Il Consiglio d'Europa approva una risoluzione sul "diritto all'aborto". Mons. Giordano:
dimenticati i diritti dei più deboli
L’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa ha votato ieri a Strasburgo una risoluzione,
presentata da una deputata socialista, in cui si parla per la prima volta di “diritto
delle donne ad abortire”. Ce ne parla Sergio Centofanti:
Il testo,
approvato con 102 sì e 69 no, raccomanda la depenalizzazione dell’interruzione volontaria
di gravidanza a quanti tra i 47 Stati aderenti non abbiano già provveduto invitando
a “rispettare la libera scelta delle donne” e a “superare le restrizioni, di fatto
o di diritto, all’accesso a un aborto senza rischi”. Durante il dibattito molti interventi
hanno segnalato “limiti” e “contraddizioni” della risoluzione, contestando soprattutto
l’esistenza di un “diritto all’aborto” e il fatto che nel testo non si parli mai del
“diritto alla vita” del nascituro, dei traumi e delle sofferenze affrontate dalle
donne che abortiscono e del diritto del padre di esprimere un parere sulla decisione
assunta dalla madre di abortire. Sulla risoluzione ascoltiamo il commento di mons.
Aldo Giordano, segretario generale del Consiglio delle Conferenze Episcopali
d’Europa:
R. – Purtroppo, ancora una volta è stato
dimenticato il diritto del bambino, quindi il diritto della vita nascente, quindi
il diritto di colui che in questo momento è il più debole. E questo esprime un po’
una mentalità che purtroppo esiste in Europa e implica quindi ancora un grosso lavoro
che dobbiamo fare per mettere al centro la vita del bambino.
D.
– Il documento afferma che l’aborto non può essere strumento di politiche di pianificazione
familiare e che resta una decisione da evitare, per quanto possibile. Occorrerà utilizzare
– si dice – ogni mezzo per ridurre il numero sia delle gravidanze sia degli aborti
non desiderati ...
R. – Il primo aspetto lo riteniamo
positivo nel documento: il fatto che si veda l’aborto nella sua negatività. Invece,
ciò che nel documento noi non possiamo accettare è il fatto che venga accettato il
principio dell’aborto e quindi il fatto che non ci sia una sensibilità seria sulla
dignità radicale della persona umana.
D. – Il documento,
inoltre, invita gli Stati a garantire il libero accesso alla contraccezione e per
le giovani generazioni un’educazione sessuale completa ...
R.
– Noi non pensiamo che il problema sia una “certa” contraccezione, che possa risolvere
la questione dell’aborto; piuttosto, noi siamo per una educazione molto seria che
insegni cos’è il rapporto tra le persone, cos’è la sessualità, cos’è l’amore; un’educazione
che insegni a non giocare con i sentimenti e a valorizzare veramente la corporeità
umana, la sessualità umana, il rapporto e la serietà di questi rapporti. Se dietro
la parola “educazione” ci sono questi elementi, certamente noi siamo più che decisi
per l’educazione. Riguardo al controllo delle nascite, sappiamo come il controllo
"normale" della nascita è quello naturale, quello che la natura ci offre, quello
che è inscritto nel progetto creatore di Dio; ed è un’illusione che certi mezzi contraccettivi
possano frenare l’aborto. L’esperienza storica è già diversa e i contraccettivi visti
banalmente non tengono alta la sensibilità e vanno anche a detrimento – io credo –
della sessualità: cioè, la banalizzazione del rapporto sessuale è anche un impoverimento
di questa dimensione del vivere umano!