Il Papa alla Via Crucis: la Croce di Gesù è sorgente di vita e scuola di giustizia
e di pace
Un invito a volgere lo sguardo, “spesso distratto da dispersivi ed effimeri interessi,
verso Cristo e la sua croce, sorgente di vita e scuola di giustizia e di pace, patrimonio
universale di perdono e di misericordia”: lo ha espresso ieri sera Benedetto XVI alle
migliaia di fedeli che, nonostante il freddo e la pioggia, si sono radunati al Colosseo
per la tradizionale Via Crucis del Venerdì Santo. Le meditazioni di quest'anno sono
state proposte dal cardinale cinese Joseph Zen Ze-Kiun, vescovo di Hong Kong. Il servizio
di Tiziana Campisi:
(Canto)
“Attraverso
il cammino doloroso della Croce gli uomini di ogni epoca, riconciliati e redenti dal
sangue di Cristo, sono diventati amici di Dio”: ha spiegato così Benedetto XVI il
senso della Via Crucis, e se Gesù ha chiamato amico Giuda, rivolgendogli “l’ultimo
drammatico appello alla conversione”, chiama allo stesso modo ognuno di noi:
“Purtroppo
non sempre riusciamo a percepire la profondità di questo amore sconfinato che Dio
nutre per noi, le sue creature. Per Lui non c’è differenza di razza e cultura. Gesù
Cristo è morto per affrancare l’intera umanità dalla ignoranza di Dio, dal cerchio
di odio e di violenza, dalla schiavitù di peccato. La croce ci rende fratelli e sorelle”.
Il
Papa ha invitato i fedeli a lasciarsi interpellare dal sacrificio di Cristo sulla
Croce, perché ponga in crisi le nostre umane certezze e possa farci aprire il cuore
a Lui:
“Tanti, anche nella nostra epoca, non conoscono
Dio e non possono trovarlo nel Cristo crocifisso, tanti sono alla ricerca di un amore
o di una libertà che escluda Dio, tanti credono di non aver bisogno di Dio … che il
Suo sacrificio sulla croce ci interpelli; permettiamo a Lui di porre in crisi le nostre
umane certezze, apriamogli il cuore. Gesù è la verità che ci rende liberi di amare”.
Con
le meditazioni del cardinale Joseph Zen Ze-Kiun giunge al Colosseo “la voce di quelle
sorelle e di quei fratelli” del continente asiatico e in particolare della Cina. Perché
lungo la “Via dolorosa”, dietro Cristo, “c’e’ tanta gente del passato e del presente”
e “ci siamo anche noi”, scrive il porporato. E nella preghiera iniziale il Papa ha
aggiunto:
“I Colossei si sono moltiplicati attraverso
i secoli, là dove i nostri fratelli, in varie parti del mondo, in continuazione della
Tua Passione, vengono ancora oggi duramente perseguitati”.
Richiama
alla memoria gli ultimi momenti della vita di Cristo la Via Crucis, e nel ricordare
il tradimento di Giuda il cardinale Zen Ze-Kiun riflette sulla “bruttezza del peccato”,
“tradimento dell’amore” che turba specialmente quando ne sono protagonisti i pastori
della Chiesa:
(lettore) “Il tradimento
sorprende, soprattutto se riguarda anche i pastori del gregge. Come hanno potuto fare
questo a Lui? Lo spirito è forte, ma la carne è debole. Tentazioni, minacce e ricatti
piegano la volontà. Ma quanto scandalo! Quanto dolore al cuore del Signore”.
“Non
scandalizziamoci” aggiunge il porporato, chi fugge dalla Passione di Cristo rimane
senza dignità.
Sono riflessioni, quelle del vescovo
di Hong Kong, che invitano a guardare alle “schiere di innocenti” condannate, nel
corso dei secoli, “a sofferenze atroci”, che “espiano in comunione con Cristo … i
peccati del mondo”, e nei protagonisti del percorso che ha portato Gesù al Calvario,
per il cardinale Zen Ze-Kiun, si intravedono anche immagini di oggi, sicché in Pilato,
si possono riconoscere “tutti coloro che detengono l’autorità come strumento di potere
e non si curano della giustizia”. E per loro il porporato chiede preghiere, perché
ricevano in dono il coraggio di rispettare la libertà religiosa, ma è per tutti l’invito
a non lasciarsi sopraffare dal potere:
(lettore) “E’
molto diffusa la tentazione di adulare il potente e di opprimere il debole. E i potenti
sono coloro che sono costituiti in autorità, quelli che controllano il commercio e
i mass media; ma c’è anche la gente che si lascia facilmente manipolare dai potenti
per opprimere i deboli”.
