Scatta l’ora della diplomazia internazionale per ricucire la crisi in Tibet. Stamani
in India si è svolto l’incontro tra il Dalai Lama e la speaker della Camera dei rappresentanti
americana, Nancy Pelosi, che ha chiesto l’apertura di un’inchiesta per far luce su
quanto accaduto nei giorni scorsi. Intanto, la Cina ha diffuso su internet una ventina
di foto segnaletiche dei promotori delle proteste. Due sarebbero già stati arrestati.
Il nostro servizio:
Si è
svolto “nel segno dell’amicizia” l’incontro tra il Dalai Lama e Nancy Pelosi, speaker
del Congresso americano, giunta stamani a Dharamsala, nel nord dell’India. “E' il
nostro destino aiutare la gente del Tibet”, ha detto la Pelosi che ha aspramente criticato
la Cina sul versante dei diritti umani e ha chiesto l’apertura di un’inchiesta internazionale
sui fatti di Lhasa. La speaker, molto legata al leader spirituale buddista tanto da
consegnargli lo scorso anno la medaglia del Congresso, ha però aggiunto di esprimere
soltanto opinioni personali. Solo ieri però il segretario di Stato americano Condolleezza
Rice aveva richiamato Pechino alla massima moderazione nei confronti dei manifestanti.
Sempre ieri, è stata sciolta la riserva del presidente Bush riguardo alla sua partecipazione
alle Olimpiadi di questa estate: la crisi in Tibet, infatti, non rappresenta un motivo
per boicottare l’appuntamento. Anche la presidenza slovena dell'Unione Europea, in
una nota, sottolinea che non partecipare ai giochi ''non è la risposta giusta agli
attuali problemi politici'' in quanto “potrebbe significare la perdita di un’opportunità
per promuovere i diritti umani”. La Cina intanto ricorre al web per arginare le proteste
anti-governative che, secondo il governo tibetano in esilio, nella provincia di Gansu
avrebbero provocato altre 19 vittime. Sono state immesse in rete le foto segnaletiche
di 19 ricercati considerati promotori delle violenze. Accanto alle pose, ricavate
da riprese video, ci sono anche i numeri per le segnalazioni. Due sarebbero già stati
rintracciati. Intanto, ieri Pechino ha ammesso per la prima volta che la polizia ha
aperto il fuoco per autodifesa contro i manifestanti, scesi in piazza domenica scorsa
nella contea di Aba: quattro le persone ferite, mentre altre fonti parlano di 8 morti.