Il Papa alla Messa Crismale: i sacerdoti tengano sveglio il mondo per Dio
I sacerdoti sono chiamati a tenere sveglio il mondo per Dio: non annuncino mai se
stessi né si inventino una Chiesa come la vorrebbero, ma siano servi di tutti nella
verità e nell’amore. E’ quanto ha detto stamani il Papa nella Basilica Vaticana durante
la Santa Messa Crismale che precede il Triduo Pasquale. Durante il rito 1600 presbiteri
della diocesi di Roma hanno rinnovato le promesse sacerdotali. Sono stati quindi
benedetti gli olii per la celebrazione dei Sacramenti: l’olio dei catecumeni, l’olio
dei malati e il sacro crisma. Il servizio di Sergio Centofanti.
(Canto)
Il
Papa invita a riflettere sulla chiamata al sacerdozio. Ricorda che il sacerdote è
chiamato a vegliare, a vivere costantemente con lo sguardo rivolto a Dio perché il
mondo non si dimentichi di Dio:
“Il sacerdote
deve essere uno che vigila. Deve stare in guardia di fronte alle potenze incalzanti
del male. Deve tener sveglio il mondo per Dio. Deve essere uno che sta in piedi: dritto
di fronte alle correnti del tempo. Dritto nella verità. Dritto nell’impegno per il
bene. Lo stare davanti al Signore deve essere sempre, nel più profondo, anche un farsi
carico degli uomini presso il Signore che, a sua volta, si fa carico di tutti noi
presso il Padre. E deve essere un farsi carico di Lui, di Cristo, della sua parola,
della sua verità, del suo amore”. “Il
sacerdote – ha aggiunto il Papa – deve essere una persona retta” e deve essere “impavido
e disposto ad incassare per il Signore anche oltraggi”. Deve poi servire, ad imitazione
di Cristo che si è donato “sino alla fine per gli uomini”. Benedetto XVI esorta i
sacerdoti a non smettere di imparare: imparare a pregare “sempre di nuovo e sempre
più profondamente”; “imparare a conoscere il Signore nella sua Parola” perchè l’annuncio
sia efficace. Mette poi in guardia da “un pericolo: quello che il sacro … continuamente
incontrato divenga …abitudine”:
“Si spegne così
il timor riverenziale. Condizionati da tutte le abitudini, non percepiamo più il fatto
grande, nuovo, sorprendente, che Egli stesso sia presente, ci parli, si doni a noi.
Contro questa assuefazione alla realtà straordinaria, contro l’indifferenza del cuore
dobbiamo lottare senza tregua, riconoscendo sempre di nuovo la nostra insufficienza
e la grazia che vi è nel fatto che Egli si consegni così nelle nostre mani”. C’è
poi la dimensione fondamentale dell’obbedienza. “Il servo – afferma il Papa - sta
sotto la parola: “Non sia fatta la mia, ma la tua volontà!” (Lc 22, 42). Con questa
parola, Gesù nell’Orto degli ulivi ha risolto la battaglia decisiva contro il peccato,
contro la ribellione del cuore caduto”:
“Il peccato
di Adamo consisteva, appunto, nel fatto che egli voleva realizzare la sua volontà
e non quella di Dio. La tentazione dell’umanità è sempre quella di voler essere totalmente
autonoma, di seguire soltanto la propria volontà e di ritenere che solo così noi saremmo
liberi; che solo grazie ad una simile libertà senza limiti l’uomo sarebbe completamente
uomo, diventerebbe divino. Ma proprio così ci poniamo contro la verità”. Siamo
liberi – prosegue il Papa – solo nel “condividere la nostra libertà con gli altri”
e “se entriamo nella volontà di Dio. Questa obbedienza fondamentale che fa parte dell’essere
uomini, diventa ancora più concreta nel sacerdote”:
“Noi
non annunciamo noi stessi, ma Lui e la sua Parola, che non potevamo ideare da soli.
Non inventiamo la Chiesa così come vorremmo che fosse, ma annunciamo la Parola di
Cristo in modo giusto solo nella comunione del suo Corpo. La nostra obbedienza è un
credere con la Chiesa, un pensare e parlare con la Chiesa, un servire con essa. Rientra
in questo sempre anche ciò che Gesù ha predetto a Pietro: ‘Sarai portato dove non
volevi’. Questo farsi guidare dove non vogliamo è una dimensione essenziale del nostro
servire, ed è proprio ciò che ci rende liberi. In un tale essere guidati, che può
essere contrario alle nostre idee e progetti, sperimentiamo la cosa nuova – la ricchezza
dell’amore di Dio”. Il Papa rimanda
infine al gesto della lavanda dei piedi con cui Cristo, “il vero Sommo Sacerdote del
mondo” afferma di voler “essere il servo di tutti”:
“Con
il gesto dell’amore sino alla fine Egli lava i nostri piedi sporchi, con l’umiltà
del suo servire ci purifica dalla malattia della nostra superbia. Così ci rende capaci
di diventare commensali di Dio. Egli è disceso, e la vera ascesa dell’uomo si realizza
ora nel nostro scendere con Lui e verso di Lui. La sua elevazione è la Croce. È la
discesa più profonda e, come amore spinto sino alla fine, è al contempo il culmine
dell’ascesa, la vera ‘elevazione’ dell’uomo”.