Gli 80 anni della Rivista del Cinematografo, definita dal cardinale Bagnasco "uno
strumento di dialogo"
E’ il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana,
il primo a rivolgere gli auguri alla Rivista del Cinematografo che compie i
suoi 80 anni: “uno strumento di dialogo – scrive – che chiama in causa i diversi modi
di essere cattolici nella società civile”. Molte le voci del mondo del cinema che
si uniscono al clima di festa, riconoscendo alla pubblicazione serietà, coerenza,
apertura e dialogo. Il servizio di Luca Pellegrini: Una
rivista da leggere, non soltanto da sfogliare. Una rivista per approfondire la realtà
del cinema, che non è solo divertimento e divismo. Parlando a tutti del “cinematografo”,
ossia di un’arte che ha poco più di cent’anni. E quale altra rivista si avvicina,
per longevità e anzianità, agli anni di nascita dell’arte di cui ha continuato a raccontare
storie e passioni, ossia al tempo dell’invenzione dei fratelli Lumiére? La Rivista
del Cinematografo ha attraversato la storia del cinema, dell’Italia e della Chiesa.
Da semplice bollettino, fondato nel 1928 per l’intuizione di don Carlo Canziani, è
diventata una rivista che parla a tutti di tutto il cinema. Un dialogo aperto senza
mai cancellare, però, la propria identità, quella cattolica. “Sin dalla sua fondazione
– ricorda ancora il cardinale Bagnasco, nella sua lettera inviata all’attuale direttore,
Dario E. Viganò – l’apostolato della rivista è mosso dall’esigenza morale di considerare
il cinema una forma d’arte, capace di interrogare il credente e promuovendo il dialogo
con i cattolici, va incontro al mezzo cinematografico animata da ansia di verità e
di bellezza”. Riflette su queste parole Dario E. Vigano:
“Certamente
la rivista, credo che, e non solo per longevità – è appunto la rivista più antica
di cinema in Italia – ma anche per la sua origine, sia il punto di riferimento per
il mondo che si occupa di cinema di area cattolica. Certo, non è solo per questo mondo,
perchè in fondo è un punto di riferimento anche per l’Accademia. In fondo, è una rivista
seria e, quindi, noi ospitiamo ad esempio delle rubriche di ordinari di cinema non
propriamente dell’area cattolica. Ma, appunto, quando un prodotto è serio, è ben curato,
è fortemente apprezzato non in maniera ideologica. Quindi, certamente, c’è una grande
attenzione del mondo cattolico, il mondo che si occupa in particolare delle sale della
comunità, oppure dei tanti giovani che frequentano le università cattoliche. Però
è una rivista che non muore in questo target molto specifico, ma si muove anzi su
territori che, a volte, hanno forse poco in comune con le appartenenze, le appartenenze
cattoliche. Hanno invece molto in comune con le persone che vogliono comprendere in
profondità il mondo del cinema”. Molti sono i registi, gli attori,
i critici e i responsabili del settore produttivo e commerciale che hanno un rapporto
di stima con la Rivista del Cinematografo. Tra i molti ricordi e pareri, ecco quello
del regista Pupi Avati:
“E’ da considerarsi
l’unico sguardo che ha dimostrato una grande attenzione a quelli che erano i contenuti
non soltanto strettamente legati all’attualità, ai problemi sociali che il film andava
affrontando, ma anche ad un contesto più ampio che comprendeva – e questo anche nel
mio caso – la spiritualità, la trascendenza, il senso insomma che cercavo di dare
ai racconti che via via andavo proponendo nell’arco di tutti questi anni. La Rivista
del Cinematografo la considero una delle interlocutrici, se non l’interlocuzione più
significativa che io abbia avuto con la carta stampata nell’arco di questi primi quarant’anni
della mia vicenda cinematografica.”.
Anni, tempi
e storia. Guido Chiesa, regista attento alle realtà sociali e
politiche che il cinema spesso esprime, aggiunge:
“La
rivista del Cinematografo in un Paese in cui le riviste di cinema non hanno storia
sono spesso, ahimè, delle semplici riviste di nicchia talmente isolate che nessuno
conosce, finendo per non avere alcuna influenza sul pubblico e su quelli che sono
poi i gusti del pubblico; oppure sembrano a volte delle specie di bollettini ad uso
e consumo delle case di distribuzione cinematografiche. La rivista del Cinematografo
ha, invece, avuto una continuità nel tempo che le altre non possono vantare e, soprattutto,
una presenza resa ancora più forte ed efficace con il sito web, che va assolutamente
mantenuta, valorizzata e conservata”.