Pesante sconfitta per il Labour Party in Gran Bretagna
Una serata “brutta e deludente”: il premier Gordon Brown ha definito così la sconfitta
subita ieri dal partito laburista nelle elezioni di 159 consigli locali. Si tratta
del peggior risultato laburista nel voto locale da 40 anni ad oggi, con la formazione
del premier che, se i dati fossero proiettati su scala nazionale, diventerebbe il
terzo partito con il 24%, superati dai Liberaldemocratici con il 25 e dai Conservatori,
saliti al 44%. Nel tardo pomeriggio si conoscerà il risultato nella capitale Londra.
Stefano Leszczynski ha intervistato il prof. Antonio Varsori,
docente di Storia delle Relazioni Internazionali presso la facoltà di Scienze Politiche
di Firenze ed esperto di Gran Bretagna:
R. -
Prima di tutto perché rappresenta una sorte di fine di un’era, naturalmente l’era
del New Labour e di un predominio laburista incontrastato che – non dimentichiamo
– è durato più di un decennio.
D. - Quali sono i
punti sui quali i laburisti hanno probabilmente fallito in Inghilterra?
R.
- Ci sono alcune ragioni contingenti che sono legate, ad esempio, alla situazione
economica. Ci sono alcune ragioni, se vogliamo, di carattere personale: Gordon Brown,
che è il primo ministro da quando Blair ha lasciato la carica, non sembra essere stato
in grado di acquisire – se vogliamo dire così – quella presa e quel consenso sull’opinione
pubblica che Blair ha avuto invece per lungo tempo. C’è poi un altro aspetto che,
probabilmente, non va trascurato e che è quello di una stanchezza di fondo dell’opinione
pubblica e di una volontà di cambiamento.
D. - Insomma,
era da tempo che anche i sondaggi sulla politica britannica davano una grande percentuale
per i nostalgici della Thatcher. Ci sarà spazio per un personaggio simile nell’Inghilterra
del futuro?
R. - La memoria della Thatcher è una
memoria molto contrastata, nel senso che in tutta la Gran Bretagna rappresenta ancora
la personalità che ha un posto indiscusso nel Welfare State, che ha messo in un angolo
i sindacati. C’è, certo, una ripresa dei conservatori, anche se sono dei conservatori
diversi.
Iraq Aerei militari turchi hanno
bombardato nel nord dell'Iraq basi appartenenti al movimento separatista curdo PKK.
Lo riferisce l'agenzia di Stato turca "Anadolu" precisando che l'area interessata
dall'operazione è quella di Qandil. A quanto affermato dall'agenzia, i jet di Ankara
hanno effettuato diversi raid, a partire da pochi minuti prima di mezzanotte.
Medio
Oriente Ehud Olmert è stato interrogato oggi per un'ora e mezzo nella propria
residenza di Gerusalemme da investigatori della polizia israeliana incaricati di far
luce su una vicenda avvenuta prima che egli assumesse la carica di primo ministro.
Appelli al premier Ehud Olmert affinchè si autosospenda fino a quando la sua posizione
sarà stata chiarita dalla polizia sono stati lanciati da due deputati della opposizione:
Zahava Galon (Meretz, sinistra sionista) ed Aryeh Eldad, della destra nazionalista.
Anche la parlamentare laburista Shelly Yehimovic ha espresso una posizione analoga.
Fra quanti puntano un dito accusatorio nei confronti del premier figura il giornalista
investigativo Yoav Yitzhak, che nei giorni scorsi è stato il primo a riferire di importanti
sviluppi nelle indagini della polizia circa le attività di Shula Zaken, 'braccio destro'
di Olmert da molti anni, da quando ancora fungeva da ministro per l'Industria e del
Commercio. Yitzhak sostiene che in quel ministero la polizia ha trovato documenti
che avallerebbero il sospetto che Olmert abbia usato il proprio ascendente per far
approvare un controverso progetto edile nella via Cremieux di Gerusalemme, dove il
primo ministro ha acquistato un elegante appartamento. Yediot Ahronot sostiene invece
che Olmert avrebbe ricevuto per un periodo prolungato ingenti somme di denaro da un
uomo d'affari statunitense che ha attività in Israele. Costui, secondo il giornale,
si trova adesso in Israele e coopera con la polizia.
Diplomazia e conflitto
israelo - palestinese Il Quartetto per il Medio Oriente (ONU, UE, USA e Russia)
ha chiesto oggi a Israele di congelare la costruzione di nuova colonie in Cisgiordania.
Lo ha dichiarato il segretario generale dell'ONU, Ban Ki-moon al termine di un incontro
del Quartetto a Londra.
Esplosione in una moschea nello Yemen Secondo
il governatore di Saada, la città yemenita che ospita la moschea dove è avvenuta stamane
una violenta esplosione, le persone morte sarebbero 6 e 35 quelle rimaste ferite.
