Venerati Fratelli nell’Episcopato, grande è la mia gioia nel salutarvi oggi, all’inizio
della mia visita in questo Paese, e ringrazio il Cardinale George per le gentili parole
rivoltemi a nome vostro. Desidero ringraziare ognuno di voi, specialmente gli Officiali
della Conferenza Episcopale, per l’impegnativo lavoro che hanno affrontato nella preparazione
di questo viaggio. Il mio grato apprezzamento va inoltre allo staff e ai volontari
del Santuario Nazionale, i quali ci hanno qui accolto questa sera. I cattolici d’America
sono noti per la loro leale devozione alla Sede di Pietro. La mia visita pastorale
qui è un’occasione per rafforzare ulteriormente i vincoli di comunione che ci uniscono.
Abbiamo iniziato con la celebrazione della Preghiera Serale in questa Basilica dedicata
all’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, santuario di speciale significato
per i cattolici americani, proprio nel cuore della vostra Capitale. Uniti in preghiera
con Maria, Madre di Gesù, amorevolmente affidiamo al nostro Padre celeste il Popolo
di Dio in ogni parte degli Stati Uniti. Per le comunità cattoliche di Boston,
New York, Filadelfia e Louisville, questo è un anno di celebrazioni particolari, dato
che segna il bicentenario dell’erezione di queste Chiese locali a Diocesi. Mi unisco
a voi nel rendere grazie per i molti celesti doni concessi alla Chiesa in tali luoghi
nei trascorsi due secoli. Dato che l’anno corrente segna pure il bicentenario dell’erezione
della sede fondatrice, Baltimora, ad arcidiocesi, questo mi offre l’opportunità di
ricordare con ammirazione e gratitudine la vita e il ministero di John Carroll, primo
Vescovo di Baltimora e degno Pastore della comunità cattolica nella vostra Nazione
resasi da poco indipendente. I suoi instancabili sforzi per diffondere il Vangelo
nel vasto territorio affidato alle sue cure posero le basi della vita ecclesiale nel
vostro Paese e permisero alla Chiesa in America di crescere verso la maturazione.
Oggi la comunità cattolica che servite è una delle più vaste del mondo ed una delle
più influenti. Quanto importante è dunque far sì che la vostra luce brilli di fronte
ai vostri concittadini e al mondo “perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria
al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5, 16). Molte delle persone nei confronti
delle quali John Carroll e i suoi confratelli Vescovi esercitarono il ministero due
secoli orsono erano giunte da terre lontane. La diversità della loro provenienza è
riflessa nella ricca varietà della vita ecclesiale dell’odierna America. Cari Fratelli
Vescovi, desidero incoraggiare voi e le vostre comunità a continuare ad accogliere
gli immigranti che si uniscono alle vostre file oggi, a condividere le loro gioie
e speranze, a sostenerli nelle loro sofferenze e prove, e ad aiutarli a prosperare
nella loro nuova casa. Questo, d’altra parte, è ciò che fecero i vostri concittadini
per generazioni. Sin dagli inizi, essi hanno aperto le porte agli affaticati, ai poveri,
alle “masse che si accalcavano alla ricerca di respirare nella libertà” (cfr Sonetto
inciso sulla Statua della Libertà). Queste erano le persone che l’America ha fatto
proprie. Fra quanti vennero qui per costruirsi una nuova vita, molti furono capaci
di far buon uso delle risorse e delle opportunità che vi trovarono, e di raggiungere
un alto livello di prosperità. In verità, i cittadini di questo Paese sono conosciuti
per la loro grande vitalità e creatività. Essi sono pure conosciuti per la loro generosità.
Dopo l’attacco alle Torri Gemelle, nel settembre del 2001, ed ancora dopo l’uragano
Katrina nel 2005, gli americani hanno mostrato la loro prontezza a venire in aiuto
dei loro fratelli e sorelle che erano nel bisogno. A livello internazionale, il contributo
offerto dal popolo d’America alle operazioni di soccorso e di salvataggio dopo lo
tsunami del dicembre del 2004 è un’ulteriore dimostrazione di tale compassione. Permettetemi
di esprimere particolare apprezzamento per le innumerevoli forme di assistenza umanitaria
offerta dai cattolici americani attraverso le Caritas cattoliche ed altre agenzie.
