Ancora morti in Cina nelle manifestazioni pro-Tibet
Nuove proteste e scontri tra tibetani e forze di sicurezza cinesi sono scoppiati giovedì
nella provincia del Sichuan. Secondo alcune organizzazioni pro-Tibet, almeno 11 tibetani
sarebbero rimasti uccisi negli scontri vicino al monastero di Donggu. Il presidente
francese Sarkozy ha deciso, intanto, che non presenzierà alla cerimonia d'apertura
dei Giochi Olimpici Estivi di Pechino 2008 se la Cina non aprirà al dialogo con il
Dalai Lama. Il nostro sevizio:
Torna ad
essere alta la tensione in Tibet. Almeno 11 persone, tra monaci e civili, sono rimaste
uccise a seguito degli scontri con la polizia cinese nei disordini scoppiati giovedì
sera nei pressi di un monastero nella provincia del Sichuan. E' la stessa che, alla
fine del mese scorso, è stata teatro dei violenti scontri costati la vita ad una ventina
di persone. A riferirlo sono l'emittente Radio Free Asia e l’organizzazione “Campagna
internazionale per il Tibet”. La notizia era già trapelata ieri dall'agenzia ufficiale
Nuova Cina che aveva però parlato di un attacco alla sede del governo locale. Un attacco
che aveva costretto le forza di sicurezza a reagire. Testimonianze di segno opposto
arrivano naturalmente dalle fonti locali vicino al governo tibetano in esilio e dalle
organizzazioni pro-Tibet; secondo tali fonti, la polizia ha aperto il fuoco su una
folla di diverse centinaia di persone che protestavano dopo l’arresto di alcuni monaci
del vicino monastero Donggu, per essersi opposti alla campagna di ''educazione patriottica''
condotta dalle autorità cinesi. E nella ridda di smentite e contro smentite, si segnalano
intanto le dure dichiarazioni del presidente francese Sarkozy che, a meno di due giorni
dal passaggio della fiaccola olimpica per le strade di Parigi, ha annunciato che
non presenzierà alla cerimonia d'apertura delle olimpiadi di Pechino 2008 se la Cina
non aprirà al dialogo con il Dalai Lama per risolvere pacificamente la crisi.