Benedetto XVI ai leader religiosi: comunanza di intenti, pur tra le differenze di
credo, per aprire il cuore del mondo alla pace. Gli auguri del Papa per la Pasqua
ebraica
Il mondo chiede con insistenza alle grandi religioni una “comune testimonianza” sui
valori della pace e della giustizia, e una risposta di verità ai grandi quesiti che
sono da sempre nel cuore degli uomini, senza che ciò pregiudichi la chiarezza dei
diversi percorsi spirituali. Per Benedetto XVI, è questa “l’enorme responsabilità”
dei leader religiosi del 21.mo secolo. Il Papa ne ha parlato a Washington, durante
l’incontro con i rappresentanti di altre fedi che ha chiuso, ieri pomeriggio, la seconda
giornata di impegni del suo viaggio apostolico negli Stati Uniti. Al termine, il Pontefice
ha consegnato ai membri della delegazione ebrea il proprio Messaggio di auguri per
la festa della Pasqua ebraica, che inizia domani. La cronaca dell’evento nel servizio
di Alessandro De Carolis:
(canti)
L’epoca
contemporanea preferirebbe fare a meno di Dio, ma la coscienza umana non riesce a
non chiedersi quale sia, in definitiva, lo scopo del suo essere sulla terra, se la
morte sia la fine di tutto, cosa voglia dire scegliere il bene e affrontare male.
Dunque, solo affrontando tali “questioni più profonde potremo costruire una solida
base per la pace e la sicurezza della famiglia umana”. Benedetto XVI ha portato ai
leader religiosi statunitensi il bagaglio delle proprie convinzioni su quale sia l’importanza
del dialogo interreligioso all’interno del mondo odierno, globalizzato e incline al
relativismo. Convinzioni già distillate nel Messaggio scritto per la Giornata mondiale
della pace di due anni fa e ribadite ieri al cospetto di circa 200 rappresentanti
appartenenti a comunità di ebrei, musulmani, indù, buddisti e giainisti, questi ultimi
seguaci di una antica dottrina indiana, basata sulla rinuncia e la reincarnazione.
Teatro dell’incontro, che ha chiuso la permanenza
di Benedetto XVI a Washington, è stato il “Pope John Paul II Cultural Center”, un
centro studi dedicato alla memoria di Papa Wojtyla voluto nel 1998 dall’allora arcivescovo
della capitale americana, il cardinale Joseph Adam Maida - attualmente a Detroit -
e inaugurato nel 2001. Nell’impostare la propria riflessione, Benedetto XVI è partito
da un cardine sul quale gli Stati Uniti hanno costruito la loro democrazia: la “possibilità
di render culto liberamente e in conformità alla loro coscienza”. La collaborazione
interreligiosa che ne è scaturita, nell’arco della storia americana, è un aspetto
per il quale il Papa ha espresso grande apprezzamento:
“Today,
in classrooms throughout the country… Oggi giovani cristiani, ebrei,
musulmani, indù, buddisti, e bambini di tutte le religioni nelle aule di tutto il
Paese siedono fianco a fianco imparando gli uni con gli altri e gli uni dagli altri.
Questa diversità dà luogo a nuove sfide che suscitano una più profonda riflessione
sui principi fondamentali di una società democratica. Possano altri prendere coraggio
dalla vostra esperienza, rendendosi conto che una società unita può derivare da una
pluralità di popoli – “E pluribus unum - da molti, uno” -, a condizione che tutti
riconoscano la libertà religiosa come un diritto civile fondamentale”. Purtroppo,
ha constatato il Pontefice, “tutelare la libertà religiosa entro la norma della legge
non garantisce che i popoli, in particolare le minoranze, siano risparmiate da ingiuste
forme di discriminazione e di pregiudizio”. Le “nuove sfide” per i leader religiosi
e i cittadini riguardano quindi il modo in cui questo diritto umano fondamentale viene
rispettato:
“As the grow in understanding
of one another… Nella misura in cui cresciamo nella comprensione gli
uni degli altri, vediamo che condividiamo una stima per i valori etici, raggiungibili
dalla ragione umana, che sono venerati da tutte le persone di buona volontà. Il mondo
chiede insistentemente una comune testimonianza di questi valori. Invito pertanto
tutte le persone religiose a considerare il dialogo non solo come un mezzo per rafforzare
la comprensione reciproca, ma anche come un modo per servire in maniera più ampia
la società”.
Un servizio che non ci esime, ha
ribadito ancora una volta Benedetto XVI, dalla “responsabilità di discutere le nostre
differenze”, all’interno di una “chiara esposizione delle nostre rispettive dottrine
religiose”. Ma è proprio in questo orizzonte di limpidezza che spicca l’“enorme responsabilità”
dei leader religiosi, in tema di rispetto per la vita e la dignità umane, di lavoro
per la pace e la giustizia, di insegnamento ai bambini di “ciò che è giusto, buono
e ragionevole”, in quest’ultimo caso grazie anche - ha soggiunto il Papa - al contributo
che possono offrire le “scuole confessionali”. E insistendo sul fatto che “l’obiettivo
più ampio” del dialogo interreligioso “è quello di scoprire la verità”, pur in un’epoca
nella quale le domande sul senso della vita “sono troppo spesso messe ai margini”,
Benedetto XVI ha affermato:
“Yet they
can never be erased from the human heart… Tuttavia, esse non potranno
mai essere cancellate dal cuore umano. Nel corso della storia, gli uomini e le donne
hanno cercato di collegare la loro inquietudine con questo mondo che passa (…) I leaders
spirituali hanno un particolare dovere, e potremmo dire una speciale competenza, a
porre in primo piano le domande più profonde alla coscienza umana, a risvegliare l'umanità
davanti al mistero dell'esistenza umana, a fare spazio in un mondo frenetico alla
riflessione e alla preghiera”.
Alla fine della
sua riflessione, Benedetto XVI si è intrattenuto con i rappresentanti della comunità
ebraica, consegnando loro il Messaggio augurale preparato per la Pesah, la Pasqua,
che per gli ebrei ricorre domani. “La mia visita in questo Paese - scrive il Papa
- coincide con questa festa e mi permette di incontrarvi di persona e di assicurarvi
la mia preghiera mentre fate memoria dei segni e dei prodigi che Dio ha operato per
liberare il suo popolo eletto”.