L'arcivescovo Rowan Williams e il cardinale Kasper presiedono i Vespri per l'insediamento
del nuovo direttore del Centro anglicano a Roma
Ieri sera a Roma, sotto la volta brillante in oro e azzurro della Basilica di Santa
Maria sopra Minerva, il primate della Comunione anglicana mondiale e il presidente
del Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani hanno parlato
dell’urgente necessità di andare oltre la vicendevole amicizia per raggiungere una
più profonda condivisione di doni spirituali, teologici e liturgici. L’arcivescovo
di Canterbury, il dr. Rowan Williams, e il cardinale Walter Kasper, hanno presieduto
i Vespri nella Basilica romana in occasione dell’insediamento del nuovo direttore
del Centro anglicano, il rev.do David Richardson, già decano della cattedrale anglicana
di Melbourne, in Australia. Il Centro, che ha sede a Palazzo Doria Pamphili, fu istituito
da Paolo VI e dall’arcivescovo emerito di Canterbury Michael Ramsey, subito dopo la
chiusura del Concilio Vaticano II. Al termine della cerimonia, Philippa Hitchen,
della nostra redazione inglese, ha chiesto al cardinale Walter Kasper quale
sia il suo messaggio per il nuovo direttore e sua moglie: R. – First
of all, I’m very happy to have here a new director, … Prima di tutto, sono
veramente contento di avere un nuovo direttore, perché il Centro Anglicano è veramente
importante per noi, è un punto di riferimento, un bel punto di incontro con la Comunione
anglicana e con l’arcivescovo di Canterbury. Mi hanno fatto una buona impressione,
lui e sua moglie, e speriamo di collaborare e di poter dare qualche contributo al
superamento di problemi interni alla Comunione anglicana. Dopo la Conferenza di Lambeth,
in luglio/agosto, speriamo di poter proseguire nel nostro dialogo ARCIC. Noi siamo
pronti ad aiutare l’arcivescovo di Canterbury a tenere unita la Comunione anglicana:
che questo sia possibile o meno non dipende da noi ma nemmeno dall’arcivescovo di
Canterbury. Lavoriamo e preghiamo con lui. Noi non desideriamo che si verifichino
nuove frazioni e nuove divisioni: questo non aiuta. Io sarò presente qualche giorno
alla Conferenza di Lambeth: vedremo cosa si potrà fare per approfondire i nostri legami
di amicizia.
D. – Il dr. Williams ha parlato di andare
oltre l’amicizia: ha parlato di una vera condivisione dei doni, gli uni con gli altri.
Cosa significa questo, per lei?
R. – Sharing gifts
is a definition of John Paul II of the ecumenical dialogue. … “La condivisione
dei doni” è un’espressione di Giovanni Paolo II per indicare il dialogo ecumenico.
Lui diceva che il dialogo ecumenico non è soltanto la condivisione delle idee, ma
anche dei doni; questo significa che possiamo imparare gli uni dagli altri, e imparando
gli uni dagli altri, ci avviciniamo gli uni agli altri. Sono appena tornato da Oxford,
dove ho partecipato ai Vespri: canti meravigliosi nella cornice della Madeleine College.
I nostri fratelli cattolici in Inghilterra hanno molto da imparare da questa grande
cultura di devozione, e forse gli anglicani possono imparare qualcosa da noi, per
quanto riguarda l’autonomia: che è una grande cosa ma deve essere sempre collegata
con la solidarietà e la comunione con le province e a livello universale. Credo che
questo sia il programma dell’arcivescovo: quello di rafforzare i legami di comunione
universale che richiedono anche delle regolamentazioni istituzionali, perché altrimenti
non funzionerà nel nostro mondo terreno ...
Negli ultimi
40 anni, il dialogo anglicano-cattolico ha fatto grandi progressi nel superamento
delle aspre divisioni dei secoli precedenti, con dichiarazioni comuni sull’Eucaristia,
la Scrittura, il Ministero, l’Autorità e i temi mariani. Philippa Hitchen ha
chiesto al nuovo direttore del Centro anglicano, il rev.do David Richardson,
quale, a suo avviso, sia oggi la sfida maggiore del movimento ecumenico:
R.
– I think the ecumenical picture everywhere has some similarities, … Credo
che il quadro ecumenico sia molto simile un po’ ovunque, in questo momento, e questo
significa che probabilmente una parte della grande energia di qualche anno fa si è
esaurita, ma che questa stessa energia ha lasciato rapporti molto profondi a livello
locale. Credo che ci sia una lacuna nel lavoro teologico, in riferimento alla teologia
delle piccole energie locali: credo infatti che sì, ovviamente, l’ecumenismo è un
movimento verso l’unità visibile e in questo orientamento c’è stato un po’ un capovolgimento;
ma ciò nonostante, l’ecumenismo è vivo e sano anche se – come ho detto – questo non
avviene con l’eccitazione e l’energia che c’era quando io studiavo teologia e quando
sono stato ordinato. Credo però che stia diventando – in certo modo – una seconda
pelle per molti, molti cristiani, religiosi e laici. Ci sono comunità di fedeli che
pregano insieme, studiano insieme – non sarebbe leale dire che fanno la comunione
insieme, perché probabilmente non lo fanno e nemmeno lo possono fare; ma fanno comunque
molte cose insieme a troverebbero molto strano non farlo o non poterlo fare.