2008-04-09 15:02:20

La comunità cristiana irachena continua a testimoniare il messaggio evangelico della pace


“Affrontare la morte ogni giorno altro non fa che unire di più la comunità irachena cristiana - in patria ed all’estero - ed è triste ammettere che è la morte il collante dei cristiani iracheni”. Cosi commenta padre Douglas Dawood Al Bazi, sacerdote cattolico caldeo di Baghdad, l’assassinio del prete siro-ortodosso Adel Youssef in una nota all’Ufficio pastorale migranti dell’arcidiocesi di Torino, diffusa da Baghdadhope. Si chiede padre Douglas: “Perché è stato ucciso? Non aveva fatto nulla più di ciò che i martiri che lo hanno preceduto fecero: portare quella pace e giustizia che in questi 5 anni non sono state, e non sono, apprezzate da alcune parti politiche e religiose”. “Si deve sapere - prosegue padre Douglas - che la comunità cristiana in Iraq vede nella Chiesa l’unico punto di aggregazione e nella figura del sacerdote il cuore della comunità. Colpire questo simbolo vuol dire spingere la gente a fuggire ma i sacerdoti rimarranno tra coloro che non possono lasciare le proprie case”. “E’ strano - conclude padre Douglas che subì nel 2006 un rapimento di 9 giorni - vedere che oggi in Iraq formazioni di miliziani, almeno 25 operanti nel Paese, sfilano avendo in una mano un ramo di olivo, e nell’altra un’arma, mentre i cristiani lo fanno, portando sì un ramo di olivo in una mano, ma una candela nell’altra, simboli della cristianità irachena”. (R.G.)







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