In Iran, sono quasi 44 milioni gli elettori chiamati oggi alle urne per il rinnovo
del parlamento. L’ayatollah Ali Khamenei ha votato in diretta televisiva in un seggio
vicino alla sua residenza di Teheran. Nei giorni scorsi, aveva lanciato un appello
affinché non si votassero i candidati che il “nemico” - aveva detto - vuole vedere
eletti. Alle urne anche il presidente iraniano Ahmadinejad. Il Consiglio dei Guardiani
ha ammesso a queste consultazioni 4500 candidati, escludendo – secondo le opposizioni
– molte delle candidature eccellenti proposte dalla coalizione dei riformisti. Sul
clima in cui si svolge il voto, Giancarlo La Vella ha intervistato, Alberto
Zanconato, responsabile dell’ANSA di Teheran:
R.
- E’ stata una campagna molto breve, sette giorni caratterizzati da nuove disposizioni
che hanno impedito l’affissione nelle strade di poster con le fotografie dei candidati.
Non ci sono stati neppure dibattiti in televisione. C’è stata soltanto una campagna
martellante per indurre la gente ad andare a votare e, secondo le autorità, per dare
un segnale agli Stati Uniti facendo vedere che la popolazione sostiene il regime.
E’ stata, soprattutto, una campagna elettorale segnata da una bocciatura in massa
dei principali candidati riformisti, quelli che sembravano poter dare ai riformisti
una chance di rivincita dopo le elezioni di quattro anni fa che hanno consegnato l’Assemblea
ai fondamentalisti. Di questo si è lamentata la coalizione dei riformisti, dicendo
che in questa situazione le speranze di rimonta sono veramente limitate.
D.
– Questo fa pensare che l’esito del voto si orienterà verso una riconferma dell’attuale
situazione?
R. – Dovrebbe essere una riconferma del
controllo conservatore sul parlamento. L’unico motivo di vero interesse è vedere quale
dei due schieramenti conservatori vincerà, uno che sostiene il presidente Ahmadinejad,
l’altro guidato dall’ex negoziatore sul nucleare, Ali Larijani, sostenuto anche dal
sindaco di Teheran, Qalibaf. Probabilmente si stanno preparando il terreno per, eventualmente,
sfidare il prossimo anno lo stesso Ahmadinejad nelle elezioni presidenziali.