La loro generosità ha dato frutti nell’attenzione verso i poveri e i bisognosi, come
pure nell’energia manifestata nella costruzione della rete nazionale di parrocchie
cattoliche, di ospedali, scuole e università. Tutto ciò offre solido motivo per rendere
grazie. L’America è anche una terra di grande fede. La vostra gente è ben conosciuta
per il fervore religioso ed è fiera di appartenere ad una comunità orante. Ha fiducia
in Dio e non esita ad introdurre nei discorsi pubblici ragioni morali radicate nella
fede biblica. Il rispetto per la libertà di religione è profondamente radicato nella
coscienza americana, un dato di fatto che ha contribuito a far sì che questo Paese
attraesse generazioni di immigranti alla ricerca di una casa dove poter liberamente
rendere culto a Dio secondo i propri convincimenti religiosi. In questo contesto,
prendo atto volentieri della presenza fra di voi di Vescovi da tutte le venerabili
Chiese orientali in comunione con il Successore di Pietro: li saluto con speciale
gioia. Cari Fratelli, vi chiedo di rassicurare le vostre comunità del mio profondo
affetto e dell’incessante preghiera, sia per loro come pure per i molti fratelli e
sorelle rimasti nella loro terra d’origine. La vostra presenza in questo Paese è memoria
della coraggiosa testimonianza per Cristo di tanti membri delle vostre comunità, spesso
tra le sofferenze, nelle rispettive Patrie. Ciò è anche un grande arricchimento per
la vita ecclesiale in America, poiché offre una vivida espressione della cattolicità
della Chiesa e della varietà delle sue tradizioni liturgiche e spirituali. È in
questo suolo fertile, nutrito da così numerose differenti fonti, che voi, venerati
Fratelli nell’Episcopato, siete chiamati oggi a spargere la semente del Vangelo. Questo
mi conduce a domandarmi come, nel ventunesimo secolo, un Vescovo possa adempiere al
meglio alla chiamata di “fare nuova ogni cosa in Cristo, nostra speranza”? Come può
egli condurre il suo popolo “all’incontro con il Dio vivente”, sorgente di quella
speranza che trasforma la vita di cui parla il Vangelo? (cfr Spe salvi, 4). Forse
egli ha bisogno anzitutto di abbattere alcune barriere che impediscono tale incontro.
Anche se è vero che questo Paese è contrassegnato da un genuino spirito religioso,
la sottile influenza del secolarismo può tuttavia segnare il modo in cui le persone
permettono che la fede influenzi i propri comportamenti. È forse coerente professare
la nostra fede in chiesa alla domenica e poi, lungo la settimana, promuovere pratiche
di affari o procedure mediche contrarie a tale fede? È forse coerente per cattolici
praticanti ignorare o sfruttare i poveri e gli emarginati, promuovere comportamenti
sessuali contrari all’insegnamento morale cattolico, o adottare posizioni che contraddicono
il diritto alla vita di ogni essere umano dal concepimento alla morte naturale? Occorre
resistere ad ogni tendenza a considerare la religione come un fatto privato. Solo
quando la fede permea ogni aspetto della vita, i cristiani diventano davvero aperti
alla potenza trasformatrice del Vangelo. Per una società ricca, un ulteriore ostacolo
ad un incontro con il Dio vivente sta nella sottile influenza del materialismo, che
può purtroppo molto facilmente concentrare l’attenzione sul “cento volte tanto” promesso
da Dio in questa vita, a spese della vita eterna che egli promette per il tempo che
verrà (Mc 10,30). Le persone hanno oggi bisogno di essere richiamate allo scopo ultimo
dell’esistenza. Hanno bisogno di riconoscere che dentro di loro vi è una profonda
sete di Dio. Hanno bisogno di avere l’opportunità di attingere al pozzo del suo amore
infinito. È facile essere ammaliati dalle possibilità quasi illimitate che la scienza
e la tecnica ci offrono; è facile compiere l’errore di pensare di poter ottenere con
i nostri propri sforzi l’adempimento dei bisogni più profondi. Questa è un’illusione.
