Appello della Chiesa in Calabria contro la 'ndrangheta: i giovani restino nella loro
terra per cambiarla
Non si ferma la guerra della 'ndrangheta in Calabria: un imprenditore ittico, Gino
Benincasa, è stato ucciso a colpi d'arma da fuoco nella notte a Lamezia Terme. L'uomo
era stato consigliere del Partito socialista all'epoca in cui il Comune fu commissariato
per infiltrazioni mafiose. L’assassinio segue le numerose violenze di questi ultimi
giorni, come l’attentato che ha dilaniato un altro imprenditore a Gioia Tauro. Un
appello a scrivere una nuova pagina per Gioia Tauro e tutta la Calabria è stato lanciato
da mons. Pino de Masi, vicario generale della diocesi di Oppido Mamertina-Palmi
e referente dell'associazione "Libera". Fabio Colagrande lo ha intervistato:
R. –
Non sono giorni belli per la Calabria. Credo che se è forte in questo momento la presenza
della ‘ndrangheta, più forte deve essere la presenza dell’istituzione e della società
civile. Per quanto mi riguarda io ho fatto un appello in cui mi sono rivolto direttamente
ai giovani che già purtroppo hanno scelto la strada della mafia, in cui ricordo loro
che noi possiamo vincere questa battaglia contro la mafia se anche loro si mettono
insieme a noi a costruire una pagina nuova per la Piana di Gioia Tauro. Noi, in questi
anni, abbiamo lavorato parecchio a Gioiatauro: sia Libera, sia la comunità ecclesiale.
Non dimentichiamoci che a Gioia Tauro è nata la prima cooperativa in Calabria che
lavora sui beni confiscati. Nonostante le intimidazioni i ragazzi della cooperativa
stanno andando avanti non solo a lavorare e a fare azienda, ma stanno andando avanti
nel progetto di educazione alla legalità. I beni confiscati ormai sono mete di scolaresche,
di gruppi di giovani per i campi di lavoro, da tutta Italia e finalmente anche dalla
Calabria. Credo che la resistenza civile nasca proprio dalla capacità di educare le
nuove generazioni.
D. – Anche nella Piana di Gioia
Tauro i giovani credono più nella ‘ndrangheta che nello Stato?
R.
– Fino a poco tempo fa purtroppo dovevamo dire che credevano più nella ‘ndrangheta.
Da qualche tempo a questa parte sono moltissimi i giovani che credono invece nello
Stato, ma credono soprattutto in loro stessi, cioè nella loro capacità di poter lavorare,
di poter cambiare questa terra. Non a caso lo slogan che sta accompagnando tutti questi
giovani è uno slogan molto, molto forte: cambiare per restare, restare per cambiare.
Cambiare noi, cambiare dal di dentro, lasciarci da parte la mentalità mafiosa per
restare in Calabria e restare in Calabria per cambiarla. Lo Stato è presente in Calabria.
Forse, dobbiamo migliorare la presenza e soprattutto i rapporti con i cittadini. Non
dobbiamo vedere solo la presenza dello Stato in termini repressivi, ma dobbiamo anche
vedere la presenza dello Stato in termini promozionali, in termini di servizi sociali,
in termini di una sanità sana. Allora credo che il lavoro più forte sia quello di
tagliare questa connivenza con spezzoni della politica e della ‘ndrangheta.
D.
– Quanto è importante ribadire che l’affiliazione alla mafia è incompatibile con la
fede cattolica?
R. – E’ importantissimo e credo che
nel nostro territorio qualcosa sia cambiato seriamente nel momento in cui sulla statale
111 di Gioia Tauro un palazzo di una cosca è diventato centro di accoglienza Caritas
ed è diventato sede dell’istituto di scienze religiose della diocesi. Un terreno ancora
più avanti, sempre sulla statale 111, è diventato sede di una struttura che ospita
una nuova parrocchia. Questi sono stati segnali forti, che stanno facendo capire alla
gente che non è possibile conciliare mafia, ‘ndrangheta e Vangelo. La mafia e la ‘ndrangheta
sono peccato. Essere dalla parte della ‘ndrangheta significa essere contro il Vangelo.
Questo è bene che tutti lo sappiano. Noi ci stiamo sforzando di lavorare in questo
senso. Ecco perché chiediamo a tutti i cristiani di scegliere da che parte stare:
dalla parte del Vangelo o dalla parte della ‘ndrangheta.