L’eredità dei martiri e il 40.mo della Comunità di Sant’Egidio al centro della prossima
visita del Papa alla Basilica di San Bartolomeo all’Isola Tiberina: con noi, il prof.
Andrea Riccardi
All’indomani dell’annuncio, la Comunità di Sant’Egidio attende con trepidazione l’incontro
con Benedetto XVI, che il 7 aprile prossimo si recherà nella Basilica di San Bartolomeo
all’Isola Tiberina, in occasione del 40.mo anniversario della nascita della Comunità.
Per volere di Giovanni Paolo II, sull’Isola Tiberina sorge il primo Santuario Memoriale
dei Martiri del Nostro Tempo, voluto e affidato, per la sua realizzazione e la preghiera,
alla Comunità di Sant’Egidio. Le aspettative di questo incontro con il Papa nelle
parole del fondatore di Sant’Egidio, il prof. Andrea Riccardi, intervistato da Alessandro
Gisotti:
R.
– Noi ci prepariamo a ricevere il Santo Padre con un grande sentimento di gratitudine
per due motivi. Primo, perchè il Santo Padre ci porta la sua parola e la sua presenza
nel 40.mo anno della nostra fondazione. Per noi figli della Chiesa di Roma il Santo
Padre è anche il nostro vescovo e la sua parola ha sempre indirizzato il nostro cammino.
Questo avveniva ai tempi di Giovanni Paolo II e avviene oggi con Benedetto XVI. Poi
c’è la visita alla Chiesa di San Bartolomeo. La Chiesa di San Bartolomeo ha una sua
storia particolare per la Comunità di Sant’Egidio. Ci fu donata da Giovanni Paolo
II per i 25 anni della comunità, quando venne a celebrare in Santa Maria in Trastevere.
Appoggiò l’idea che fosse dedicata ai nuovi martiri e da quel momento è una Chiesa
dove c’è una memoria ecumenica dei nuovi martiri. E’ stato un luogo di pellegrinaggio
che ha visto il patriarca Bartolomeo, che ha visto il patriarca armeno, tante figure
cattoliche e non cattoliche, venire lì, proprio per questa memoria dei nuovi martiri
che unisce e che è un’eredità preziosa per il nostro tempo. La Comunità di Sant’Egidio
si è interpellata tante volte su quali fossero le risorse del cristianesimo in questo
nostro mondo contemporaneo e l’eredità dei martiri, che è un’eredità di fede, di fedeltà
nella fede e di perseveranza nell’amore, forse l’eredità più preziosa.
D.
– Quindi, anche una dimensione ecumenica del martirio, della testimonianza che accompagna
sempre la vita della Chiesa?
R. – E’ la dimensione
che Giovanni Paolo II suscitò appunto nel 2000 quando disse: “Il sangue dei martiri
parla più forte delle nostre divisioni”. E il sangue dei martiri parla di un cristianesimo
vissuto come amore fino all’estremo segno della morte. I martiri non sono degli eroi,
ma sono gente come noi che hanno avuto la forza e la disponibilità di essere fedeli.
E noi dobbiamo cercare di imitarli.
D. – La Comunità
di Sant’Egidio celebra 40 anni di vita. Con quale spirito guarda al futuro? Cosa si
aspetta anche da Benedetto XVI per dare nuova linfa, nuovo slancio alla comunità?
R.
– La Comunità di Sant’Egidio guarda con riconoscenza, per la sua storia, al Signore,
con molta umiltà e con disponibilità a seguire il Signore, il servizio al Vangelo
e il servizio ai poveri nelle strade di domani. In questo senso, la visita del Papa
per noi, soprattutto, sarà un momento di preghiera. Pregare con il Papa, pregare con
i nuovi martiri, il Signore risorto, perché ci aiuti in questo mondo a testimoniarlo
e perché questo mondo possa risorgere con Lui.