Il valore di una formazione culturale e religiosa che rispetti le differenze di credo:
se ne parla alla Conferenza promossa alla LUMSA dalla Congregazione per l'Educazione
cattolica
“Educazione interculturale e pluralismo religioso”: questo il titolo della Conferenza
internazionale apertasi oggi a Roma presso la LUMSA, la Liberà Università Maria Santissima
Assunta. L’evento è organizzato dalla Congregazione per l’Educazione cattolica, insieme
con la ACISE, l’Associazione cattolica internazionale degli Istituti di scienze dell’educazione.
L'obiettivo dell’iniziativa è quello di riflettere sulle sfide che il cattolicesimo
deve affrontare oggi, soprattutto in ambito scolastico, di fronte ad una società sempre
più multiculturale e globalizzata. Il servizio di Isabella Piro:
Una ricchezza,
ma anche una sfida alla coesione sociale, alla tutela dei diritti di gruppi differenti:
così il cardinale Zenon Grocholewski, prefetto della Congregazione
per l’Educazione cattolica, ha definito stamani la multiculturalità. Una realtà ormai
planetaria che deve essere affrontata, ha aggiunto il porporato, evitando sia il rischio
del livellamento delle culture che quello dell’arroccamento sulle proprie posizioni.
In poche parole, costruendo una “grammatica del dialogo”, che riconosca l’altro come
persona. Ed un esempio concreto di ciò, ha osservato, arriva dal passato più recente:
“Io
ho sempre indicato come esempio di dialogo Giovanni Paolo II, perchè Giovanni Paolo
II parlava con tutti. Non c’è nessuna categoria di persone o di religione con la quale
Giovanni Paolo II non abbia parlato. Secondo, ha parlato sempre con rispetto. Terzo,
davanti a tutti ha professato la propria fede, la propria convinzione con semplicità.
Poi, era coerente”.
Sono molte le voci che interverranno
anche nelle prossime ore alla conferenza. Voci non solo cattoliche, ma anche ebree
e musulmane, per raccontare l’esperienza del dialogo dal punto di vista educativo.
Un dialogo che spesso nasce in zone impervie come Sarajevo. “Le difficoltà ci sono
- ha detto il vescovo ausiliare della città, mons. Pero Sudar
- ma le scuole cattoliche sono accettate ed il numero degli alunni è alto”. Segno
quindi, ha soggiunto il presule, che la speranza della convivenza interculturale parte
dai bambini:
“Direi soprattutto dai bambini, perchè
purtroppo le generazioni adulte hanno fatto delle cose che non si dimenticano e che
non guariscono così presto, cioè la guerra, la violenza, la persecuzione. Gli adulti
di oggi devono, però, fare un grande sacrificio, cioè far finta di aver dimenticato,
per poter dare la possibilità alle nuove generazioni di crescere in un contesto più
sano e 'guarito' direi”.
Apprendere insieme all’altro
e non contro l’altro diventa, allora, la chiave di volta di una corretta educazione.
Il che comporta un cambiamento nelle strategie didattiche, come sottolinea Luciano
Pazzaglia, presidente dell’ACISE:
“Questo
comporta evidentemente una visione della classe più solidale che non di tipo individuale.
Quindi, anche la valutazione dei risultati va vista in rapporto allo sforzo che la
classe nel suo insieme fa nel conseguimento degli obiettivi che la scuola intende
darsi e perseguire”.