Convegno in Vaticano su disarmo integrale, pace e sviluppo. Mons. Crepaldi: Santa
Sede preoccupata per la corsa agli armamenti
"Disarmare" i cuori, prima ancora che gli arsenali bellici: non è passato per nulla
d'attualità l'auspicio che Giovanni XXIII esprimeva in un passo della nella sua celebre
Enciclica Pacem in Terris. E a quell'auspicio si ispira il Convegno promosso
dal Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, dal titolo "Disarmo, sviluppo e pace: prospettive
per un disarmo integrale", in programma domani e dopodomani nella sede romana del
dicastero, a Palazzo San Calisto. Durante i lavori, la questione del disarmo verrà
affrontata da molte angolazioni, compreso il contributo che le religioni possono portare
a questo aspetto. Giovanni Peduto ne ha parlato con il segretario del Pontificio
Consiglio Giustizia e Pace, il vescovo Giampaolo Crepaldi:
R. -
Il Seminario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul disarmo nasce
da una sollecitazione precisa presente quest’anno nel Messaggio per la Giornata mondiale
della Pace di Benedetto XVI, che sollecita la Comunità internazionale ad avviare una
stagione di disarmo. Ovviamente il Pontificio Consiglio organizza questo seminario
perché è preoccupato dello stato attuale del processo di disarmo. Da un certo punto
di vista c’è qualche segnale positivo e qui penso al negoziato sul Trattato sulle
munizioni a grappolo od anche al Trattato sul commercio delle armi. Dall’altro lato,
però, bisogna prendere atto che sembra fermo e bloccato il controllo di tutti i tipi
di armi. Parlo dei Trattati sulle armi convenzionali, sulle armi biologiche, sulle
armi chimiche e sulle armi nucleari. Vi sono, devo dire, anche inquietanti segnali
che inducono a temere una militarizzazione dello spazio. Il Seminario va a collocarsi
all’interno di questa cornice, in cui c’è qualche segnale positivo, ma nei quali i
colori predominanti sono bui e la cornice è piena di preoccupazione.
D.
- Molti “profeti” del disarmo - uno su tutti, Raoul Follereau - spiegarono a tutto
il mondo cosa si potrebbe fare di bene nei Paesi più poveri risparmiando sugli armamenti.
Eppure - come accade per esempio in Africa - si assiste ancora oggi al contrasto stridente
tra miseria e esibizione bellica. Perché si continuano a stanziare milioni per le
armi e poi non si hanno finanze per gli Obiettivi del Millennio?
R.
- Uno dei temi fondamentali del Seminario è proprio questo legame, questa connessione
tra disarmo e sviluppo. Il che vuol dire, in termini molto semplici, diminuire le
spese per gli armamenti e investire di più sul fronte dello sviluppo. Lei ha citato
un profeta, Raoul Follereau; io ne cito un altro, il Beato Giovanni XXIII, dicendo
che anzi il Seminario è ispirato proprio al concetto di disarmo integrale presente
nella Pacem in Terris. Cosa diceva Giovanni XXIII in quella straordinaria Enciclica,
al numero 61? Diceva che l’arresto agli armamenti a scopi bellici, la loro effettiva
riduzione e, a maggior ragione, la loro eliminazione sono impossibili o quasi se nello
stesso tempo non si procedesse ad un disarmo integrale, se cioè non si smontano anche
gli spiriti adoperandosi sinceramente a risolvere in essi la psicosi bellica. Il punto,
lo snodo cruciale è questo: noi non riusciremo a vincere la battaglia di bloccare
la corsa agli armamenti, di incentivare lo sviluppo, se non smontiamo anche gli spiriti,
se non coltiviamo cioè questo disarmo integrale nel cuore delle persone.
D.
- Al Convegno promosso dal vostro dicastero si analizzerà anche il ruolo delle religioni
nei processi di disarmo: quale contributo concreto può dare un uomo di religione,
un consacrato, al sogno di un mondo senza più armi?
R.
- E’ il contributo auspicato dal Beato Giovanni XXIII nella Pacem in Terris
e quindi quello di promuovere un disarmo integrale, di promuovere un disarmo dei cuori,
di promuovere una pedagogia della pace che risani il cuore dell’uomo e che lo guidi
nel cammino, spesso accidentato e difficile, verso la pace. Credo che il cristianesimo
e la Chiesa cattolica in primis, ma anche le altre religioni e gli uomini che
hanno come punto di riferimento Dio, debbano lavorare anzitutto e soprattutto per
questo disarmo integrale.
D. - Eccellenza, come
si struttura l’incontro?
R. - La prima sessione sarà
dedicata ad una riflessione etica e spirituale sul disarmo e sulle condizioni anche
per una geopolitica dello sviluppo della pace. Nella seconda sessione si discuteranno
poi alcune particolari sessioni economiche e giuridiche come il commercio internazionale
delle armi, la sovrapposizione tra economia civile e militare, la relazione tra disarmo
e diritti umani. Infine, nella terza sessione - che sarà anche la sessione conclusiva
dei lavori del Seminario - si discuterà il ruolo dei diversi soggetti chiamati a cooperare
per un disarmo integrale, che sia espressione di un umanesimo integrale e quindi parleremo
del ruolo dei soggetti governativi e non governativi e non da ultimo - come abbiamo
già detto - del ruolo delle religioni che devono cercare di dare il proprio contributo
per questo disarmo integrale e quindi - come auspicava il Beato Giovanni XXIII nella
Pacem in Terris - di questo disarmo dei cuori.