L’Opus Dei da 25 anni prelatura personale: intervista con il cardinale Julián Herranz
L’Opus Dei celebra il 25.mo anniversario dell’erezione in Prelatura personale. L'Opera
fondata da San Josemaría Escrivá de Balaguer, nel 1928, fu eretta infatti da Giovanni
Paolo II in Prelatura personale con la Costituzione apostolica Ut sit, del novembre
1982, che divenne esecutiva il 19 marzo di 25 anni fa. L’Opus Dei, che conta 85 mila
membri di cui 2 mila sacerdoti in oltre 60 Paesi, è la prima prelatura personale nella
Chiesa cattolica. Un unicum sul quale si sofferma il cardinale Julián Herranz,
presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi, che per ventidue
anni ha vissuto accanto al fondatore dell’Opus Dei. L’intervista al porporato è di
Alessandro Gisotti:
R. –
Che cosa è una Prelatura personale? E’ una struttura di carattere apostolico e gerarchico
che da una parte ha, come tanti altri movimenti e realtà ecclesiali, un laicato molto
sfaccettato, uomini e donne, celibi e sposati, intellettuali e operai ... Però, insieme
a questo ha un proprio clero, cioè sacerdoti provenienti dallo stesso laicato che
si preoccupano della formazione dottrinale e dell’attenzione pastorale e sacramentale
dei laici. Poi, c’è un prelato, un ordinario che ha una potestà di governo sull’insieme
della realtà ecclesiale e apostolica. Queste prelature personali sono state volute
dal Concilio, proprio per imprimere un dinamismo evangelizzatore alla Chiesa: c’è
proprio un grandissimo dinamismo anche nelle forme di lavoro delle persone. Tutto
questo richiede una elasticità e una forma nelle strutture pastorali e apostoliche,
e a questo rispondevano le Prelature personali. L’Opus Dei è stata la prima.
D.
– Cosa colpiva in particolare Giovanni Paolo II dell’Opus Dei e del carisma di San
Josémaria, tanto da volerne fare la prima Prelatura personale?
R.
– L’Opus Dei ha una forma di cooperare alla funzione evangelizzatrice della Chiesa
che le è propria, che Giovanni Paolo II, come anche i suoi predecessori, stimavano
molto: quello che è il carisma più specifico dell’Opus Dei, cioè la santificazione
del lavoro ordinario, cioè di trovare nel lavoro di tutti i giorni, nella quotidianità
in cui tutti gli uomini e donne sono chiamati, non soltanto il luogo d’incontro con
Cristo, ma anche un’occasione apostolica per far penetrare il messaggio di Cristo,
il Vangelo, nella vita quotidiana degli uomini. Aprire le porte, le porte della propria
anima, le porte del matrimonio, della famiglia, della cultura, della scienza, dello
sport, della politica, di tutta l’esistenza umana a Cristo. Lo stesso Cristo, Dio
quando si è incarnato, lo ha dimostrato. Lui ha voluto redimere il mondo attraverso
il lavoro nella bottega di Giuseppe, ha lavorato come tutti gli uomini. Cristo è presente
nella stessa realtà esistenziale dell’uomo, della società, del mondo, in tutte queste
realtà da cui alcuni vorrebbero cacciarlo via.
D.
– Il 2 ottobre prossimo, l’Opus Dei celebrerà l’80.mo della sua fondazione. Con quale
spirito e con quali prospettive?
R. – Come sempre
avviene nella Chiesa, ogni volta che si deve fare una commemorazione, non ci si vuole
"osannare" reciprocamente ... questo appartiene al terreno della vanità. Piuttosto,
con animo grato, perché le cose di Dio è Dio che le fa, è la grazia di Dio che fa
camminare la Chiesa nel mondo e le istituzioni della Chiesa. L’Opus Dei non è altro
che una tra tantissime altre istituzioni della Chiesa, funziona con la grazia di Dio.
Io credo che la disposizione che tutti i membri dell’Opus Dei avranno quando si avvicinerà
quella data sarà quella della gratitudine al Signore e anche dell’umiltà di continuare
a pregare che non manchi questa grazia di Dio.