Senza Dio, il quale ci dona ciò che da soli non possiamo raggiungere (cfr Spe salvi,
31), le nostre vite sono in definitiva vuote. Le persone hanno bisogno di essere continuamente
richiamate a coltivare una relazione con lui, che è venuto affinché avessimo la vita
in abbondanza (cfr Gv 10,10). Lo scopo di ogni nostra attività pastorale e catechetica,
l’oggetto della nostra predicazione, il centro stesso del nostro ministero sacramentale
deve esser quello di aiutare le persone a stabilire ed alimentare una simile relazione
vitale con “Cristo Gesù, nostra speranza” (1 Tm 1,1). In una società che dà molto
valore alla libertà personale e all’autonomia, è facile perdere di vista la nostra
dipendenza dagli altri, come pure le responsabilità che noi abbiamo nei loro confronti.
Questa accentuazione dell’individualismo ha influenzato persino la Chiesa (cfr Spe
salvi, 13-15), dando origine ad una forma di pietà che talvolta sottolinea il nostro
rapporto privato con Dio a scapito della chiamata ad esser membri di una comunità
redenta. Eppure sin dall’inizio, Dio vide che “non è bene che l’uomo sia solo” (Gn
2,18). Siamo stati creati come esseri sociali che trovano compimento soltanto nell’amore
verso Dio e verso il prossimo. Se vogliamo veramente tenere fisso lo sguardo su di
lui, sorgente della nostra gioia, dobbiamo farlo come membri del Popolo di Dio (cfr
Spe salvi, 14). Se ciò sembrasse andar contro la cultura odierna, sarebbe semplicemente
un’ulteriore prova dell’urgente necessità di una rinnovata evangelizzazione della
cultura. Qui in America siete stati benedetti con un laicato cattolico di considerevole
varietà culturale, che pone i propri multiformi doni al servizio della Chiesa e della
società in generale. Esso guarda a voi per ricevere incoraggiamento, guida e indirizzo.
In un’epoca satura di informazioni, l’importanza di offrire una solida formazione
della fede non rischia di essere sopravalutata. I cattolici americani hanno riservato
per tradizione un alto valore all’educazione religiosa, sia nelle scuole che nell’insieme
dei programmi di formazione per adulti: occorre mantenere ed espandere. I numerosi
uomini e donne che generosamente si dedicano alle opere caritative devono essere aiutati
a rinnovare il loro impegno mediante una “formazione del cuore”: un “incontro con
Dio in Cristo che susciti in loro l’amore ed apra il loro animo agli altri” (Deus
caritas est, 31). In un’epoca in cui i progressi nelle scienze mediche portano nuova
speranza a molti, possono essere suscitate sfide etiche in antecedenza inimmaginabili.
Ciò rende più importante che mai assicurare una solida formazione negli insegnamenti
morali della Chiesa a quei cattolici che sono impegnati nella sfera della salute.
Una saggia guida è necessaria in tutti questi campi di apostolato, perché possano
portare frutti abbondanti. Se essi vogliono veramente promuovere il bene integrale
della persona, devono essi stessi essere resi nuovi in Cristo nostra speranza. Quali
annunciatori del Vangelo e guide della comunità cattolica, voi siete chiamati anche
a partecipare allo scambio di idee nella pubblica arena, per aiutare a modellare atteggiamenti
culturali adeguati. In un contesto in cui la libertà di parola è apprezzata e un dibattito
robusto ed onesto viene incoraggiato, la vostra è una voce rispettata che molto ha
da offrire alla discussione sulle questioni sociali e morali dell’attualità. Nel far
sì che il Vangelo venga udito in modo chiaro, voi non soltanto formate le persone
della vostra comunità, ma, nell’ambito della più vasta platea della comunicazione
di massa, aiutate a diffondere il messaggio della speranza cristiana in tutto il mondo. L’influenza
della Chiesa nel pubblico dibattito, è chiaro, si effettua a molti livelli diversi.
Negli Stati Uniti, come altrove, vi sono attualmente molte leggi già in vigore o in
discussione che suscitano preoccupazione dal punto di vista della moralità e la comunità
cattolica, sotto la vostra guida, deve offrire una testimonianza chiara ed unitaria
su tali materie. Ancor più importante, tuttavia, è l’apertura graduale delle menti
e dei cuori della comunità più ampia alla verità morale: qui c’è ancora molto da fare.
