricche di esperienze, di storia, di contaminazioni
e poi della possibilità del dialogo e dell’incontro tra culture. Comunicare, io credo
che significhi fare un’azione di comunione, prendere consapevolezza di questa complessità
e assumerne la necessità di avere competenza, comprendere il valore, i limiti, l’orizzonte
e le problematiche che stanno dentro l’uso dei mezzi di comunicazione.
D.
– Comunicare oggi richiede una formazione?
R. – Richiede
formazione e competenza. Il rischio è di usare male il mezzo o di essere usati. Per
questo, noi abbiamo lanciato il master in comunicazione interculturale e missionaria,
dove c’è anche la dimensione dell’annuncio che è sempre una mediazione, una comunicazione.
C’è bisogno di formarsi, non solo per avere una competenza tecnica, che è fondamentale,
ma anche per saper mediare il mezzo nei contesti culturali, nel mondo dei simboli
e dei significati nei quali viviamo. E per far questo non ci si può improvvisare.