2008-03-20 14:07:45

Mons. Tomasi all'ONU: i cristiani perseguitati nel mondo sono poco difesi dalla comunità internazionale


“Non esiste angolo del mondo che sia esente dall’esperienza della discriminazione razziale”: è la denuncia lanciata ieri da mons. Silvano Tomasi durante la settima sessione del Consiglio ONU per i diritti umani in corso a Ginevra. Proprio domani la comunità internazionale celebrerà la Giornata mondiale contro il razzismo. L’osservatore permanente della Santa Sede presso l’Ufficio ONU della città elvetica ha parlato delle tante violazioni dei diritti umani, in particolare contro le minoranze etniche e religiose. Ascoltiamo mons. Tomasi al microfono di Sergio Centofanti:RealAudioMP3


R. – Se guardiamo un po’ in giro per il mondo, vediamo che in questo momento ci sono categorie di persone che vengono trattate come se fossero cittadini di seconda classe e questo semplicemente perchè appartengono ad un gruppo etnico diverso o perchè hanno un colore della pelle diverso. Questo viene applicato in concreto in quelle situazioni interne a Paesi, dove vivono minoranze storiche che sono un po’ diverse dal resto della popolazione e dove la paura dell’altro cresce col processo di globalizzazione. Nel senso che l’unità, che viene data dall’economia e da una cultura comune, che viene divulgata dai mezzi di comunicazione, spaventa alcuni gruppi di persone che si rinchiudono nel proprio senso di identità storica e nel proprio senso di tradizione nazionale e, quindi, tutti gli altri diventano delle persone un po’ sospette.

 
D. – Come può la Comunità internazionale vincere il razzismo, la xenofobia e far rispettare i diritti delle minoranze etniche?

 
R. – I passi concreti che la Comunità internazionale può compiere sono quelli di creare degli strumenti giuridici che proteggano tutti e, quindi, in modo particolare proprio le vittime stesse della discriminazione. La costruzione di un impianto giuridico non è però sufficiente, secondo me. E’ necessario fare un passo in avanti e cercare di cambiare l’atteggiamento del cuore. Aprire, quindi, il cuore per accettare l’altro, vedendo nell’altro qualcuno di importante e di uguale a me e il cui contribuito può essere di beneficio non solo ad una persona, ma a tutta la comunità.

 
D. - Al centro del suo intervento anche la libertà religiosa. Ha ricordato che in alcuni Paesi è difficile, per esempio per i cristiani, professare pubblicamente la loro fede, perché sono costretti all’invisibilità…

 
R. – Bisogna anzitutto mettere in luce che non è solo una religione ad essere bersagliata: sono un po’ tutte le religioni nelle diverse parti del mondo che hanno questi problemi. Non bisogna dimenticare le vittime di tutte queste discriminazioni religiose, come i cristiani, che in questo momento in Medio Oriente e in altri Paesi si trovano in condizioni di estrema emarginazione e sono un po’ il target, il punto di riferimento di atti ostili.

 
D. – Lei, quindi, dice che a livello internazionale si parla poco dell’emarginazione e a volte delle persecuzioni dei cristiani nel mondo?

 
R. – A me sembra che l’accento venga posto su una dimensione quasi politica della questione: in questo momento l’Islam è difeso e sostenuto da governi, da organizzazioni intergovernative molto ben organizzate ed efficaci, mentre dal punto di vista della fede cristiana ci troviamo semplicemente di fronte ad organismi di volontariato che cercano di sostenere le vittime cristiane della discriminazione. C’è, quindi, un certo squilibrio in questo senso anche perchè gli Stati laici europei, forse, non si sentono molto a proprio agio nell’affrontare questa tematica.







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