Nuovi scontri in Tibet. Incerto il numero delle vittime
Nuove manifestazioni anti-governative in Tibet. Sarebbero almeno trenta le vittime
delle proteste di ieri, secondo quanto riferito dal governo tibetano in esilio. Diversa
la cifra fornita dalla Cina che parla di 10 morti. Intanto, il Dalai Lama, leader
spirituale dei buddisti tibetani, ha respinto qualsiasi responsabilità sulle violenze
avvenute a Lhasa. Il nostro servizio:
Ci sono divergenze
tra le fonti tibetane e quelle governative sul numero delle vittime nelle violenze
di ieri a Lhasa. L’agenzia "Nuova Cina" riferisce di 10 morti. Per il governo tibetano
in esilio in India, che si è espresso sulla base di “notizie non confermate”, sarebbero
100. E’ stata anche avanzata una richiesta all’ONU per inviare in Tibet rappresentanti
delle Nazioni Unite e aprire un’inchiesta per “violazione dei diritti umani”. Un appello
alle autorità cinesi affinché guardino con “compassione e saggezza” alla situazione
è stato lanciato, sempre oggi, dal primo ministro del governo tibetano in esilio.
Intanto, in una nota dell’Alta Corte del Tibet, si promette clemenza a coloro che
si consegneranno, entro la sera di lunedì prossimo, alle autorità cinesi altrimenti,
si legge nel testo, è possibile “una severa punizione”. La magistratura cinese ha
però assicurato che si occuperà “in modo appropriato” di quanto accaduto a Lhasa e
in accordo con la legge vigente. La televisione pubblica cinese, intanto, ha mostrato
le immagini dei disordini di ieri e ha puntato il dito contro i sostenitori del Dalai
Lama. Il leader spirituale buddista, che ha sempre sostenuto l’indipendenza e non
l’autonomia del Tibet, ha però respinto ogni addebito, parlando di “accuse prive di
fondamento”. In una dichiarazione, esprimendo la sua preoccupazione per quanto sta
accadendo, ha chiesto alla Cina di non ricorrere all’uso della forza. Invito esteso
anche ai suoi compagni tibetani. Le manifestazioni si stanno allargando, proteste
sono segnalate nella provincia cinese di Gansu; 50 gli arresti in India, a New Delhi
dove si è svolta una manifestazione di 200 esuli tibetani; 20 le persone fermate
a Kathamandu, in Nepal; arresti anche a Sydney, in Australia, dove una cinquantina
di manifestanti hanno assaltato il consolato cinese. Ieri è giunta la condanna delle
violenze da parte della comunità internazionale: la Casa Bianca ha invitato Pechino
ad aprire un dialogo con il Dalai Lama, mentre l’Unione Europea ha chiesto moderazione.
Le proteste sono scoppiate lunedì quando centinaia di persone, guidate dai monaci
buddisti, sono scese in strada per ricordare l’anniversario del fallito tentativo
di indipendenza dalla Cina nel 1959. Intanto a Pechino, il presidente Hu Jintao è
stato rieletto per un secondo mandato di cinque anni dall'Assemblea Nazionale del
Popolo.