Giornata mondiale della Terra. Mons. Crepaldi: il mondo è minacciato dall'egoismo
Si celebra oggi la Giornata mondiale della Terra, giunta alla 38.ma edizione ed incentrata
quest'anno sul tema “Proteggi i nostri bambini e il nostro futuro”. Quest’anno, sono
oltre 12 mila gli organizzatori mobilitatisi per promuovere, in 174 Paesi, eventi
e manifestazioni sui temi della tutela dell’ambiente. Tutte le iniziative ricordano
che ogni persona può diventare protagonista assumendo un atteggiamento consapevole
e riconoscendo l’importanza del proprio ruolo per la difesa del pianeta. Il servizio
di Amedeo Lomonaco:
Era il
22 aprile 1970 quando, rispondendo ad un appello lanciato dal senatore statunitense
Gaylord Nelson, oltre 20 milioni di cittadini americani si mobilitarono partecipando
ad una serie di manifestazioni in difesa dell’ambiente. Da allora, è diventato un
evento internazionale per promuovere la sostenibilità delle politiche di sviluppo.
I dati sulla salute della Terra sono allarmanti: nel 2007, sono state rilasciate nell’atmosfera
8 miliardi di tonnellate di anidride carbonica. A preoccupare, sono anche lo scioglimento
di grandi ghiacciai, l’innalzamento del livello dei mari, l’incremento delle precipitazioni
nell’emisfero nord e l’aumento della siccità in diversi Paesi del sud del mondo. La
coltivazione di biocombustibili, sempre più diffusa, toglie inoltre terra al grano
e al riso compromettendo le risorse alimentari. Secondo l’ultimo rapporto della FAO,
il 60 per cento dei servizi forniti all’uomo attraverso acqua, cibo e pesca sono degradati
o utilizzati in modo insostenibile. La risposta a questo progressivo deterioramento
passa anche attraverso un più consapevole e responsabile comportamento individuale.
Utilizzando le parole del pioniere dell’ecologia moderna, Barry Commoner, la Giornata
mondiale della Terra è un giorno in cui “l’uomo, in qualche modo, fa pace con il pianeta
su cui vive”.
Ma come abbinare comportamenti individuali
responsabili ad una visione cristiana per salvaguardare l'ambiente? Risponde, al microfono
di Amedeo Lomonaco, il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, il vescovo
Giampaolo Crepaldi:
R. -
La partita, al giorno d’oggi, viene giocata proprio a questo livello di confronto
tra prospettive etico-culturali molto diverse, che implicano anche successivamente
scelte politiche, economiche. Implicano anche comportamenti individuali molto diversi.
In una prospettiva cristiana, la terra va sempre considerata come una creatura di
Dio. Quindi, deve essere coltivata ma anche custodita. Deve essere coltivata senza
uno sfruttamento dissenato.
D. - Allargando l’orizzonte
ai macro-sistemi, come ricomporre - anche alla luce degli insegnamenti della Chiesa
- le distanze tra Nord e Sud del pianeta, tra le esigenze industriali e gli equilibri
della terra?
R. - Se si vuole sapientemente cominciare
ad uscire da questa impasse in cui ci si trova oggi, bisogna avviare delle
politiche di cooperazione internazionale tra il Nord e il Sud. Mi sembra che il problema
di fondo risieda nella poca fiducia nei riguardi di queste tematiche.
D.
- Negli ultimi anni, comunque, la consapevolezza di gravi pericoli per l’ambiente,
ha alimentato una nuova coscienza ambientale sia nell’opinione pubblica sia nei governi.
Questa convergenza, che spesso supera confini e divisioni politiche, può essere decisiva
in futuro?
R. - Io non so se sarà decisiva. Comunque,
certamente questa coscienza è da registrare come un fatto positivo. Voglio qui fare
un riferimento molto preciso agli insegnamenti di Benedetto XVI: basta prendere in
mano il messaggio per la Giornata mondiale per la pace intitolato “La famiglia umana,
comunità di pace”. Ad un certo punto, il Papa scrive: “La Terra va coltivata, da una
parte, ma va anche custodita”.
D. - E, seguendo queste
indicazioni, quali nuove sfide si pongono per l’evangelizzazione e per la missione
della Chiesa in un mondo minacciato dai cambiamenti climatici?
R.
- Il mondo è minacciato soprattutto dall’egoismo, da una certa "economia-canaglia".
Direi ci debba essere un soprassalto a livello di responsabilità politica generale,
della comunità internazionale ma anche dei singoli Stati. Ci deve essere anche una
ripresa dei temi della solidarietà internazionale.