'No' della Cina ad un incontro del Dalai Lama con le autorità francesi
Il governo cinese ha reagito all’eventualità di una visita del Dalai Lama in Francia
ribadendo la propria assoluta contrarietà a qualsiasi apertura da parte di Stati terzi
nei confronti del leader spirituale dei buddisti tibetani. All’indomani delle dichiarazioni
del presidente Nicolas Sarkozy, che ha detto di non escludere il boicottaggio delle
Olimpiadi, l’esecutivo di Pechino si è inoltre dichiarato contrario ad un incontro
tra il Dalai Lama e le autorità francesi. Nelle relazioni tra Cina ed Europa si registrano,
intanto, nuovi motivi di frizione sulla questione del Tibet. Il servizio di Amedeo
Lomonaco: In Europa, si
levano nuove voci che chiedono di non escludere un boicottaggio delle Olimpiadi di
Pechino: oltre a Sarkozy, questa ipotesi è stata ventilata anche dal vicepremier
belga. Il presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, si è detto
invece contrario al boicottaggio ed ha esortato i Paesi dell’Unione Europea ad adottare
una “posizione comune” sulla questione del Tibet. E’ poi scoppiata una bufera diplomatica
tra Cina e Regno Unito dopo la pubblicazione, sul quotidiano britannico Sunday
Times, di un editoriale nel quale le Olimpiadi di Pechino sono paragonate a quelle
di Berlino del 1936, organizzate dalla Germania nazista di Adolf Hitler. Per
l’esecutivo cinese, l’accostamento è un “insulto alle nazioni di tutto il mondo”.
In questo clima, l’agenzia ufficiale cinese ha comunque annunciato che una
delegazione di 26 giornalisti di 19 testate di tutto il mondo è partita oggi da Pechino
per la regione himalayana. Il viaggio, organizzato dal Consiglio di Stato cinese,
prevede anche la visita di Lhasa, vietata ai giornalisti stranieri subito dopo lo
scoppio delle prime proteste. Al momento, sono scarse le notizie sulla situazione
nella capitale tibetana. Un’associazione dei tibetani in esilio ha reso noto che in
diversi monasteri della città mancano acqua e cibo. A causa di questo perdurante isolamento,
un monaco sarebbe anche morto di fame in un monastero circondato dai militari sin
dallo scorso 14 marzo. Fonti ufficiali cinesi hanno rivelato infine che il bilancio
delle proteste è di 22 morti. Per il governo tibetano in esilio, invece, le vittime
sono almeno 140. I dimostranti tibetani arrestati - riferiscono infine fonti ufficiali
cinesi - sono complessivamente più di 940.