In piazza a Bari contro la mafia. Don Ciotti: "Il cambiamento ha bisogno di noi"
“Il cambiamento ha bisogno del nostro coraggio”. E' questa l’esortazione di don Luigi
Ciotti, fondatore dell’associazione “Libera: Associazioni, nomi e numeri contro le
mafie”, rivolta a tutti i giovani intervenuti al corteo di Bari per celebrare, come
ogni anno, il “Giorno della memoria per tutte le vittime di mafia”. Si tratta di na
giornata di ricordo in concomitanza con la presentazione del progetto internazionale
di lotta alla criminalità organizzata, Flare. Generare cooperazione tra organismi
sociali e istituzioni, questo lo spirito del progetto, che verrà presentato al Parlamento
Europeo il prossimo giugno. Ma quale il significato dell’iniziativa? Silvia Picchiantano
lo ha chiesto a Michele Curto, responsabile di Flare su scala europea e Presidente
della ONG Terra del Fuoco che ha patrocinato l’evento insieme a Libera:
R. – La criminalità
organizzata e le mafie hanno ormai una dimensione assolutamente internazionale. Gli
strumenti di contrasto sono resi non adeguati a contrastarle dalla straordinaria capacità
con cui le mafie riescono ad articolarsi in vari Paesi, facendosi scudo molte volte
dei limiti delle frontiere fra uno Stato e l’altro. Partendo da questo punto, si è
sviluppata l’idea di provare a costruire un network europeo per dare una risposta
della società civile alle mafie e al crimine organizzato internazionale.
D.
- Come si è articolata la campagna alla base di questo progetto?
R.
- Il primo incontro è stato a Berlino a novembre e ci siamo confrontati con una trentina
di organizzazioni provenienti in particolare dall’Unione Europea. Poi, man mano il
network è cresciuto e ci siamo rincontrati a gennaio, a Cracovia. In quell’occasione
avevamo 200 delegati provenienti da una trentina di Paesi dell’Unione Europea ma anche
di Stati confinanti, dall’area del Meditarraneo, dai Balcani, dal Caucaso, dall’ex
Unione Sovietica.
D. – Quali sono i modi in cui si
sviluppa il crimine organizzato?
R . - Le mafie,
le micromafie, il crimine organizzato, a volte degli apparati parastatali e, in alcuni
casi eccezionali, anche degli Stati fantasma stanno costruendo una specie di multinazionale
criminale: ci sono alcuni traffici che con estrema rapidità si spostano con agenti
di diversi Paesi riuscendo non ad eludere i controlli. Utilizzano addirittura i controlli
stessi per rafforzarsi. L’unica alternativa è la cooperazione fra Stati: una cooperazione
sia di carattere pubblico, tra i sistemi giudiziari e repressivi, ma anche una collaborazione
più stretta nella società civile.
R. – Quali le aree
trattate dal vostro progetto?
R. – Flare in questo
momento è organizzato in cinque macroaree di riflessione: crimini, traffico degli
esseri umani, traffico di stupefacenti, corruzione e traffico d’armi. Poi ci sono
fenomeni specifici che stanno fuori da questi schemi e questi stessi traffici tendono
spesso ad incrociarsi fra di loro sostenendosi l’un l’altro. Si tratta di cominciare
ad organizzare una capacità di denuncia e di pressione a livello comunitario per la
costruzione di nuove normative che la società civile fino ad adesso non ha sviluppato
adeguatamente. Solo una rete incrociata di direttive, sensibilità nella società civile
e capacità giornalistica di denuncia possono permetterci di arrivare ad un’efficacia
reale nel contrastare questo fenomeno.