Storico discorso di Benedetto XVI all'ONU: pace e giustizia nel mondo se i diritti
umani non sono indeboliti dal relativismo ma sono validi per tutti i tempi e tutti
i popoli
L’Organizzazione delle Nazioni Unite come “centro morale, in cui tutte le nazioni
del mondo si sentano a casa loro, sviluppando la comune coscienza di essere una famiglia
di nazioni”. Cosi Benedetto XVI si è rivolto ieri all’Assemblea generale dell’ONU,
dove è stato ricevuto dal segretario generale Ban Ki-moon e dal presidente dell’Assemblea
generale, Kerim Srgjan, insieme ai rappresentanti delle 192 nazioni che ne fanno parte.
La visita del Papa è durata in tutto circa tre ore ed ha avuto come altri momenti
significativi un caloroso incontro con lo staff ed il personale dell’ONU, ed una breve
visita nella Stanza della Meditazione. Un luogo, come ha ricordato il segretario generale
Ban Ki-moon nel suo saluto al Papa, che pur non essendo una cappella perché l’ONU
non ha una religione ufficiale, vuole essere un riconoscimento a Dio che gli uomini
pregano con nomi diversi. Il servizio del nostro inviato, Pietro Cocco:
Il
desiderio della pace, la ricerca della giustizia, il rispetto della dignità della
persona, la cooperazione umanitaria e l’assistenza esprimono le giuste aspirazioni
dello spirito umano. Per questo la Chiesa e la Santa Sede vedono nelle Nazioni Unite
il luogo nel quale orientare la politica delle singole nazioni verso questi ideali.
Benedetto XVI ha esordito così, ieri, nel suo discorso alle Nazioni Unite, con il
quale ha elogiato anche il ruolo dell’ONU nel favorire una comune regolamentazione
nei rapporti tra gli Stati secondo regole internazionali vincolanti.
Viviamo
un tempo di crisi a livello mondiale, ha osservato il Papa, perché al posto di un
consenso multilaterale nel cercare la soluzione ai problemi, prevale la decisione
di pochi. Al contrario, questioni come la sicurezza, lo sviluppo, la riduzione delle
ineguaglianze, la protezione dell’ambiente, delle risorse e del clima richiederebbero
una capacità di azione congiunta e tempestiva.
Un
problema al quale ha fatto riferimento anche il segretario generale delle Nazioni
Unite, Ban Ki-moon, nel suo saluto introduttivo, sottolineando come ci sia una comunanza
di vedute con la Santa Sede su questi problemi. Anzi, pur non essendoci una religione
ufficiale all’ONU, ha aggiunto Ban Ki-moon, noi che vi lavoriamo spesso abbiamo un
linguaggio di fede e sentiamo il nostro lavoro come una missione. E rivolto al Papa
ha detto: la nostra missione comune ci unisce.
Un
pensiero condiviso anche dal presidente dell’Assemblea generale, Kerim Srgjan, che
ha ricordato l’appoggio del Papa al dialogo tra le culture, le nazioni e i popoli.
E nel ringraziarlo per la sua visita all’ONU, che ricorda a ciascuno la missione nobile
di cui è investito, ha formulato a nome di tutti gli auguri di buon compleanno a Benedetto
XVI, ricordando anche la sua elezione al Soglio pontificio avvenuta il 19 aprile di
tre anni fa.
Il discorso del Papa, molto articolato,
si è quindi soffermato sui fondamenti necessari a garantire un effettivo rispetto
dei diritti umani e della dignità della persona umana, a partire dalla Dichiarazione
universale dei diritti dell’uomo, che festeggia quest’anno il 60.mo anniversario.
Gli
effetti della mancanza di rispetto delle regole e della solidarietà, ha osservato
il Papa, si vedono soprattutto nelle regioni più deboli del pianeta, dove si sperimentano
gli effetti negativi della globalizzazione come nel caso di quei Paesi dell’Africa
e di altre regioni del mondo che rimangono ai margini di uno sviluppo integrale.
Ma
l’altro elemento tipico dell’azione dell’ONU, sottolineato dal Papa, è la necessità
del rispetto delle regole, che deve essere sentito da tutti non come una limitazione
della libertà, ma come un aiuto alla realizzazione del bene comune. La libertà infatti
coinvolge il legame tra diritti e doveri. Penso, ha detto Benedetto XVI, al modo in
cui i risultati delle scoperte della ricerca scientifica e tecnologica sono stati
talvolta applicati:
“Tout en reconnaissant les
immens bénéfices que l’Humanité peut… ”Nonostante gli enormi benefici
che l’umanità può trarne, alcuni aspetti di tale applicazione rappresentano una chiara
violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in cui non soltanto viene contraddetto
il carattere sacro della vita, ma la stessa persona umana e la famiglia vengono derubate
della loro identità naturale”.
