Contemplare la Sindone nel giorno della Passione di Cristo: la riflessione del cardinale
Poletto
Tra le sacre rappresentazioni, i riti e i simboli che in tutte le Chiese e le culture
del mondo rendono oggi omaggio e culto alla Passione di Cristo spicca su tutti l’icona
per eccellenza che rimanda alle sofferenze del Crocifisso: la Sacra Sindone. Luca
Collodi ha chiesto al Custode del Sacro Lino - l'arcivescovo di Torino, cardinale
Severino Poletto - quale legame via sia tra l’immagine sindonica e il mistero
del Venerdì Santo:
R. –
Questo è il giorno in cui noi celebriamo l’evento del sacrificio del Figlio di Dio
e non i sacrifici antichi degli animali che non erano – come dice la Lettera agli
Ebrei – capaci di cancellare i peccati, ma il sacrificio del Corpo di Cristo e la
Lettera agli Ebrei cita proprio il Salmo 39: “Tu non hai voluto sacrifici, ma un corpo
mi hai dato e perciò ho detto, entrando nel mondo ed assumendo la natura umana, ‘Ecco,
io vengo Padre per fare la tua volontà”.
D. – Cardinale
Poletto, la Sacra Sindone riassume in sé il mistero della morte e della Resurrezione
di Cristo. Ma cosa ci dice oggi nel Venerdì Santo questo lenzuolo, guardando anche
alla Festa della Pasqua?
R. – La Sindone rimanda
a Gesù, alla sua sofferenza e rimanda anche alla sofferenza di tutta l’umanità, perchè
la morte di Cristo è l’atto più grande di solidarietà con l’uomo, perchè ha amato,
dando la vita per la salvezza dell’uomo. Noi dobbiamo vedere la solidarietà del Cristo
anche con le sofferenze degli uomini. Per cui tutte le sofferenze dell’umanità sono
da Cristo valorizzate dalla sua sofferenza e dalla sua immolazione. Però nello stesso
tempo la Sindone rimanda alla Resurrezione: Cristo il terzo giorno è risuscitato.
E se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede. Ma in che senso la Sindone
rimanda alla Resurrezione, oltre che alla Passione? Perché dalla Sindone, cioè dal
lenzuolo che lo ha avvolto, Cristo si è distaccato, lasciando impresso su quel lino
la sua immagine, misteriosamente perchè non sappiamo come si sia formata. Gesù ha
lasciato il segno del suo passaggio vicino a quel lino, ma non è più lì. Allora la
morte di Cristo rimanda alla Resurrezione. La salvezza dell’umanità si compie il mattino
di Pasqua, quando il Cristo esce vivo dal sepolcro e quindi con la sua Resurrezione
ci dà questo grande dono. La morte è sconfitta e quindi la storia dell’umanità, la
storia di ogni singola persona non si conclude con la morte, ma la morte è il grande
portale che apre per la persona l’incontro con Dio e la vita eterna. Risorgeranno
anche i nostri corpi, così come è risorto il corpo di Cristo. Ritengo, quindi, che
la contemplazione della Sindone aiuti veramente a guardare questi due momenti collegati
strettamente fra di loro: il sacrificio, l’immolazione del Corpo di Cristo dato per
noi, del sangue versato per noi; e, allo stesso tempo, la Sindone ci richiama alla
sua Resurrezione, come quando gli angeli dicono alle donne che vanno al sepolcro ‘Voi
cercate un vivente fra i morti. Ma non è qui, è risorto!’”.