INDAIATUBA, 7apr08 - “Nel nostro paese abbiamo già percorso un cammino molto significativo
per il riconoscimento e la conquista dei diritti. Dobbiamo ora, pagare il debito storico
con i popoli indigeni, coloro che maggiormente hanno sofferto nella nostra storia”.
E' un passaggio della nota che i vescovi del Brasile, riuniti per la loro 46esima
Assemblea generale a Indaiatuba,hanno dedicato agli episodi di violenza inscenati
da giorni nella cosiddetta Terra indigena Raposa/Serra do Sol, nello stato di Roraima.
Qui, infatti, latifondisti e coltivatori di riso collusi con le autorità locali continuano
ad opporsi con la forza all’operazione avviata dalla polizia federale con la sigla
‘Upakaton 3’. L’operazione è tesa a sgomberare tutti gli occupanti abusivi della
terra nativa, abitata da 15 mila persone di diverse etnie a cui nel 2005 il governo
aveva riconosciuto il possesso dei territori ancestrali dopo una ‘battaglia’ durata
oltre 26 anni. “É giunto il momento di aprire un nuovo orizzonte – scrivono ancora
i vescovi -, dove la pluralità dei popoli indigeni e dei loro diritti originari siano
definitivamente riconosciuti. Con la diocesi di Roraima, vogliamo manifestare il nostro
rispetto, solidarietà e appoggio ai popoli indigeni che abitano la terra demarcata
e omologata. Il Vangelo annunciato e accolto da questi popoli, fa di loro, sempre
più, protagonisti della propria storia”. La nota vescovile è firmata da mons. Geraldo
Lyrio Rocha, arcivescovo di Mariana e presidente della Conferenza episcopale brasiliana
(Cnbb). Esprimendo sostegno all’operazione condotta dal governo federale, la nota
auspic che il processo di allontanamento degli invasori dalla Terra Indigena Raposa
Serra do Sol “sia rapido, pacifico e che la legge sia osservata da tutti”, rispettando
anche il diritto a un indennizzo per le famiglie di coloni che in buona fede hanno
occupato negli anni l’area. Intanto il Consiglio indigeno di Roraima (Cir) ha denunciato
che i coltivatori di riso, il cui presidente Paulo César Quinteiro è stato arrestato
la settimana scorsa per resistenza ai pubblici ufficiali, continuano ad erigere barricate,
a bruciare ponti e a usare bombe artigianali, come quella che ha colpito la capanna
(maloca) del capo indigeno del villaggio di Barro, rimasto illeso. (Misna-MANCINI)