Altro fondamento che costituisce la
base dei diritti umani è il riconoscimento dell’unità della famiglia umana e l’attenzione
alla dignità di ogni uomo e donna, quello che il Papa ha chiamato oggi il “principio
di responsabilità”. Significa che se gli Stati non sono in grado di garantire la protezione
della popolazione da violazioni gravi dei diritti umani, la comunità internazionale
deve intervenire con i mezzi giuridici previsti dalla Carta delle Nazioni Unite e
da altri strumenti internazionali, senza che questo significhi limitarne la sovranità.
Al contrario, è l’indifferenza o la mancanza di intervento che recano un danno reale
ai popoli.
Al tempo stesso il Papa ha esortato a cercare nuove vie per prevenire
e controllare i conflitti, in grado di esplorare ogni possibile via diplomatica. E
soprattutto di prestare attenzione ed incoraggiamento anche ai più flebili segni di
dialogo o di desiderio di riconciliazione.
Terzo punto richiamato da Benedetto
XVI, è il riferimento al significato della trascendenza e della ragione naturale,
perché il rispetto dei diritti umani non rimanga una vuota enunciazione di legalità.
Non basta infatti un approccio pragmatico, un terreno comune minimale per garantire
la dignità dell’uomo e i suoi diritti:
“Détacher les droits humains de
ce contexte signifierait retreindre… Tali diritti sono basati sulla
legge naturale iscritta nel cuore dell’uomo e presente nelle diverse culture e civiltà.
Rimuovere i diritti umani da questo contesto significherebbe restringere il loro ambito
e cedere ad una concezione relativistica, secondo la quale il significato e l’interpretazione
dei diritti potrebbero variare e la loro universalità verrebbe negata in nome di contesti
culturali, politici, sociali e persino religiosi differenti”.
Alla
base della Dichiarazione universale, frutto di una convergenza di tradizioni religiose
e culturali diverse, c’è la convinzione della “universalità, indivisibilità e interdipendenza
dei diritti umani”. La loro promozione, ha osservato il Papa, è la strategia più efficace
per eliminare le disuguaglianze sociali, come pure per aumentare la sicurezza. Contro
le pressioni di chi vorrebbe re-interpretare i fondamenti della Dichiarazione per
soddisfare semplici interessi utilitaristici, il Papa ha messo in guardia dal considerare
i diritti come semplici parti staccate tra loro, perché il soggetto è la persona umana.
Frammentarla, relativizzarla, significa indebolire la protezione dei suoi diritti.
“This intuition was expressed as early as the fifth century
by … “Questa intuizione fu espressa sin dal quinto secolo da Agostino
di Ippona, uno dei maestri della nostra eredità intellettuale, il quale ebbe a dire
riguardo al 'Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te' che tale massima
'non può in alcun modo variare a seconda delle diverse comprensioni presenti nel mondo'”
(De doctrina christiana, III, 14).
E’ vero invece che il dialogo dovrebbe
essere riconosciuto sempre più come il mezzo mediante il quale esprimere il proprio
punto di vista e costruire il consenso intorno alla verità riguardante valori e obiettivi
particolari. E’ proprio della natura delle religioni, ha insistito Benedetto XVI,
che esse possano condurre un dialogo di pensiero e di vita che porta grandi benefici
agli individui e alle comunità. Certo va tenuta distinta la dimensione del cittadino
da quella di credente, ma ovviamente i diritti umani debbono includere il diritto
di libertà religiosa:
“It is inconceivable, then, that beliervers should
have to suppress… “È perciò inconcepibile che dei credenti debbano
sopprimere una parte di se stessi – la loro fede – per essere cittadini attivi; non
dovrebbe mai essere necessario rinnegare Dio per poter godere dei propri diritti”. Non
si tratta semplicemente di garantire libertà di culto, ha specificato ancora il Papa,
ma di considerare la dimensione pubblica della religione e di dare la possibilità
ai credenti di fare la loro parte nella costruzione dell’ordine sociale.
In
definitiva, i diritti sono basati e modellati sulla sua natura trascendente, e riconoscere
questa dimensione significa sostenere la speranza dell’umanità in un mondo migliore.
(Dagli Stati Uniti, Pietro Cocco, Radio Vaticana)