Fonti mediche, invece, hanno parlato di un centinaio di persone, tra morti e feriti,
giunte in ospedale.
Libano Il segretario generale della Lega Araba,
Amr Mussa, è stato ricevuto stamani a Beirut, per la seconda volta in 24 ore, dal
presidente del Parlamento libanese Nabih Berri per discutere della crisi politico-istituzionale
che paralizza il Paese da un anno e mezzo. Mussa è giunto a Beirut ieri per partecipare
al forum economico interarabo, ma nell'agenda della sua missione spiccano gli appuntamenti
con i principali leader della maggioranza parlamentare antisiriana, appoggiata da
USA e Arabia Saudita, e quelli dell'opposizione, guidata dal movimento sciita Hezbollah,
sostenuto da Iran e Siria. Il Libano è senza presidente della Repubblica dal novembre
scorso e per diciotto volte il Parlamento non è riuscito a riunirsi per eleggere il
nuovo capo dello Stato a causa del boicottaggio dell'opposizione. L'opposizione, di
cui Berri è uno dei leader, chiede che oltre all'elezione del presidente della Repubblica,
si raggiunga un accordo con la maggioranza anche sull'elaborazione di una nuova legge
elettorale e sulla formazione di un governo di unità nazionale in cui l'opposizione
abbia il diritto di veto. Nel suo discorso di apertura del forum economico interarabo,
Mussa ha ribadito che “l'attuale vuoto di potere lascia il Libano esposto ai venti
dell'instabilità” e che “tutti i leader politici libanesi si devono assumere le loro
responsabilità nell'eleggere quanto prima il nuovo presidente della Repubblica”.
Tibet Due
emissari tibetani del Dalai Lama dovrebbero arrivare in Cina domani per incontri con
responsabili cinesi sulla crisi in Tibet. Lo ha annunciato un portavoce del governo
tibetano in esilio in India. Lodi Gyaltsen Gyari e Envoy Kelsang Gyaltsen sono i due
inviati del Dalai Lama che domani a Pechino avranno “colloqui informali” con le autorità
cinesi. Chhime R. Chhoekyapa, segretario del Dalai Lama, ha detto che gli inviati
nella visita, che si annuncia breve, discuteranno della situazione corrente nelle
aree tibetane. “Essi - riferisce Chooekyapa - esprimeranno la preoccupazione del Dalai
Lama circa la gestione da parte delle autorità cinesi della situazione in Tibet e
forniranno dei suggerimenti per portare pace nella regione”. “I due inviati sono autorizzati
a trovare una soluzione soddisfacente al problema tibetano, dal momento che la Cina,
dice Chhoekyapa, “ha espresso sia pubblicamente che ai governi del mondo la sua posizione
sulla continuazione del dialogo”. Intanto, secondo il governo tibetano in esilio,
in un comunicato apparso sul loro sito web ufficiale, la polizia cinese brucerebbe
in Tibet i corpi dei tibetani morti durante i moti di Lhasa cominciati lo scorso 14
marzo. Secondo il comunicato, il 28 marzo circa 83 corpi sono stati bruciati nel crematorio
elettrico nella città di Dhongkar Yabdha, nel distretto di Toelung Dechen, che rientra
sotto la municipalità di Lhasa. Il motivo - viene denunciato nel documento - sarebbe
stato quello di “pulire interamente dall'interno ogni prova relativa alle recenti
proteste in Tibet”. Il comunicato riferisce di testimoni che hanno visto diversi corpi
di tibetani morti durante gli scontri caricati e portati in due camion dell'esercito
nella parte orientale di Lhasa. Altri testimoni hanno riferito di altri camion visti
in diverse parti dei dintorni di Lhasa. Il comunicato denuncia che molti tibetani
rimasti feriti durante gli scontri, trasportati al Peoplès Hospital, sono morti e
stanno ancora morendo senza cure. A proposito di Tibet nelle ultime ore il presidente
americano George W. Bush ha dato il benvenuto all’intenzione espressa dalla Cina di
avviare il dialogo con i dirigenti tibetani, ma ha affermato che dovranno essere “colloqui
di sostanza”.
Birmania Il presidente americano George W. Bush ha
annunciato oggi nuove sanzioni economiche contro la Birmania. Le misure intendono
colpire una serie di imprese birmane che operano nel campo delle pietre preziose “sfruttando
il lavoro della gente schiacciata dalla oppressione” i cui proventi “vanno ad arricchire
i generali”. Bush ha detto di avere ordinato il congelamento dei beni di queste imprese
“che costituiscono una fonte importante di finanziamento” per la giunta militare birmana.
Zimbabwe Il
principale partito di opposizione dello Zimbabwe respingerà i risultati della Commissione
elettorale sul primo turno delle elezioni presidenziali del 29 marzo scorso, che non
attribuiscono la maggioranza assoluta a nessuno dei due candidati. Lo ha riferito
oggi un portavoce del partito di opposizione. Il servizio di Giada Aquilino:
È ancora
in corso ad Harare la riunione della Commissione elettorale con i rappresentanti del
Movimento per il cambiamento democratico di Tsvangirai e i fedelissimi del presidente
Mugabe. Ieri la stessa Commissione aveva annunciato che l’opposizione nel primo turno
del 29 marzo scorso aveva conquistato il 47,9% dei voti, contro il 43,2% di Mugabe.
