La Chiesa del Kazakistan è stata ammessa nella federazione delle Conferenze episcopali
dell’Asia
La conferenza episcopale del Kazakistan è stata formalmente accettata come nuovo membro
della federazione delle Conferenze episcopali dell’Asia (FABC). E’ avvenuto – secondo
quanto riporta l’agenzia Zenit - durante l’incontro del comitato centrale della federazione,
in svolgimento a Bangkok fino a domani. In base a dati diffusi dalla FABC, il 60%
dei 15 milioni di abitanti del Kazakistan è costituito da musulmani sciiti e il 40%
da cristiani, per la maggior parte ortodossi. Nel Paese, con un’estensione di 2,71
milioni di chilometri quadrati, sono circa 250 mila i cattolici. La presenza della
Chiesa in Kazakistan è antichissima e risale al II secolo. Il sito internet dei vescovi
locali sottolinea che i primi cristiani furono i soldati romani fatti prigionieri
dopo una battaglia persa contro i Persiani. Nel quarto secolo esisteva nella zona
una sede episcopale, e, verso l’inizio del quinto secolo, c’era anche un monastero
melchita. Durante il XX secolo il leader sovietico Stalin ordinò la deportazione di
cattolici, soprattutto membri del clero, in campi di concentramento dell’Asia Centrale,
incluso il Kazakistan. Dopo la sua morte la maggior parte venne liberata e un certo
numero di presbiteri preferì rimanere in Kazakistan per aiutare a costruire la Chiesa
locale. Fu Giovanni Paolo II, in seguito al crollo dell’Unione Sovietica, a stabilire
nel 1991 l’amministrazione apostolica. Nel 1999 venne elevata la diocesi di Karaganda,
nel 2003 l’arcidiocesi di Astana e la diocesi di Almaty, mentre nel 1994 presero il
via le relazioni diplomatiche con la Santa Sede. (E. B.)