Domani la visita del Papa all'ONU: intervista con mons. Migliore
Si svolgerà domani l’attesa visita del Papa all’ONU. Benedetto XVI lascerà in mattinata
Washington per trasferirsi a New York. Al Palazzo di Vetro sarà accolto dal segretario
generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon: quindi terrà il suo discorso davanti all’Assemblea
generale. In Italia saranno le 16.45. La Radio Vaticana seguirà in diretta questo
importante evento. Ma quali sono le attese? Pietro Cocco lo ha chiesto a mons.
Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU:
R. –
Si attende il Papa come un’autorità morale, capace di suscitare buona volontà e fiducia
nel futuro, e per questo c’è grande attesa. Fin dall’inizio del suo pontificato, Papa
Benedetto ha saputo cogliere ed esprimere la sfida del XXI secolo: il rapporto fede-
ragione. E si adopera senza sosta per creare una coscienza su questo punto e trovare
insieme delle soluzioni ai riverberi che questa crisi ha sulla coesistenza pacifica
internazionale, sulla visione e implementazione dei diritti umani, sulla conduzione
della politica e della vita sociale in ogni Nazione. Il Papa è per un dialogo che
investe la premessa di ogni incontro, e cioè l’accettazione e il rispetto dell’uguale
dignità di ogni persona e gruppo umano, e non è una promessa da poco: essa richiede
un minimo comune denominatore nella visione che si ha dell’Uomo, della vita umana
e pertanto dei diritti umani, della democrazia, della libertà, della coesistenza tra
i popoli.
D. – La visita del Papa cadrà nel 60.mo
della Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo, proclamata il 10 dicembre 1948.
Nella sua qualità di rappresentante della Santa Sede presso le Nazioni Unite, quali
sono i punti più critici, oggi, nell’applicazione di questa Carta?
R.
– L’applicazione dipende, anzitutto, dall’interpretazione e dal valore che si dà alla
Dichiarazione. Oggi non si trova uno solo dei diritti più fondamentali che non sia
trascurato o violato in qualche parte del mondo, e ciò è dovuto alla persistente convinzione
che siano i governi a concedere i diritti ai cittadini e a determinarne la portata
e l’estensione, invece che considerarli come diritti innati ed inerenti alla persona
umana. E poi, bisogna rilanciare la cooperazione giuridica: infatti, la produzione
di sempre nuove norme e il perfezionamento dei meccanismi, di implementazione, procedono
a ritmi sostenuti e non tutti i Paesi sono in grado di tenere il passo. In questo
senso, la cooperazione giuridica tra Paesi e l’assistenza delle organizzazioni internazionali
sono componenti preziose e indispensabili all’applicazione dei diritti umani.
D.
– Oggi, mons. Migliore, da più parti viene sottolineato proprio il problema anche
di un’interpretazione iper-individualistica dei diritti, come l’ha definita recentemente
in un suo libro la professoressa Mary Ann Glendon, attuale ambasciatrice degli Stati
Uniti presso la Santa Sede. Interpretazioni alle quali è particolarmente attento il
Papa ...
R. – Infatti, la tendenza che lei menziona
viene a svuotare i diritti del loro corrispettivo dovere e ne fa delle preferenze,
o interessi personali disgiunti da ogni senso di responsabilità verso gli altri. E’
importante mantenere la filosofia che ha ispirato ed accomunato i redattori della
Carta: altrimenti, il sistema dei diritti dell’Uomo si rivolta contro se stesso e
diventa una tirannia di chi ha risorse, voce e accesso e può far prevalere sui più
deboli i propri interessi, ammantandoli anche del nobile concetto di diritti fondamentali.
D.
– Mons. Migliore, tuttavia secondo molti osservatori politici le religioni sono oggi
più un fattore di destabilizzazione e conflitto che non costruttrici di pace. Anzi,
secondo alcuni sarebbero una delle cause dello scontro tra le culture e le civiltà
...
R. – Purtroppo è vero che talora le religioni
vengono usate per destabilizzare, dividere e combattere. La questione è che dobbiamo
trattarle per quello che sono: vie per dar gloria a Dio e far felice l’Uomo, e metterle
in condizione di essere parte della soluzione e non del problema. Ad esse non chiediamo
che conducano operazioni di pace, né mediazioni o risoluzioni nella loro accezione
tecnica. Le religioni debbono creare spiritualità, cultura, umanità nuova, pensiero
agile orientato alla cura dell’Uomo e del mondo. Negli ultimi quattro-cinque anni,
nell’ambito dell’ONU, si è sviluppato un grande interesse attorno alle religioni.
Non sembrano però esistere una vera ipotesi di lavoro ed una strategia per canalizzare
in modo fecondo questo interesse. Il contributo che la Delegazione della Santa Sede
all’ONU si propone di dare è piuttosto nel senso di focalizzare il dibattito su tutti
gli aspetti della libertà di religione che coinvolgono governi, società civile, religioni
e anche coloro che ritengono la religione un “problema” ed un ostacolo alla pace ed
allo sviluppo.
D. – Quale accoglienza trova oggi
la voce della Chiesa, nel contesto delle Nazioni Unite?
R.
– La Chiesa è tenuta in considerazione soprattutto per il suo contributo a mantenere
vive e alimentare spiritualità e trascendenza, senza le quali la società si sfalderebbe.
Inoltre il suo messaggio, improntato alla fratellanza universale, alla riconciliazione,
alla prossimità con l’Uomo e la natura ne fa un alleato naturale nel dialogo e nella
cooperazione per lo sviluppo. Agenzie, fondi e programmi dell’ONU che operano nei
campi dell’educazione, dello sviluppo, dell’assistenza umanitaria mantengono rapporti
di collaborazione con le Chiese locali presenti anche negli angoli più remoti della
terra.