In questo ambito è cruciale il ruolo dei fedeli laici nell’agire come “lievito” nella
società. Tuttavia, non si deve dare per scontato che tutti i cittadini cattolici pensino
secondo l’insegnamento della Chiesa circa le questioni etiche fondamentali di oggi.
Ancora una volta è vostro dovere far sì che la formazione morale offerta ad ogni livello
della vita ecclesiale rifletta l’autentico insegnamento del Vangelo della vita. A
tale proposito, un argomento di profonda preoccupazione per noi tutti è la situazione
della famiglia all’interno della società. È vero: il Cardinale George ha prima ricordato
come voi abbiate posto il rafforzamento del matrimonio e della vita familiare fra
le priorità della vostra attenzione nei prossimi anni. Nel Messaggio di quest’anno
per la Giornata Mondiale per la Pace, ho parlato del contributo essenziale che una
vita familiare sana offre alla pace entro e fra le Nazioni. Nella casa della famiglia
sperimentiamo “alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l’amore tra
fratelli e sorelle, la funzione dell’autorità espressa dai genitori, il servizio amorevole
ai membri più deboli perché piccoli o malati o anziani, l’aiuto vicendevole nelle
necessità della vita, la disponibilità ad accogliere l’altro e, se necessario, a perdonarlo”
(n. 3). La famiglia è inoltre il luogo primario dell’evangelizzazione, nella trasmissione
della fede, nell’aiutare i giovani ad apprezzare l’importanza della pratica religiosa
e dell’osservanza della domenica. Come non essere sconcertati nell’osservare il rapido
declino della famiglia quale elemento basilare della Chiesa e della società? Il divorzio
e l’infedeltà sono in aumento, e molti giovani uomini e donne scelgono di ritardare
il matrimonio o addirittura di ignorarlo completamente. Per alcuni giovani cattolici
il vincolo sacramentale del matrimonio appare scarsamente distinguibile da un legame
civile, o è percepito addirittura come un semplice accordo per vivere con un’altra
persona in modo informale e senza stabilità. In conseguenza si vede un allarmante
decremento di matrimoni cattolici negli Stati Uniti insieme ad un aumento di coabitazioni,
nelle quali il reciproco donarsi degli sposi al modo di Cristo, mediante il sigillo
di una pubblica promessa di vivere le esigenze di un impegno indissolubile per l’intera
esistenza, è semplicemente assente. In tali circostanze viene negato ai figli l’ambiente
sicuro di cui hanno bisogno per crescere come esseri umani, e vengono pure negati
alla società quegli stabili pilastri che sono necessari, se si vuole mantenere la
coesione e il centro morale della comunità. Come il mio predecessore, il Papa Giovanni
Paolo II, insegnava, “il primo responsabile della pastorale familiare nella Diocesi
è il Vescovo… egli deve consacrare interessamento, sollecitudine, tempo, personale,
risorse; soprattutto, però, appoggio personale alle famiglie ed a quanti… lo aiutano
nella pastorale della famiglia” (Familiaris consortio, 73). È vostro compito proclamare
con forza gli argomenti di fede e ragione che parlano dell’istituto del matrimonio,
compreso come impegno per la vita fra un uomo e una donna, aperto alla trasmissione
della vita. Tale messaggio dovrebbe risuonare di fronte alle persone di oggi, poiché
è essenzialmente un “sì” incondizionato e senza riserve alla vita, un “sì” all’amore
e un “sì” alle aspirazioni del cuore della nostra comune umanità, mentre ci sforziamo
di portare a compimento il nostro profondo desiderio di intimità con gli altri e con
il Signore. Fra i segni contrari al Vangelo della vita che si possono trovare in
America, ma anche altrove, ve n’è uno che causa profonda vergogna: l’abuso sessuale
dei minori. Molti di voi mi hanno parlato dell’enorme dolore che le vostre comunità
hanno sofferto quando uomini di Chiesa hanno tradito i loro obblighi e compiti sacerdotali
con un simile comportamento gravemente immorale. Mentre cercate di eliminare questo
male ovunque esso capiti, siate sicuri del sostegno orante del Popolo di Dio in tutto
il mondo. Giustamente voi date priorità alla manifestazione di compassione e sostegno
alle vittime: è responsabilità che vi viene da Dio, quali Pastori, quella di fasciare
le ferite causate da ogni violazione della fiducia, di favorire la guarigione, di
promuovere la riconciliazione e di accostare con amorevole preoccupazione quanti sono
stati così seriamente danneggiati. La risposta a simile situazione non è stata
facile e, come indicato dal Presidente della vostra Conferenza Episcopale, è stata
“talvolta gestita in pessimo modo”. Ora che la dimensione e la gravità del problema
sono compresi più chiaramente, avete potuto adottare misure di rimedio e disciplinari
più adeguate e promuovere un ambiente sicuro che offre maggiore protezione ai giovani.