Ma il Movimento per il cambiamento democratico contesta tale risultato, rivendicando
il 50,3% dei suffragi a favore del proprio leader e sottolineando quindi che un secondo
turno elettorale non è necessario proprio per la disfatta dello Zanu-PF, che deteneva
la maggioranza alla Camera dei deputati dall’indipendenza dell’ex territorio britannico
nel 1980. Di fronte alla crisi innescatasi in Zimbabwe dalla fine di marzo, il Consiglio
di Sicurezza dell’ONU si è riunito in settimana per esaminare l’ipotesi di mandare
un inviato delle Nazioni Unite nel Paese africano, così come chiesto dall’opposizione
di Tsvangirai, appoggiata dagli Stati Uniti. Il Movimento per il cambiamento democratico
ha anche accusato le autorità di Harare di aver lanciato una campagna intimidatoria,
con un bilancio di almeno 20 vittime. Mugabe ha però respinto ogni accusa.
Georgia La
Georgia ha chiesto che l'ONU mandi ulteriori osservatori in Abkhazia, regione separatista
filorussa dove il recente aumento delle sue forze di pace russe, completato oggi,
ha rinfocolato le tensioni con Tbilisi e suscitato le preoccupazioni dell'Occidente:
lo riferisce l'agenzia Interfax, citando il vice premier Giorgi Baramidze. “È essenziale
per la Georgia che ci siano più osservatori internazionali possibili in Abkhazia per
controllare le attività dei cosiddetti peacekeeper russi”, ha dichiarato Baramidze.
“In relazione agli ultimi sviluppi, i peacekeeper russi sono diventati una parte in
conflitto e non possono in alcun modo essere considerati come mediatori esterni e
imparziali”, ha proseguito. “Sosteniamo un aumento del numero degli osservatori internazionali
e non farà differenza se sarà nel formato ONU o OSCE” (Organizzazione per la sicurezza
e la cooperazione in Europa), ha aggiunto, auspicando una missione di inchiesta che,
a suo avviso, “potrebbe portare a cambiare il formato dei peacekeeper a sostituire
quelli russi con una forza internazionale”. Attualmente ci sono 300 osservatori internazionali
e 3000 peacekeeper russi nella zona di conflitto georgiano-abkhaza. Secondo alcuni
osservatori, la mossa di Mosca potrebbe essere legata all'aspirazione di Tbilisi ad
entrare nella NATO ma anche alle difficoltà frapposte all'ingresso della Russia nel
WTO, l'organizzazione per il commercio mondiale. Obiettivo, quest'ultimo, per il quale
a Mosca manca solo il "disco verde" di Georgia e Arabia Saudita.
Bolivia Il
presidente boliviano Hugo Chavez ha approfittato ieri della Festa dei lavoratori per
annunciare una serie di nuove nazionalizzazioni che riportano sotto l'ombrello dello
Stato varie aziende petrolifere di capitale straniero e il principale operatore nelle
telecomunicazioni, Entel, controllato dall'italiana Telecom. “Entel torna oggi in
mano al popolo boliviano”, ha detto Morales alla folla riunita nella piazza principale
di La Paz, poco dopo aver firmato un accordo con la multinazionale ispano argentina
Repsol YPF, attraverso il quale ha acquistato il pacchetto di controllo della Petrolera
Andina, che ora sarà gestita dalla Yacimientos Petroliferos Fiscales Bolivianos (YPFB).
Morales ha precisato che si è visto forzato a prendere controllo di Entel per decreto,
perchè “abbiamo provato a negoziare, abbiamo provato a dialogare con Euro Telecom
International (Telecom), ma disgraziatamente non abbiamo trovato da parte loro nessuna
volonta”'. Inoltre, il presidente boliviano ha annunciato aver nazionalizzato per
decreto le aziende Chaco (filiale di British Petroleum), Transredes (filiale dell'olandese
Shell) e la Compania Logistica de Hidrocarburos (CLBH), controllata da capitali tedeschi
e peruviani. Con queste nazionalizzazioni, il governo di Morales ha praticamente completato
la sua promessa di riportare sotto controllo dello Stato le aziende del settore energetico
privatizzate negli anni '90 dal governo di Gonzalo Sanchez de Lozada. “I servizi di
base non possono essere privati”, ha sottolineato il presidente boliviano, che ha
lanciato un appello ai governi del mondo intero “perchè assicurino che i servizi di
base, come l'acqua, l'energia, le telecomunicazioni, siano considerati diritti umani”.
(Panoramica internazionale a cura di Fausta Speranza)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 123 E'
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