2008-05-07 15:07:05

Nuove tensioni in Libano: l'appello di mons. Béchara Raï


I sindacati libanesi hanno sospeso lo sciopero generale proclamato per oggi a Beirut, peraltro cominciato in mattinata con blocchi stradali e proteste guidate dall'opposizione Hezbollah. Le richieste delle parti sociali erano per un adeguamento dei salari, ma - secondo i sindacati - le mobilitazioni “sono state politicizzate”, con scontri e violenze nelle strade: diverse esplosioni di razzi anticarro e raffiche di mitra sono state udite nella parte occidentale della capitale. Le tensioni si inseriscono in un quadro politico già pesante, aggravato dal mancato accordo per l’elezione del capo dello Stato che dovrà succedere al presidente Emile Lahoud, il cui mandato è scaduto a novembre 2007. Sugli ultimi avvenimenti in Libano, ascoltiamo mons. Béchara Raï, vescovo di Byblos dei maroniti, intervistato da Giada Aquilino:RealAudioMP3


R. – Lo sciopero è stato una richiesta dei sindacati dei lavoratori, mentre gli Hezbollah e l’opposizione hanno voluto approfittare di questa mobilitazione per creare uno stato di caos nel Paese. Questo ha, quindi, costretto gli stessi sindacati a rinunciare allo sciopero, che è stato conseguentemente sospeso e rimandato. Hezbollah ed opposizione hanno sfruttato tale situazione, per disturbare la sicurezza del Paese, creare danni ai cittadini e alle loro proprietà.
D. – Le nuove tensioni si inseriscono in un lungo periodo di crisi per il Libano. Perché non si riesce a superare lo stallo politico in atto?

 
R. – Anzitutto la questione è internazionale, nazionale e regionale. Il grande problema libanese è il conflitto che è in corso fra sunniti e sciiti e che ha due linee di alleanza regionale ed internazionale: la linea sunnita, appoggiata da Arabia Saudita, Egitto e Stati Uniti; e la linea sciita, appoggiata da Iran e Siria. Purtroppo i libanesi sunniti e sciiti e tutti coloro che sono alleati ai due gruppi non rappresentano l’opinione generale, perché la maggioranza dei libanesi, quella silenziosa, vuole un Libano fatto di convivenza, di consenso e di intesa. E’ vero che in Libano c’è una grande crisi economica e relativa alla sicurezza, ma tutto ciò è dovuto proprio alla forte crisi politica. L’opposizione non permette l’elezione del presidente della Repubblica: sono cinque mesi che siamo senza capo dello Stato. I lealisti non vogliono cedere per arrivare ad una soluzione di governo che sia più omogenea. Il Parlamento è stato ‘chiuso’ dal suo presidente e al momento non è in attività. Questa situazione politica paralizza tutto. E’ necessario che gli Stati di buona volontà ci aiutino a organizzare ad esempio una conferenza di riconciliazione.

 
D. – Qual è, dunque, l’appello della Chiesa locale libanese?

 
R. – Che la comunità internazionale ci aiuti a realizzare proprio questa conferenza di riconciliazione e di compromesso storico-politico in Libano.







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