Sempre più gravi la condizioni dei bambini iracheni. L’azione dell’UNICEF per salvare
un’intera generazione
In Iraq è a rischio un’intera generazione di bambini. Solo nel 2007 oltre 19.500 civili
sono stati uccisi, migliaia di bambini hanno perso i genitori, centinaia di migliaia
quelli sfollati, intere comunità sradicate dal loro territorio a causa delle violenze
settarie senza precedenti, nuclei familiari caduti in estrema povertà per la morte
del capofamiglia, unica fonte di reddito. A lanciare l’allarme è Claire Hajaj, responsabile
comunicazione dell’UNICEF Iraq che ieri a Roma ha presentato il nuovo progetto di
assistenza ai minori iracheni denominato “Impact Iraq – humanitarian action for Iraqi
children”. Secondo i dati in possesso dell’organizzazione umanitaria, a cinque anni
dall’inizio della guerra “la copertura vaccinale è scesa sotto l'80% in due terzi
del Paese; il 21% dei bambini sono malnutriti; appena il 40% dei bambini iracheni
ha accesso all'acqua potabile e il 20% a servizi igienici di base; un bambino su cinque
non ha accesso alla scuola; il 30% soffre di crisi d'ansia e altri sintomi traumatici;
1350 minori di età compresa tra i 10 e i 17 anni sono detenuti nelle carceri del Paese
e sempre più bambini sono costretti a lavorare o mendicare in strada”. “L’obiettivo
del progetto “Impact Iraq” – ha spiegato Hajaj – è quello di garantire cure mediche,
istruzione, acqua potabile e protezione a oltre 120.000 famiglie irachene in difficoltà,
per un totale di 360.000 bambini ad alto rischio. I fondi necessari per finanziare
tutto il progetto – ha aggiunto l’esponente dell’UNICEF Iraq – ammontano a 37,5 milioni
di dollari, ma ad oggi la comunità internazionale ha coperto solo il 9%. All’appello
mancano oltre 34 milioni di dollari”. “La ricostruzione dell’Iraq dipende dall’assistenza
che ora riusciremo ad offrire loro – infine ricordato Hajaj - perché i bambini di
oggi sono l’Iraq di domani”. Da parte sua UNICEF Italia è impegnata a sostenere
“Impact” attraverso la campagna “Iraq: non lasciamo soli i bambini”. (M.G.)