Mentre si deve ricordare che la stragrande maggioranza dei sacerdoti e dei religiosi
in America svolgono un’eccellente opera nel recare il messaggio liberante del Vangelo
alle persone affidate alle loro premure pastorali, è di vitale importanza che i soggetti
vulnerabili siano sempre protetti da quanti potrebbero causare ferite. A tale proposito,
i vostri sforzi per alleviare e proteggere stanno portando grande frutto non soltanto
nei confronti di quanti sono posti direttamente sotto la vostra cura pastorale, ma
anche dell’intera società. Se vogliamo che raggiungano il loro pieno scopo, tuttavia,
occorre che le misure e le strategie da voi adottate siano poste in un contesto più
ampio. I bambini hanno diritto di crescere con una sana comprensione della sessualità
e il ruolo che le è proprio nelle relazioni umane. Ad essi dovrebbero essere risparmiate
le manifestazioni degradanti e la volgare manipolazione della sessualità oggi così
prevalente; essi hanno il diritto di essere educati negli autentici valori morali
radicati nella dignità della persona umana. Ciò ci riporta alla considerazione sulla
centralità della famiglia e sulla necessità di promuovere il Vangelo della vita. Che
cosa significa parlare della protezione dei bimbi quando la pornografia e la violenza
possono essere guardate in così tante case attraverso i mass media ampiamente disponibili
oggi? Dobbiamo con urgenza riaffermare i valori che sorreggono la società, così da
offrire a giovani e adulti una solida formazione morale. Tutti hanno un ruolo da svolgere
in tale compito, non solo i genitori, le guide religiose, gli insegnanti e i catechisti,
ma anche l’informazione e l’industria dell’intrattenimento. Sì, ogni membro della
società può contribuire a questo rinnovamento morale e trarre beneficio da esso. Prendersi
cura davvero dei giovani e del futuro della nostra civiltà significa riconoscere la
nostra responsabilità di promuovere e di vivere quegli autentici valori morali che
soli rendono capace la persona umana di prosperare. È vostro compito di pastori che
hanno come modello Cristo, il Buon Pastore, di proclamare in modo forte e chiaro tale
messaggio e di affrontare pertanto il peccato d’abuso entro il più vasto contesto
dei comportamenti sessuali. Inoltre, nel riconoscere il problema e nell’affrontarlo
quando accade in un contesto ecclesiale, voi potete offrire un orientamento agli altri,
dato che questa piaga si trova non solo dentro le vostre Diocesi, ma in ogni settore
della società. Essa esige una risposta determinata e collettiva. Pure i sacerdoti
hanno bisogno della vostra guida e della vostra vicinanza durante questo tempo difficile.
