2008-03-22 12:11:54

Il Papa alla Via Crucis: la Croce di Gesù è sorgente di vita e scuola di giustizia e di pace


Un invito a volgere lo sguardo, “spesso distratto da dispersivi ed effimeri interessi, verso Cristo e la sua croce, sorgente di vita e scuola di giustizia e di pace, patrimonio universale di perdono e di misericordia”: lo ha espresso ieri sera Benedetto XVI alle migliaia di fedeli che, nonostante il freddo e la pioggia, si sono radunati al Colosseo per la tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo. Le meditazioni di quest'anno sono state proposte dal cardinale cinese Joseph Zen Ze-Kiun, vescovo di Hong Kong. Il servizio di Tiziana Campisi:RealAudioMP3


(Canto)

“Attraverso il cammino doloroso della Croce gli uomini di ogni epoca, riconciliati e redenti dal sangue di Cristo, sono diventati amici di Dio”: ha spiegato così Benedetto XVI il senso della Via Crucis, e se Gesù ha chiamato amico Giuda, rivolgendogli “l’ultimo drammatico appello alla conversione”, chiama allo stesso modo ognuno di noi:

 
“Purtroppo non sempre riusciamo a percepire la profondità di questo amore sconfinato che Dio nutre per noi, le sue creature. Per Lui non c’è differenza di razza e cultura. Gesù Cristo è morto per affrancare l’intera umanità dalla ignoranza di Dio, dal cerchio di odio e di violenza, dalla schiavitù di peccato. La croce ci rende fratelli e sorelle”.

 
Il Papa ha invitato i fedeli a lasciarsi interpellare dal sacrificio di Cristo sulla Croce, perché ponga in crisi le nostre umane certezze e possa farci aprire il cuore a Lui:

 
“Tanti, anche nella nostra epoca, non conoscono Dio e non possono trovarlo nel Cristo crocifisso, tanti sono alla ricerca di un amore o di una libertà che escluda Dio, tanti credono di non aver bisogno di Dio … che il Suo sacrificio sulla croce ci interpelli; permettiamo a Lui di porre in crisi le nostre umane certezze, apriamogli il cuore. Gesù è la verità che ci rende liberi di amare”.

 
Con le meditazioni del cardinale Joseph Zen Ze-Kiun giunge al Colosseo “la voce di quelle sorelle e di quei fratelli” del continente asiatico e in particolare della Cina. Perché lungo la “Via dolorosa”, dietro Cristo, “c’e’ tanta gente del passato e del presente” e “ci siamo anche noi”, scrive il porporato. E nella preghiera iniziale il Papa ha aggiunto:

 
“I Colossei si sono moltiplicati attraverso i secoli, là dove i nostri fratelli, in varie parti del mondo, in continuazione della Tua Passione, vengono ancora oggi duramente perseguitati”.

 
Richiama alla memoria gli ultimi momenti della vita di Cristo la Via Crucis, e nel ricordare il tradimento di Giuda il cardinale Zen Ze-Kiun riflette sulla “bruttezza del peccato”, “tradimento dell’amore” che turba specialmente quando ne sono protagonisti i pastori della Chiesa:

 
(lettore)
“Il tradimento sorprende, soprattutto se riguarda anche i pastori del gregge. Come hanno potuto fare questo a Lui? Lo spirito è forte, ma la carne è debole. Tentazioni, minacce e ricatti piegano la volontà. Ma quanto scandalo! Quanto dolore al cuore del Signore”.

 
“Non scandalizziamoci” aggiunge il porporato, chi fugge dalla Passione di Cristo rimane senza dignità.

 
Sono riflessioni, quelle del vescovo di Hong Kong, che invitano a guardare alle “schiere di innocenti” condannate, nel corso dei secoli, “a sofferenze atroci”, che “espiano in comunione con Cristo … i peccati del mondo”, e nei protagonisti del percorso che ha portato Gesù al Calvario, per il cardinale Zen Ze-Kiun, si intravedono anche immagini di oggi, sicché in Pilato, si possono riconoscere “tutti coloro che detengono l’autorità come strumento di potere e non si curano della giustizia”. E per loro il porporato chiede preghiere, perché ricevano in dono il coraggio di rispettare la libertà religiosa, ma è per tutti l’invito a non lasciarsi sopraffare dal potere:

 
(lettore)
“E’ molto diffusa la tentazione di adulare il potente e di opprimere il debole. E i potenti sono coloro che sono costituiti in autorità, quelli che controllano il commercio e i mass media; ma c’è anche la gente che si lascia facilmente manipolare dai potenti per opprimere i deboli”.

