2008-05-12 15:21:50

Catastrofico terremoto in Cina: migliaia i morti


Si sta rivelando di proporzioni catastrofiche il terremoto che ha colpito oggi la Cina: secondo l'agenzia ufficiale Xinhua avrebbe provocato tra le 3.000 e le 5.000 vittime in una sola contea della provincia di Sichuan. L'agenzia aggiunge che nella contea di Beichuan, si temono almeno 10.000 feriti. Inoltre, circa 900 studenti si troverebbero sotto le macerie dopo il crollo della loro scuola. Il primo ministro cinese, Wen Jiabao, è arrivato sul luogo del terremoto ed ha affermato che si tratta di “un disastro”. Il premier ha invitato i leader locali ad essere “in prima fila” negli aiuti alle popolazioni colpite e ha aggiunto che la sicurezza della popolazione deve essere messa al primo posto. L'epicentro è stato a circa 100 chilometri a nordovest della capitale della provincia, Chengdu, nella prefettura autonoma di Aba, che ha una forte componente di popolazione etnicamente tibetana. E’ accaduto dunque non lontano da una delle zone dove, in marzo e aprile, si sono svolte alcune delle proteste anticinesi della locale popolazione tibetana. Il presidente cinese, Hu Jintao, ha chiesto soccorsi immediati per le vittime e sono stati inviati sul posto anche reparti dell'esercito. La scossa è stata avvertita a migliaia di chilometri di distanza in un'area che va da Pechino - a circa duemila chilometri da Chengdu - alla capitale della Thailandia, Bangkok e a quella di Taiwan, Taipei. A Chengdu, a Pechino e in altre città cinesi, migliaia di persone sono uscite nelle strade. Una testimone ha riferito all'ANSA che a Chengdu non ci sono stati crolli, ma alcuni edifici mostrano delle crepe. L'aeroporto della città è stato chiuso. Un impiegato della Nokia, che lavora negli uffici della Compagnia in un grattacielo nel centro di Pechino, ha affermato di aver sentito il pavimento tremare per “due o tre minuti” prima di darsi alla fuga con i suoi colleghi.

Libano
Resta drammatica la situazione in Libano. Sono ripresi questa mattina gli scontri a fuoco a Tripoli, 90 chilometri a nord di Beirut tra seguaci dell'opposizione libanese, guidata dal movimento sciita Hezbollah, e attivisti della coalizione di governo. Ieri, invece, almeno 36 persone sono rimaste uccise nei violenti combattimenti nella regione montagnosa a nord-est della capitale. Intanto, vasta eco hanno avuto le parole di Benedetto XVI, che ieri al Regina Coeli in Piazza San Pietro, ha esortato i libanesi ad abbandonare ogni logica di contrapposizione aggressiva, mentre la diplomazia internazionale cerca di risolvere la crisi, a cominciare dall’elezione del presidente della Repubblica. Secondo numerosi analisti ci sarebbe, infatti, un accordo sul capo dell’esercito, il generale Suleiman, ma Hezbollah frena, chiedendo un governo in cui la componente sciita sia più forte. È possibile un accordo? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Roger Bouchahine, direttore dell’Osservatorio Geopolitico mediorientale:RealAudioMP3


R. - Un accordo vero e proprio in questo momento sarebbe quasi dettare legge da parte di Hezbollah in Libano. Non so se si può definire una situazione più grave negli ultimi trent’anni della vita libanese. Hezbollah non accetterà nessun accordo, non cederà alla attuale maggioranza. Detta legge in Libano.

 
D. - Quanto è cambiato il panorama politico libanese dopo questa ultima crisi?

R . - A causa del grande errore dell’ONU di non applicare la risoluzione 1559, che vuol dire il disarmo totale di tutte le milizie, comprese quelle di Hezbollah, ci siamo trovati in uno Stato dentro lo Stato, con delle armi micidiali contro i libanesi stessi e la situazione è degenerata in un appropriamento di Hezbollah di tanti villaggi, di tante aree, dall’aeroporto, al porto, alle zone strategiche come la zona del Chuf delle montagne del Libano. Hezbollah si sta appropriando completamente del Libano.

 
D. - Ieri, Benedetto XVI ha lanciato un vibrante appello per il Libano. Quali sono state le reazioni?

 
R. - Le reazioni chiaramente non hanno diminuito il piano di Hezbollah di dover continuare con la sua strategia di terrorizzare il popolo libanese. Io spero tanto nella diplomazia e negli uomini politici, perchè cedano al loro orgoglio politico e cerchino di trovare una soluzione per migliorare questo situazione: qui si sta parlando di una vera guerra civile.