Essi hanno sperimentato la vergogna per ciò che è accaduto e molti di loro percepiscono
di avere perduto parte di quella fiducia che una volta avevano. Non sono pochi quelli
che sperimentano una vicinanza a Cristo nella sua Passione, mentre si sforzano di
affrontare le conseguenze della crisi presente. Il Vescovo, come padre, fratello e
amico dei suoi sacerdoti, li può aiutare a trarre frutto spirituale da questa unione
con Cristo, rendendoli consci della consolante presenza del Signore nel mezzo delle
loro sofferenze, ed incoraggiandoli a camminare con il Signore nel sentiero della
speranza (cfr Spe salvi, 39). Come osservava il Papa Giovanni Paolo II sei anni orsono,
“dobbiamo aver fiducia che questo tempo di prova porterà una purificazione dell’intera
comunità cattolica”,che condurrà “ad un sacerdozio più santo, ad un episcopato più
santo e ad una Chiesa più santa” (Messaggio ai Cardinali degli Stati Uniti, 23 aprile
2002, 4). Vi sono molti segni che, nel periodo successivo, una tale purificazione
ha davvero avuto luogo. La costante presenza di Cristo nel mezzo delle nostre sofferenze
sta gradualmente trasformando le nostre tenebre in luce: ogni cosa viene fatta nuova
veramente in Cristo Gesù, nostra speranza. In questo momento parte vitale del vostro
compito è di rafforzare i rapporti con i vostri sacerdoti, specialmente in quei casi
in cui è sorta tensione fra preti e Vescovi in conseguenza della crisi. È importante
che continuiate a dimostrare nei loro confronti la vostra preoccupazione, il vostro
sostegno e la vostra guida attraverso l’esempio. Così di certo li aiuterete ad incontrare
il Dio vivente e li orienterete verso quella speranza che trasforma l’esistenza della
quale parla il Vangelo. Se voi stessi vivrete in un modo che si configura strettamente
a Cristo, il Buon Pastore, che diede la vita per le sue pecore, ispirerete i vostri
fratelli sacerdoti a dedicarsi nuovamente al servizio del gregge con la generosità
che caratterizzò Cristo. In verità, una concentrazione più chiara sull’imitazione
di Cristo nella santità di vita è ciò che abbisogna, se vogliamo andare avanti. Dobbiamo
riscoprire la gioia di vivere un’esistenza incentrata su Cristo, coltivando le virtù
ed immergendoci nella preghiera. Quando i fedeli sanno che il loro pastore è uomo
che prega e dedica la propria vita al loro servizio, rispondono con quel calore ed
affetto che nutre e sostiene la vita dell’intera comunità. Il tempo trascorso nella
preghiera non è mai gettato via, per quanto siano importanti i doveri che ci pressano
da ogni dove. L’adorazione di Cristo nostro Signore nel Santissimo Sacramento prolunga
ed intensifica quell’unione a lui che si costituisce mediante la Celebrazione eucaristica
(cfr Sacramentum caritatis, 66). La contemplazione dei misteri del Rosario sprigiona
tutta la loro forza salvifica conformandoci, unendoci e consacrandoci a Gesù Cristo
(cfr Rosarium Virginis Mariae, 11.15). La fedeltà alla Liturgia delle Ore assicura
che l’intero nostro giorno sia santificato, ricordandoci continuamente la necessità
di restare concentrati nel compiere l’opera di Dio, nonostante tutte le urgenze o
le distrazioni che possono sorgere nei confronti degli obblighi da compiere. In tale
maniera, la devozione ci aiuta a parlare e ad agire in persona Christi, ad insegnare,
governare e santificare i fedeli nel nome di Gesù, recando la sua riconciliazione,
la sua guarigione ed il suo amore a tutti i suoi amati fratelli e sorelle. Questa
radicale configurazione a Cristo Buon Pastore è al centro del nostro ministero pastorale
e se apriamo noi stessi, mediante la preghiera, alla potenza dello Spirito, Egli ci
elargirà i doni di cui abbiamo bisogno per compiere il nostro formidabile dovere,
tanto da non dover mai preoccuparci “di come o di che cosa parlare” (Mt 10,19). Nel
concludere questo mio discorso rivolto a voi questa sera, affido in maniera tutta
particolare la Chiesa che è nel vostro Paese alla materna sollecitudine e all’intercessione
di Maria Immacolata, Patrona degli Stati Uniti. Possa lei, che ha portato nel proprio
grembo la speranza di tutte le Nazioni, intercedere per il popolo di questa Nazione,
affinché tutti siano resi nuovi in Cristo Gesù, il Figlio suo. Cari Fratelli Vescovi,
assicuro a ciascuno di voi qui presente la mia profonda amicizia e la mia partecipazione
alle vostre preoccupazioni pastorali. A voi tutti, al clero, ai religiosi ed ai fedeli
laici imparto cordialmente la Benedizione Apostolica, pegno di gioia e di pace in
Cristo Risorto.