Il Cristianesimo non è moralismo ma dono. Così il Papa nella Messa in Cena Domini:
per questo l'Eucaristia è l'atto centrale dell'essere cristiani
Benedetto XVI, con la Messa in Cena Domini, da lui presieduta nella Basilica di San
Giovanni in Laterano, ha aperto ieri pomeriggio i riti del Triduo Pasquale, culmine
dell’anno liturgico. Il Cristianesimo – ha affermato il Papa nell’omelia - non è moralismo,
ma dono: per questo l’atto centrale dell’essere cristiani è l’Eucaristia: la gratitudine
e la gioia per la vita nuova che Cristo ci dà. Nel corso della celebrazione Benedetto
XVI ha lavato i piedi a 12 sacerdoti. Durante il rito i fedeli sono stati invitati
a compiere un gesto di carità da destinare all’orfanotrofio “La edad de oro” dell’Avana,
a Cuba. Il servizio di Debora Donnini: (canto)
“Mediante
il suo amore la Croce diventa metabasis, trasformazione dell’essere uomo nell’essere
partecipe della gloria di Dio”. In questa trasformazione Cristo “coinvolge tutti noi,
trascinandoci dentro la forza trasformatrice del suo amore”. L’inizio dell’omelia
del Papa parte dalla riflessione sull’ora di Gesù con la quale si apre il Vangelo
della Messa in Cena Domini. Nella lavanda dei piedi “Gesù depone le vesti della sua
gloria, si cinge col ‘panno’ dell’umanità e si fa schiavo. Lava i piedi sporchi dei
discepoli e li rende così capaci di accedere al convito divino al quale Egli li invita”.
Egli ci rende puri “mediante la sua parola e il suo amore, mediante il dono di se
stesso":
“Se accogliamo le parole di Gesù in
atteggiamento di meditazione, di preghiera e di fede, esse sviluppano in noi la loro
forza purificatrice. Giorno dopo giorno siamo come ricoperti di sporcizia multiforme,
di parole vuote, di pregiudizi, di sapienza ridotta ed alterata; una molteplice semifalsità
o falsità aperta s’infiltra continuamente nel nostro intimo. Tutto ciò offusca e contamina
la nostra anima, ci minaccia con l’incapacità per la verità e per il bene. Se accogliamo
le parole di Gesù col cuore attento, esse si rivelano veri lavaggi, purificazioni
dell’anima, dell’uomo interiore”.
La lavanda
che Gesù dona ai discepoli – ha sottolineato il Pontefice - è dono ma anche modello.
“Il mistero di Cristo nel suo insieme, dall’incarnazione fino alla croce e alla risurrezione
… diventa la forza risanatrice e santificatrice, la forza trasformatrice per gli uomini,
diventa … la nostra trasformazione in una nuova forma di essere, nell’apertura a Dio”.
Dono ed esempio: per questo “il cristianesimo, in rapporto col moralismo, è di più
e una cosa diversa. All’inizio non sta il nostro fare, la nostra capacità morale.
Cristianesimo è anzitutto dono”:
“Dio si dona
a noi – non dà qualcosa, ma se stesso. E questo avviene non solo all’inizio, nel momento
della nostra conversione. Egli resta continuamente Colui che dona. Sempre di nuovo
ci offre i suoi doni. Sempre ci precede. Per questo l’atto centrale dell’essere cristiani
è l’Eucaristia: la gratitudine per essere stati gratificati, la gioia per la vita
nuova che Egli ci dà”.
Gesù – ha proseguito il
Papa - parla di "un comandamento nuovo": la novità "consiste nell’amare insieme con
Colui che ci ha amati per primo”:
“Il ‘comandamento
nuovo’ non consiste in una norma nuova e difficile, che fino ad allora non esisteva
… La cosa nuova è il dono che ci introduce nella mentalità di Cristo. Se consideriamo
ciò, percepiamo quanto lontani siamo spesso con la nostra vita da questa novità del
Nuovo Testamento; quanto poco diamo all’umanità l’esempio dell’amare in comunione
col suo amore. Così le restiamo debitori della prova di credibilità della verità cristiana,
che si dimostra nell’amore”.
I discepoli fanno
difficoltà a entrare nella novità di Gesù: così Pietro in un primo momento non aveva
voluto lasciarsi lavare i piedi dal Signore. Pietro aveva un concetto di Messia che
“comportava un’immagine di maestà, di grandezza divina”:
“Doveva
apprendere sempre di nuovo che la grandezza di Dio è diversa dalla nostra idea di
grandezza; che essa consiste proprio nel discendere, nell’umiltà del servizio, nella
radicalità dell’amore fino alla totale auto-spoliazione”.
Quindi
l’allusione al Battesimo: “il bagno che ci purifica e non deve essere ripetuto è il
Battesimo - l’essere immersi nella morte e risurrezione di Cristo, un fatto che cambia
la nostra vita profondamente”. “Anche nella permanenza di questa nuova identità” che
ci è donata con il Battesimo “abbiamo bisogno della ‘lavanda dei piedi’, della lavanda
dei peccati di ogni giorno”, ovvero della confessione dei peccati. L’invito di Cristo
è poi a lavarci i piedi gli uni gli altri:
“Dobbiamo
lavarci i piedi gli uni gli altri nel quotidiano servizio vicendevole dell’amore.
Ma dobbiamo lavarci i piedi anche nel senso che sempre di nuovo perdoniamo gli uni
agli altri. Il debito che il Signore ci ha condonato è sempre infinitamente più grande
di tutti i debiti che altri possono avere nei nostri confronti”.
Il
Giovedì Santo – conclude il Papa - ci esorta a “non lasciare che il rancore verso
l’altro diventi nel profondo un avvelenamento dell’anima. Ci esorta a purificare continuamente
la nostra memoria, perdonandoci a vicenda di cuore, lavando i piedi gli uni degli
altri, per poterci così recare insieme al convito di Dio”:
“Il
Giovedì Santo è un giorno di gratitudine e di gioia per il grande dono dell’amore
sino alla fine, che il Signore ci ha fatto. Vogliamo pregare il Signore in questa
ora, affinché gratitudine e gioia diventino in noi la forza di amare insieme con il
suo amore”.