2008-05-15 15:28:03

Convegno all'Urbaniana su comunicazione, dialogo interculturale e missione: ai nostri microfoni mons. Claudio Maria Celli


Nel contesto multiculturale che caratterizza il mondo di oggi, anche nel settore della comunicazione la Chiesa è chiamata a svolgere la sua diaconia; la sua azione sociale, cioè, secondo i principi dell’etica cristiana. E’ quanto ha affermato mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali, che questa mattina ha preso parte, alla Pontificia Università Urbaniana, al convegno internazionale “Comunicazione. Intercultura. Missione”. L’incontro, che prosegue nel pomeriggio, prevede la presentazione di un Master di I Livello in Comunicazione sociale nel contesto interculturale e missionario e vuole mettizere a confronto le diverse realtà della comunicazione nei vari continenti. Il servizio di Tiziana Campisi:RealAudioMP3


I mezzi di comunicazione in Africa sono un fattore indispensabile per far fronte alla povertà e incrementare lo sviluppo. Informano sui diritti del cittadino, forniscono notizie su come curare malattie o beneficiare di campagne di vaccinazione. In Asia la tecnologia si scontra invece con le disuguaglianze sociali e occorre mediare una cultura consumistica e senza valori con la necessità di giungere – come in America Latina - a tutti gli strati sociali. Sono queste in sintesi le sfide della comunicazione oggi, sempre più plurale e talvolta manipolata. Ma quale quella che deve affrontare la Chiesa? Lo abbiamo chiesto a mons. Claudio Maria Celli, presidente del Pontififo Consiglio per le comunicazioni sociali:

 
D. – Quale sfida deve affrontare oggi la Chiesa nel campo della comunicazione?

 
R. – Quando la Chiesa con i suoi mezzi di comunicazione è presente e opera nel mondo, si trova in questa pluralità umana, sociale, economica, politica, religiosa e culturale. Quindi, è innegabile che ovunque essa si trovi ci siano delle sfide particolari. Una funzione dei mezzi di informazione, ad esempio, è differente in Europa; altra realtà, invece, è operante in Africa, in America Latina o in Asia. Allora, in positivo, potremmo dire che la Chiesa è chiamata a percepire sempre di più questa emergenza di una nuova cultura, che oggi definiamo digitale. Dobbiamo incominciare, pian piano, a pensare che i mezzi non sono solamente strumenti; i vari mezzi di comunicazione sociale stanno creando, stanno dando luogo ad una nuova cultura, ad una nuova dimensione. Questo esige dalla Chiesa di essere presente con il suo messaggio, con la sua parola ma con la sua visione dell’uomo. I mezzi sono a servizio dell’uomo ...

 
Ma cosa vuol dire comunicare in un contesto multiculturale come quello di oggi? Ascoltiamo il prof. Luca Pandolfi, antropologo dell’Urbaniana:

 
R. – Io credo che la prima cosa sia prendere consapevolezza che siamo in un contesto multiculturale. Le nostre culture sono ricche di esperienze, di storia, di contaminazioni e poi della possibilità del dialogo e dell’incontro tra culture. Comunicare, io credo che significhi fare un’azione di comunione, prendere consapevolezza di questa complessità e assumerne la necessità di avere competenza, comprendere il valore, i limiti, l’orizzonte e le problematiche che stanno dentro l’uso dei mezzi di comunicazione.

 
D. – Comunicare oggi richiede una formazione?

 
R. – Richiede formazione e competenza. Il rischio è di usare male il mezzo o di essere usati. Per questo, noi abbiamo lanciato il master in comunicazione interculturale e missionaria, dove c’è anche la dimensione dell’annuncio che è sempre una mediazione, una comunicazione. C’è bisogno di formarsi, non solo per avere una competenza tecnica, che è fondamentale, ma anche per saper mediare il mezzo nei contesti culturali, nel mondo dei simboli e dei significati nei quali viviamo. E per far questo non ci si può improvvisare.







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