2008-04-22 14:54:06

L'Istituto Regina Elena di Roma, da sempre impegnato nella lotta contro il cancro, ha celebrato i 75 anni dalla sua fondazione


L'Istituto Regina Elena di Roma ha celebrato, ieri, i 75 anni dalla sua fondazione. Da sempre impegnata con successo nella lotta contro il cancro, questa struttura ha agito in prima linea, portando il proprio contributo alla ricerca scientifica con nuove acquisizioni chirurgiche e farmacologiche. Ma oggi come si può definire l'Istituto Regina Elena? Salvatore Sabatino lo ha chiesto al prof. Giuseppe Petrella, presidente del Consiglio d’Indirizzo e verifica degli Istituti fisioterapici ospitalieri, ente che gestisce l’Istituto nazionale Regina Elena e l’Istituto dermatologico San Gallicano:RealAudioMP3


R. – Quello che io rappresento in questo momento è un grande istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, in quanto ogni giorno, ieri come oggi - sono trascorsi ben 75 anni - persegue l’eccellenza; l’eccellenza nella ricerca, l’eccellenza nell’assistenza e nell’organizzazione. Tutto questo mettendo al centro della nostra attenzione la persona ammalata di cancro. Ogni giorno sono circa 1000 le persone occupate nella nostra istituzione tra medici, infermieri, tecnici, amministrativi e anche tanti e tanti volontari; e tutti siamo al servizio dei pazienti e dei loro familiari.

 
D. – Per il futuro cosa vi attendete, cosa sperate per la vostra struttura?

 
R. – Come per qualsiasi struttura che si interessi di cancro, nel futuro ci aspettiamo che non ci sia più il cancro e noi tutti quanti lavoreremo per raggiungere questo obiettivo. Nella fase attuale, molti sono i punti strategici da sviluppare: partirà tra poco la rete oncologica regionale, realizzata in collaborazione con la regione Lazio, con l’Agenzia di Sanità pubblica della Regione, con l’Istituto Superiore di Sanità e con il Ministero della Salute. Un punto essenziale per realizzare un piano di sinergie che siano clinico-assistenziali, di formazione e di ricerca. E l’Istituto Regina Elena è il centro di riferimento di questa grande organizzazione che sarà la rete oncologica regionale.

 
D. – Lei ha messo in primo piano il rispetto e la centralità del paziente. E’ difficile sviluppare questo concetto nel concreto?

 
R. – Negli ultimi anni, purtroppo, c’era stata una frattura tra l’oncologo ed il paziente perché il paziente, alcune volte, proprio in un ambito di distorsione psicologica, veniva indicato con un numero; invece il paziente ha un nome, un cognome, tutta la sua storia alle spalle. Pensiamo che l’umanizzazione sia la cosa più importante tanto più per un paziente che è affetto da un male che oggi è curabilissimo. Ci tengo a sottolineare questo anche se il paziente ha un percorso difficile da affrontare: quello di conoscere la diagnosi, di decidere le terapie, la chirurgia, la radioterapie, la chemioterapia. E questa persona, questo essere umano, deve essere accompagnato, come dico io, per mano in questo percorso per farlo uscire dal tunnel, per rivedere il sole che sembra la cosa più bella.







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