L'influenza di Internet nella società e l'annuncio del Vangelo nei media e nel web.
L'opinione di mons. Giordano dopo l'incontro in Vaticano dell'episcopato europeo
Quelli appena trascorsi, sono stati giorni di intensa attività internazionale per
l’arcivescovo Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
sociali. Il presule ha dapprima preso parte allo “European Communication Summit” svoltosi
a Bruxelles il 24 e il 25 aprile e quindi all’incontro annuale del Comitato esecutivo
della Commissione episcopale per i media (CCEM), terminato domenica scorsa in Vaticano
sul tema “La Cultura di Internet e la Chiesa”. Sulle tematiche affrontate da mons.
Celli nei due appuntamenti, il servizio di Alessandro De Carolis:
Come
si comunica la fede nel 21.mo secolo, in piena e crescente era della globalizzazione
mediatica? E’ la domanda sottintesa alla riflessione sviluppata da mons. Celli a Bruxelles,
nella prolusione del Summit al quale hanno partecipato professionisti europei di molti
settori della comunicazione. Parlando del “ritorno delle religioni, il capo dicastero
vaticano si è detto prima di tutto colpito dall’“idea negativa che la religione venga
associata al conflitto”. Credere in Dio, pur nella diversità dei cammini religiosi,
“deve disporre i credenti - ha affermato il presule - a guardare gli altri esseri
umani come fratelli e sorelle” e dunque, ha aggiunto, la differenza di credo non può
legittimare nessuno ad impugnarla come “pretesto per un atteggiamento aggressivo”
verso altri esseri umani”. Sottolineando poi che l’insegnamento cattolico, lungi dall’essere
fondamentalista, intende però mettere in guardia “dai pericoli del relativismo morale”,
mons. Celli ha detto: “La nostra preoccupazione generale nella comunicazione non è
dare una particolare angolazione, ma scoprire e comunicare la verità”. “Conoscerete
la verità e la verità vi farà liberi”, ha detto il presule citando una frase di San
Giovanni. Tale affermazione, ha concluso, “offre un aiuto e una guida per affrontare
la sfida odierna del lavoro nelle comunicazioni e nei media, una ricerca della verità
anche come modo per giungere alla comunione tra individui e popoli”.
Una
visione dall’interno del panorama mediatico ecclesiale è stata invece offerta da mons.
Celli nei giorni successivi, durante l’annuale incontro della Commissione di esperti
facente parte del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (CCEE). Partendo
dall’analisi sui condizionamenti che il sistema reticolare e capillare indotto da
Internet sta avendo sui rapporti sociali e interpersonali, specie fra i giovani -
ad esempio, la definizione di valore, che non è più data da un adulto ma da una rete
di pari - mons. Celli ha riflettuto sui modi in cui la Chiesa può annunciare e diffondere
con efficacia e autorevolezza i valori del Vangelo all’interno del web e dei media
in genere. Formazione, maggiore e meglio articolata diffusione di programmi, apertura
a nuove forme di presenze audiovisive di "respiro internazionale" sono stati alcuni
dei punti segnalati da mons. Celli, che ha concluso: “I media cattolici devono essere
una presenza, una compagnia costante, una proposta per queste persone in cerca di
Dio”. “Dobbiamo evitare di cadere nell’autoreferenzialità e di parlare solo da cattolici
a cattolici dimenticando le persone che non fanno parte delle nostre comunità e che
sono in ricerca”.
All'incontro in Vaticano su Chiesa
e Internet era presente anche il segretario del Consiglio delle Conferenze episcopali
d'Europa, mons. Aldo Giordano, che al microfono di Luca Collodi si sofferma
con una riflessione sulle potenzialità e le caratteristiche della "rete". Ascoltiamo:
R. -
Questo spazio è uno spazio alternativo agli altri media, agli altri colossi mediatici,
che di solito dominano la scena. Creano anche una cultura alternativa. Noi vorremmo
studiare come Internet sta influenzando la società, come influenza anche la Chiesa
e, soprattutto, come la Chiesa è chiamata sia ad essere presente in questo spazio
di comunicazione: quali possano essere i rischi di questo spazio e come far sì che
sia uno spazio costruttivo e positivo.
D. - Si parla
molto dell’influenza di Internet sulla società. Ma come viene utilizzato il web, all’interno
della Chiesa, tra i vescovi, i sacerdoti?
R. - Si
stanno creando delle pagine Internet presso tutte le diocesi, tutte le Conferenze
episcopali e ormai anche presso le parrocchie. Qualche parroco comincia a dirci che
sono più numerosi i visitatori della sua pagina Internet che non quelli che visitano
la Chiesa la domenica o quelli che cercano un altro contatto. Il nostro problema è
che questo spazio non sostituisca i rapporti personali, ma che sia strumentale poi
ad un rapporto tra volti, ad un rapporto tra persone. Noi crediamo che il cristianesimo
abbia nel rapporto interpersonale il suo luogo privilegiato e la fede va trasmessa
di persona in persona e va trasmessa dove c’è una vera esperienza comunitaria. Capiamo,
però, che Internet può essere il luogo di un primo annuncio della fede, un luogo dove
si suscitano domande, un luogo dove si può prendere contatto e che quindi è strumentale
ad uno spazio più maturo di evangelizzazione.
D.
- Mons. Giordano, Internet si inserisce in un panorama mediatico più complesso, con
la tv, la radio e i giornali. C’è però la sensazione che la Chiesa non sia sempre
pronta ad un utilizzo efficace dei media...
R. -
Da una parte, direi che la Chiesa è anzitutto molto interessata al mondo dei media,
perché la Chiesa è una realtà universale. La Chiesa, siccome nasce dal cristianesimo,
crede nella fratellanza universale, crede addirittura alla famiglia mondiale. Quindi,
sa che oggi lo strumento forse privilegiato per creare legame mondiale, creare globalità,
sono proprio i media. Quindi, la Chiesa ha molto interesse per i mezzi di comunicazione,
perché sente che essi sono uno strumento molto vicino alla propria vocazione di cattolicità,
alla vocazione di universalità. D’altronde, i media esigono o hanno alle spalle dei
potentati finanziari talmente grandi che la Chiesa si sente inadeguata, perché non
ha queste possibilità. Allora, la Chiesa cerca delle strade che in qualche maniera
siano anche più povere, ma altrettanto efficaci. Quindi, come dicevamo, ciò che riguarda
il rapporto personale o dei media resi più umanizzati. La Chiesa deve attrezzarsi
e credo che la collaborazione europea che noi vogliamo intensificare sia una delle
strade per far sì che i media diventino veramente portatori di un’idea di uomo, di
persona umana positiva, e contribuiscano alla convivenza tra i popoli e le culture.
D.
- I media cattolici possono fare compagnia, intrattenimento ?
R.
- Certamente, oggi noi, per esempio in Europa, registriamo che c’è una grossissima
domanda di senso di vita, perchè c’è una crisi sulla domanda di senso di vita, c’è
una grossissima domanda di spiritualità, come c’è una domanda di festa, c’è una domanda
di amore, c’è una domanda di gioia, c’è una domanda di compagnia. Questa la troviamo
tra i giovani e anche i non giovani. Quindi, su questa domanda noi possiamo inserirci.
Far vedere attraverso i media che esiste una verità, che esiste un senso della vita,
che esiste un bene e che esiste una bellezza. Credo che sia la maniera più grande
che abbiamo per far vedere che questi desideri dell’uomo non sono senza oggetto.