 
Sesta stazione: Gesù è flagellato e coronato di spine.
 
Perché il dolore? L’amore spinge a tal punto? Cristo torturato rimanda alle tremende torture, frutto della “crudeltà del cuore dell’uomo”, non facili da spiegare: qual è il loro senso? Fa paura la sofferenza e forte è la tentazione di appigliarsi a mezzi facili di successo, ma per un cristiano i patimenti non sono vani se raccolti e santificati da Gesù. Sono quelli degli ammalati, dei discriminati, di coloro che muoiono di stenti, quelli vissuti per il nome di Cristo, quelli dei martiri:

 
(lettrice)
“… che il loro sangue diventi seme di nuovi cristiani. Crediamo fermamente che le loro sofferenze, anche se sul momento sembrano completa sconfitta, porteranno la vera vittoria alla tua Chiesa”.

 
La croce di cui viene caricato Gesù, oggi simbolo del cristianesimo e sorretta al Colosseo, tra gli altri, anche da una famiglia, da una portatrice di handicap e da una ragazza cinese, rivela che chi la rifiuta non può pretendere di essere con Cristo, perché senza di Lui è insopportabile. E se “ci sono atei coraggiosi che sono pronti a sacrificarsi per la rivoluzione” e “disposti ad abbracciare la croce, ma senza Gesù”, così “tra i cristiani vi sono ‘atei’ di fatto che vogliono Gesù, ma senza la croce”. Eppure ciascuno di noi ha una croce, riflette il cardinale Zen Ze-Kiun, e come non ripensare a tutte quelle del Monte delle croci, in Lituania, attraversate da Giovanni Paolo II nel settembre del ’93, ognuna con “una storia da raccontare, storia di dolore e di gioia, di umiliazione e di trionfo, di morte e di risurrezione”. Sono croci che pure oggi, trovano cirenei pronti ad alleviare generosamente le sofferenze altrui, a volte “pur non avendo ancora la fede”. E’ il “circolo di compassione” iniziato da Gesù che ha portato la nostra croce rendendoci capaci di aiutarlo a portare la croce dei fratelli.

 
Nona stazione: Gesù incontra le donne di Gerusalemme.
 
Nelle donne che incontrarono Gesù il vescovo di Hong Kong vede le “mamme di tanti giovani perseguitati ed imprigionati a causa di Cristo” e che “rischiando arresti e persecuzioni, hanno perseverato a pregare in famiglia, coltivando nel cuore la speranza di tempi migliori”. E tra le mamme non si può fare a meno di richiamare alla memoria la Madre Celeste e i suoi messaggi a Lourdes e a Fatima che invitano alla penitenza per vincere il peccato. Quel peccato dell’umanità che ha crocifisso Gesù e che nella Croce ha rivelato il volto di un amore spintosi fino alla morte. Ma proprio la morte, che fa paura, apre a nuova vita attraverso la Risurrezione di Cristo:

 
(lettrice)
“Il senso e il valore di una vita sono decisi dal come la si sa donare … Per Gesù, poi, non c’è amore più grande di quello di dare la vita per l’amico. Chi è attaccato alla vita la perderà. Chi è pronto a sacrificarla la conserverà”.

 
Conduce al silenzio la Via Crucis nelle ultime stazioni, ad un dolore che non ha parole, che stanca i forti e fa scivolare i deboli “mentre i prepotenti si ergono spavaldi”. In questa silenziosità deve maturare la preghiera a Dio di renderci “perseveranti nello stare accanto alla Chiesa del silenzio”, mentre si fa spazio quella che Benedetto XVI ha chiamato “la verità del Venerdì Santo”:

 
“Sulla croce il Redentore ci ha restituito la dignità che ci appartiene, ci ha resi figli adottivi di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza”.

 
Accettare di morire come il chicco di grano nella certezza che Cristo è con noi fino alla fine ci fa conoscere veramente Dio e così, ha concluso il Papa, anche l’amore che colma “il nostro cuore assetato d’infinito”.

 
(Canto)







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