Sesta stazione: Gesù è flagellato
e coronato di spine. Perché il dolore? L’amore spinge a tal
punto? Cristo torturato rimanda alle tremende torture, frutto della “crudeltà del
cuore dell’uomo”, non facili da spiegare: qual è il loro senso? Fa paura la sofferenza
e forte è la tentazione di appigliarsi a mezzi facili di successo, ma per un cristiano
i patimenti non sono vani se raccolti e santificati da Gesù. Sono quelli degli ammalati,
dei discriminati, di coloro che muoiono di stenti, quelli vissuti per il nome di Cristo,
quelli dei martiri:
(lettrice) “… che il
loro sangue diventi seme di nuovi cristiani. Crediamo fermamente che le loro sofferenze,
anche se sul momento sembrano completa sconfitta, porteranno la vera vittoria alla
tua Chiesa”.
La croce di cui viene caricato Gesù,
oggi simbolo del cristianesimo e sorretta al Colosseo, tra gli altri, anche da una
famiglia, da una portatrice di handicap e da una ragazza cinese, rivela che chi la
rifiuta non può pretendere di essere con Cristo, perché senza di Lui è insopportabile.
E se “ci sono atei coraggiosi che sono pronti a sacrificarsi per la rivoluzione” e
“disposti ad abbracciare la croce, ma senza Gesù”, così “tra i cristiani vi sono ‘atei’
di fatto che vogliono Gesù, ma senza la croce”. Eppure ciascuno di noi ha una croce,
riflette il cardinale Zen Ze-Kiun, e come non ripensare a tutte quelle del Monte delle
croci, in Lituania, attraversate da Giovanni Paolo II nel settembre del ’93, ognuna
con “una storia da raccontare, storia di dolore e di gioia, di umiliazione e di trionfo,
di morte e di risurrezione”. Sono croci che pure oggi, trovano cirenei pronti ad alleviare
generosamente le sofferenze altrui, a volte “pur non avendo ancora la fede”. E’ il
“circolo di compassione” iniziato da Gesù che ha portato la nostra croce rendendoci
capaci di aiutarlo a portare la croce dei fratelli.
Nona
stazione: Gesù incontra le donne di Gerusalemme. Nelle donne
che incontrarono Gesù il vescovo di Hong Kong vede le “mamme di tanti giovani perseguitati
ed imprigionati a causa di Cristo” e che “rischiando arresti e persecuzioni, hanno
perseverato a pregare in famiglia, coltivando nel cuore la speranza di tempi migliori”.
E tra le mamme non si può fare a meno di richiamare alla memoria la Madre Celeste
e i suoi messaggi a Lourdes e a Fatima che invitano alla penitenza per vincere il
peccato. Quel peccato dell’umanità che ha crocifisso Gesù e che nella Croce ha rivelato
il volto di un amore spintosi fino alla morte. Ma proprio la morte, che fa paura,
apre a nuova vita attraverso la Risurrezione di Cristo:
(lettrice) “Il
senso e il valore di una vita sono decisi dal come la si sa donare … Per Gesù, poi,
non c’è amore più grande di quello di dare la vita per l’amico. Chi è attaccato alla
vita la perderà. Chi è pronto a sacrificarla la conserverà”.
Conduce
al silenzio la Via Crucis nelle ultime stazioni, ad un dolore che non ha parole, che
stanca i forti e fa scivolare i deboli “mentre i prepotenti si ergono spavaldi”. In
questa silenziosità deve maturare la preghiera a Dio di renderci “perseveranti nello
stare accanto alla Chiesa del silenzio”, mentre si fa spazio quella che Benedetto
XVI ha chiamato “la verità del Venerdì Santo”:
“Sulla
croce il Redentore ci ha restituito la dignità che ci appartiene, ci ha resi figli
adottivi di Dio che ci ha creati a sua immagine e somiglianza”.
Accettare
di morire come il chicco di grano nella certezza che Cristo è con noi fino alla fine
ci fa conoscere veramente Dio e così, ha concluso il Papa, anche l’amore che colma
“il nostro cuore assetato d’infinito”.