Al via la task force ONU contro la fame nel mondo: il commento delle ONG
La crisi alimentare globale, che minaccia centinaia di milioni di persone, sembra
ancora lontana da una soluzione positiva. Per questo, il segretario generale dell’ONU,
Ban Ki-moon, ha annunciato ieri la creazione di un nuovo organismo, una sorta di task
force per raccogliere almeno due miliardi e mezzo di dollari e rispondere all’impennata
dei prezzi dei generi alimentari. La principale emergenza è rappresentata dai 75 milioni
di sfollati che vivono nelle aree di crisi con gli aiuti alimentari internazionali.
Per queste persone non sembra comunque possibile una soluzione diversa da quella dell’assistenza
umanitaria. E’ quanto conferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, Sergio
Marelli, presidente dell’Associazione delle ONG italiane:
R.
– Penso che per questa popolazione di sfollati che vivono nei campi, bisogna essere
molto realisti: non c’è altra soluzione che quella di continuare con gli aiuti alimentari.
Discorso completamente diverso, invece, è per il resto della popolazione che vive
nei propri luoghi di origine e che si vede molto colpita da questa emergenza alimentare:
in questo caso, occorre assolutamente un cambio radicale significativo, quanto meno
delle politiche agricole e commerciali decise a livello internazionale e a livello
mondiale. Fino ad oggi, queste politiche sono state essenzialmente orientate da due
grandi obiettivi: il primo è stato quello di mettere a coltura soprattutto i terreni
più fertili per degli alimenti di esportazione e che, quindi, tornano poi sulle tavole
dei Paesi industrializzati. Il secondo obiettivo è stato quello della promozione delle
produzioni delle grandi multinazionali dei Paesi ricchi.
D.
– Oltre a piani di intervento immediati, all’ONU spetta anche il difficile compito
di mediare tra i sostenitori del protezionismo e quelli, invece, in favore dell’apertura
dei mercati. E’ questa una mediazione possibile?
R.
– Più che una mediazione, penso sia un’opera di convincimento rispetto ai fatti, che
ormai parlano chiaro: le politiche di liberalizzazione dei mercati e le politiche
di internazionalizzazione del commercio non hanno prodotto quei risultati che, secondo
alcuni, avrebbero dovuto comportare. Queste politiche hanno dimostrato la loro inefficacia.
Bisogna cambiare rotta, bisogna ritornare a proteggere i piccoli agricoltori e le
piccole agricolture.
D. – Come evitare in futuro
nuove speculazioni e rilanciare l’agricoltura soprattutto nei Paesi poveri?
R.
– Quello delle speculazioni è certamente un altro fattore che ha inciso molto nella
crisi alimentare. E’ una concausa tra le principali di questa emergenza. Noi da tempo
sosteniamo la necessità di regolamentare anche i mercati finanziari. L’agricoltura
è il nervo portante del reddito dei Paesi poveri, ma soprattutto è ancora oggi l’unica
soluzione per la sopravvivenza di centinaia di milioni di persone. Investire nell’agricoltura
è dunque la chiave di volta che potrà consentire, anche nel medio periodo, di affrontare
emergenze di questo tipo. Sicuramente consentirà di ingenerare uno sviluppo positivo
e, soprattutto sostenibile, per le popolazioni.