Medio Oriente
Il ministro responsabile per i servizi di informazione egiziani, Omar Suleiman, è giunto oggi in Israele per proporre le linee di un cessate il fuoco tra le milizie armate palestinesi nella striscia di Gaza e Israele. Suleiman è stato subito ricevuto a Tel Aviv dal ministro della Difesa, Barak, e vedrà successivamente il premier, Olmert, e il ministro degli Esteri, Livni. La stampa locale riferisce intanto che Israele condiziona, tra altre richieste, l'eventuale tregua alla restituzione del soldato Ghilad Shalit, rapito nel giugno del 2006 da un commando palestinesi di Gaza. Ma fonti di Hamas a Gaza, interpellate dalla Radio pubblica israeliana, hanno respinto questa richiesta affermando che quella di Shalit è un'altra questione la cui soluzione però potrebbe essere accelerata dopo la conclusione di una tregua.

Iran
Cinque uomini sono stati impiccati in Iran, perchè riconosciuti colpevoli di avere violentato e ucciso una ragazza, dandole fuoco quando era ancora viva. Lo scrive oggi il quotidiano Qods. Le esecuzioni sono avvenute ieri nella prigione di Qom, città santa sciita 130 chilometri a sud di Teheran, nella cui provincia era avvenuto, nell'agosto dell'anno scorso, il delitto. Uno dei condannati, che ha confessato, ha detto che il gruppo aveva rapito la giovane e l'aveva portata in una zona desertica. Dopo la violenza di gruppo, la ragazza era stata accoltellata, inzuppata di benzina e data alle fiamme per cercare di cancellare ogni traccia. In Iran, la pena di morte è prevista per diversi reati, tra i quali l'omicidio, la rapina a mano armata, il traffico di droga, la violenza carnale, l'apostasia, l'adulterio e la sodomia. Lo scorso anno, secondo Amnesty International, sono state almeno 317 le esecuzioni capitali nella Repubblica islamica, che si è così situata al secondo posto al mondo per numero di persone messe a morte dopo la Cina.

Serbia
Conto dei seggi in Serbia all'indomani del voto politico e amministrativo di ieri, che ha segnato una netta avanzata del blocco liberale ed europeista del presidente, Boris Tadic, ma senza attribuire ad alcuno una maggioranza assoluta certa. La lista liberale "Per una Serbia europea", del presidente, Boris Tadic, è indicata al 38,75%, con almeno 102 seggi; il Partito radicale (SRS, ultranazionalista) e' al 29,2%, con 77 seggi; il Partito Democratico di Serbia (DSS, conservatore) del premier uscente Vojislav Kostunica si ferma all'11,34%, con 30 seggi. Si parla dunque di una non facile partita per la formazione di una coalizione di governo stabile. Una situazione che sembra rendere ora decisivo il peso delle forze minori, a cominciare dal Partito Socialista (SPS), orfano di Slobodan Milosevic, riemerso dalle secche del declino dopo essersi affidato al pragmatico quarantenne Ivica Dacic. In attesa dei dati ufficiali - ancora incompleti e annunciati in forma definitiva per giovedì - le proiezioni del centro demoscopico Cesid, confermano un 39% di voti alla lista 'Per una Serbia europeà di Tadic: salita d'una decina di punti rispetto al gennaio 2007 e di almeno cinque rispetto ai sondaggi della vigilia. Al 29% resta invece il Partito radicale (SRS, opposizione ultranazionalista) di Tomislav Nikolic, prima forza del Paese dal 2003, che tiene, ma non rispetta il pronostico di un balzo in avanti. I giornali, da parte loro, evidenziano sia il successo dei filo-europei, sia le incognite parlamentari.

Sudan
Le Forze di sicurezza sudanesi hanno arrestato il leader dell'opposizione islamica, Hassan al Turabi, e almeno altri quattro alti dirigenti del suo partito dopo l'attacco a Khartoum da parte di ribelli del Darfur, storicamente legati a al Turabi. “Agenti della sicurezza sono venuti questa mattina all'alba e hanno arrestato Turabi”, ha detto il suo segretario privato, Awad Babiker. Il leader del gruppo ribelle Jem del Darfur, Khalil Ibrahim, ha dichiarato che ci saranno altri attacchi contro la capitale sudanese Khartoum, come quello sferrato sabato, fino a quando il governo sudanese non cadrà. "Questo è solo l'inizio di un processo che terminerà solo con la fine di questo regime", ha dichiarato Ibrahim, leader del gruppo ribelle Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (JEM), che ha ribadito poi: “Non vi aspettate solo un altro attacco, questo è solo l'inizio”.

Zimbabwe
Il governo dello Zimbawe ha annunciato che non permetterà l'accesso di osservatori internazionali per il previsto ballottaggio delle elezioni presidenziali fra il presidente uscente, Robert Mugabe, e il leader dell'opposizione, Morgan Tsvangirai, a meno che non siano tolte le sanzioni internazionali contro il Paese. Lo scrive oggi il giornale locale The Herald. Il ministro della Giustizia, Patrick Chinamasa, ha affermato al giornale che molti Paesi occidentali giocano da “attori” nella politica dello Zimbabwe e che il governo non cederà all'opposizione, la quale ha chiesto la presenza di osservatori per monitorare il ballottaggio. “Non li autorizzeremo perchè [i Paesi occidentali] sono degli attori. Ci ripenseremo se leveranno le sanzioni. A meno che non lo facciano, non c'è alcuna possibilità di avere rapporti con loro”. Tsvangirai, leader del Movimento per il cambiamento democratico (MDC), che ha vinto le elezioni parlamentari, ritiene di aver vinto al primo turno anche le presidenziali. Ma secondo i risultati ufficiali, resi noti dopo oltre un mese, avrebbe invece ottenuto il 47,9% contro il 43,2% del "padre-padronè" Mugabe. Tsvangirai ha detto che parteciperà al ballottaggio solo se sarà presente una forza regionale di peacekeeping, se il voto sarà monitorato da osservatori internazionali, se sarà garantito libero accesso dell'opposizione ai media e se cesseranno le violenze, che dalle elezioni del 29 marzo hanno già fatto 32 morti.

Ucraina
I Servizi di sicurezza di Kiev hanno vietato al sindaco di Mosca, Iuri Luzhkov, di entrare nel territorio ucraino dopo le dichiarazioni con cui ieri ha rivendicato alla Russia la città di Sebastopoli in Crimea, sede della flotta russa sul Mar Nero, che domenica scorsa ha celebrato il 225.mo anniversario della sua fondazione. Lo riferisce l'agenzia Interfax. “Fino ad oggi i documenti storici indicano che Sebastopoli non è mai passata all'Ucraina”, ha detto Luzhkov parlando nella città portuale in occasione della ricorrenza. "La questione di Sebastopoli deve essere trasmessa a un tribunale internazional", ha aggiunto il sindaco di Mosca, che ha sottolineato come tale città “sia sempre stata sotto controllo diretto del governo sovietico” all'epoca dell'URSS. Luzhkov ha già irritato in passato le autorità ucraine con dichiarazioni analoghe.

Russia
Governo-lampo in Russia, dove il neo premier Vladimir Putin, a quattro giorni dal voto di fiducia, ha già varato il suo esecutivo, rinnovando solo parzialmente quello uscente e portando con Sé i fedelissimi dal Cremlino. Cambio della guardia al vertice dei servizi di sicurezza (FSB): Nikolai Patrushev diventa segretario del Consiglio di sicurezza e viene sostituito da uno dei suoi vice, Bortnikov. Complessivamente sette i vicepremier, di cui due primi: il premier uscente, Viktor Zubkov, che erediterà dal suo predecessore ed ora neo presidente, Dmitri Medvedev, le deleghe ai progetti nazionali, ed Igor Shuvalov (Rapporti commerciali con l'estero e WTO), ex vice capo dell'amministrazione del Cremlino e consigliere presidenziale. Cinque i vicepremier, due in più rispetto al governo precedente. Riconfermati i ministri chiave del governo precedente: Serghei Lavrov (Esteri), Anatoli Serdiukov (Difesa), Rashid Nurgaliev (Interni) Kudrin (Finanze), Elvira Nabiullina (Sviluppo economico). I nuovi ministri sono: l'ex viceprocuratore di San Pietroburgo e docente di diritto, Aleksander Konovalov (Giustizia), ex allievo di Medvedev all'Università, l'ex dirigente dell'amministrazione presidenziale, Igor Shogolev (Telecomunicazioni), l'ex ambasciatore russo in Francia, Aleksander Avdieiev (Cultura). E' stato inoltre creato il nuovo Ministero per lo sport e il turismo: ad occuparlo è Vitali Mutko, presidente della Federazione calcio russa.

Indonesia
Un incendio scoppiato all'interno di un tempio buddista nella provincia di North Sumatra, in Indonesia, Paese a stragrande maggioranza islamica, ha provocato la morte di almeno sette persone e il ferimento di altre otto. Lo riferisce la polizia. Le vittime stavano dormendo all'interno del tempio Aloviestra. Alcune di loro sono morte dopo essersi lanciate dal secondo piano del tempio per sfuggire alle fiamme e al fumo. (Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)

 
Bollettino del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 133

 
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